Elezioni politiche 2022: quando si vota, per cosa e chi vince

Elezioni politiche 2022: quando si vota, per cosa e chi vince

Tutto quello che c’è da sapere sulle prossime elezioni politiche 2022. Metodo di voto, candidati, liste e focus su come andò l’ultima volta.

Il 25 settembre si terranno le elezioni politiche 2022 per eleggere i rappresentanti che andranno a comporre il Parlamento.

Com’è noto, sia la Camera che il Senato saranno dimezzati dalla riforma del taglio dei parlamentari. Saranno, infatti, 400 i deputati e 200 i senatori eletti.

I partiti politici che corrono da soli o in coalizione si stanno dando battaglia. La legge elettorale con la quale si andrà a votare, il Rosatellum, premia però le coalizioni; mentre chi deciderà di andare in solitaria dovrà affrontare lo scoglio dello sbarramento.

Alla luce di quanto detto, vale la pena cercare di capire alcuni meccanismi importanti per presentarsi alle urne con le idee chiare su: quando si vota, come si vota, per cosa si vota, chi vota, chi sono i partiti in corsa e i candidati, chi vince e come andò l’ultima volta in cui si votò con il Rosatellum.

Quando si vota

Per la prima volta nella storia repubblicana, gli italiani sono chiamati alle urne in autunno per votare alle elezioni politiche che si svolgeranno il 25 settembre dalle ore 7:00 alle ore 23:00.

Altra importante novità è quella che vede i neo diciottenni votare sia per la Camera che per il Senato.

Come da protocollo, il 15 ottobre si terrà la prima seduta del nuovo Parlamento, secondo quanto stabilisce l’art. 61 della Costituzione, in base al quale la “prima riunione” delle Camere “ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”.

Finché non sono riunite le nuove camere, prosegue l’articolo, “sono prorogati i poteri delle precedenti”.

Come si vota

Per esercitare il proprio diritto di voto, gli italiani devono recarsi presso il seggio elettorale di iscrizione che corrisponde alla sezione relativa al luogo di residenza (qui come fare se si è fuorisede), muniti di tessera elettorale (qui come fare in caso di smarrimento) e carta d’identità o altro documento ad essa equipollente.

Gli italiani all’estero che esprimono le loro preferenze nella circoscrizione Estero, devono iscriversi all’AIRE (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) entro il 31 dicembre dell’anno precedente alla votazione.

In seguito, sarà l’AIRE a comunicare l’elenco dei votanti al consolato di riferimento che, in occasione delle elezioni, invierà all’elettore il plico contenente la scheda elettorale. Per gli aventi diritto alle elezioni politiche sarà possibile votare per corrispondenza oppure presso le sezioni elettorali del Comune nelle cui liste elettorali a cui si è iscritti.

Per cosa si vota

Tutti i cittadini italiani sono chiamati a votare per eleggere i deputati e i senatori (approfondimento) che andranno a comporre il Parlamento italiano.

Con il taglio dei parlamentari, referendum del 20 e 21 settembre 2020, i deputati passano da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Quindi, dalle urne uscirà un Parlamento formato da 600 eletti. A questi si aggiungono 8 deputati e 4 senatori eletti all’Estero e 5 senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica.

Chi vota

Dal 1945, in Italia, il voto avviene per suffragio universale, pertanto, alle elezioni politiche 2022 possono votare tutti i cittadini italiani che hanno compiuto il 18° anno di età e sono iscritti alle liste elettorali del proprio Comune.

La grande novità di questa tornata elettorale è l’abolizione dell’obbligo di aver compiuto 25 anni per poter votare al Senato.

Il 25 settembre i ragazzi/e di età compresa tra i 18 e i 25 anni riceveranno due schede, una per la Camera e l’altra per il Senato. Saranno, infatti, 4 milioni i giovani che potranno esprimere il solo consenso per decidere quali deputati e senatori mandare a Palazzo Chigi e Palazzo Madama.

Sono esclusi dal voto coloro i quali sono soggetti a misure di prevenzione, chi è stato interdetto e chi ha subito una sentenza di condanna definitiva. L’esclusione cessa al termine dell’interdizione.

Il diritto di voto si perde in caso di ergastolo e di pena superiore ai 5 anni, come riporta La legge per tutti. In tutti gli altri casi, i detenuti possono esprimere la loro preferenza all’interno della sede in cui scontano la pena.

A votare sono anche gli italiani all’estero, che esercitano il diritto di voto nella circoscrizione Estero e ovviamente coloro i quali sono chiamati alle operazioni di voto al seggio (qui come diventare scrutatore e quanto si guadagna]).

Quali sono i partiti in corsa

Senza ombra di dubbio, i partiti in corsa sono i big, uniti nella coalizione di:

  • Centrodestra: Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi con l’Italia, Coraggio Italia, Italia al Centro, l’Unione di Centro, Rinascimento e Verde è Popolare;
  • Centrosinistra: Partito Democratico, Verdi e Sinistra Italiana, +Europa, Impegno Civico;

Il Terzo Polo formato dal duo Italia Viva e Azione potrebbe strappare molti voti al Pd, tant’è che Letta ha invocato il voto "utile".

Il Movimento 5 Stelle correrà da solo, non avendo trovato l’accordo all’interno di nessuna coalizione.

Casapound e il Popolo della Famiglia si presenteranno alle politiche con la lista Alternativa per l’Italia, da non confondere con L’alternativa c’è, composta da ex pentastellati.

A sinistra, Rifondazione e Potere al Popolo si presenteranno con la lista Unione Popolare; mentre il Partito Comunista di Marco Rizzo si è alleato con Ancora Italia e Riconquistare l’Italia sotto la lista di Uniti per la Costituzione.

I candidati

Sebbene la legge elettorale non preveda la nomina diretta del presidente del Consiglio, nonostante questo molti partiti e coalizioni prima delle elezioni indicano i papabili premier.

Come da accordi, per il centrodestra il leader del partito che prende più voti alle urne indicherà il capo del governo, con ogni probabilità sarà Giorgia Meloni (il suo partito FdI è in testa ai sondaggi). Nel centrosinistra, invece, candidato premier è il segretario Pd Enrico Letta.

Chi vince

Il Rosatellum è un mix di maggioritario e proporzionale, dove sono fondamentali i collegi uninominali. È proprio lì che i nomi fanno la differenza e si ha più chance di diventare deputati e senatori.

Quindi, 147 deputati e 74 senatori vengono eletti nei collegi uninominali, dove vince il candidato che ha preso più voti. Spuntarla correndo da soli nei colleghi uninominali non è garanzia di essere eletti, anzi il contrario.

Gli atri 245 deputati e 122 senatori sono eletti con il proporzionale. A questi si aggiungono 8 deputati e 4 senatori per gli eletti all’estero.

Il voto espresso dagli elettori è unico: va alla lista e si riporta al candidato uninominale collegato a quella lista. I partiti possono scegliere se presentarsi da soli, allora ad una lista corrisponderà un candidato, o coalizzati, e quindi a più liste corrisponderà un candidato.

Per quanto riguarda il proporzionale, invece, ci si presenta con liste bloccate corte. Se l’elettore vota solo il candidato nel collegio uninominale, ed esso è collegato a più liste, il voto è spalmato pro quota tra le diverse liste che lo appoggiano.

Per la parte proporzionale i seggi sono spartiti tra le liste e le coalizioni che abbiano superato il 3%. Per la Camera il calcolo è nazionale e quindi il taglio dei parlamentari è pro quota per tutte le liste.

Ma al Senato in cui il calcolo è regionale, nelle regioni medio-piccole che hanno pochi seggi, c’è un effetto disproporzionale, perché si viene a creare uno sbarramento di fatto.

All’estero, invece, si vota con il proporzionale e le preferenze. La riduzione degli eletti alza lo sbarramento.

I candidati possono presentarsi o per la Camera dei deputati o per il Senato della Repubblica, in un solo collegio uninominale e fino a 5 collegi per il proporzionale.

Se il candidato viene eletto in entrambi i sistemi scatta il maggioritario. Se invece vince più di un collegio proporzionale, allora risulterà eletto dove quella lista è andata peggio.

Per avere qualche possibilità di avere i propri candidati in Parlamento, una lista deve superare lo sbarramento del 3%. Se non lo supera è fuori. Per le coalizioni lo sbarramento è al 10%, con almeno una lista che abbia superato il 3%.

Quanto conta la soglia di sbarramento?

La soglia di sbarramento è una percentuale minima di voti al di sotto della quale non si viene ammessi alla ripartizione dei seggi nei collegi plurinominali, ovvero con il proporzionale.

La legge elettorale italiana prevede una soglia di sbarramento nella quota proporzionale pari al 3% su base nazionale per i partiti, sia la Senato che alla Camera, con l’eccezione delle liste relative alle minoranze linguistiche per le quali la soglia è al 20% nella regione di riferimento.

Oltre alla soglia del 3%, è prevista anche una soglia del 10% a livello nazionale che riguarda le coalizioni. Se però la coalizione non supera questa percentuale, i partiti che ne fanno parte e hanno superato il 3% entrano comunque in Parlamento.

I partiti che fanno parte di una coalizione e prendono tra l’1 e il 3% riversano i loro voti, proporzionalmente, alle altre liste della stessa coalizione che hanno superato la soglia di sbarramento. I voti delle liste che rimangono sotto l’1% sono da considerarsi persi.

Per tutti i dettagli sulla soglia di sbarramento e su come arginarla clicca qui.

Come andò l’ultima volta

La prima ed unica volta fin ora in cui si votò con il Rosatellum è stato alle elezioni politiche 2018 che diedero vita alla XVIII legislatura.

Le elezioni si tennero il 4 marzo 2018 e i risultati videro il centrodestra affermarsi come coalizione più votata, con il 35% circa delle preferenze. La singola lista più votata, il Movimento 5Stelle, raccolse oltre il 32% dei voti.

L’affluenza fu del 72,93% per la Camera dei deputati e al 72,99% per il Senato, in calo del 2,3% rispetto alle politiche del 2013.

Alle politiche 2018, nessuno dei partiti e delle coalizioni presentatisi ottenne una maggioranza chiara alle urne. Questo comportò delle trattative tra chi ottenne più voti, ovvero centrodestra, con la Lega che superò il 17%, e il Movimento 5Stelle, accordi che diedero vita al governo giallo-verde.
Sconfitto di lusso, il Partito Democratico sotto la soglia del 20%.

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