Soglia di sbarramento legge elettorale italiana: cos’è e come funziona

Soglia di sbarramento legge elettorale italiana: cos'è e come funziona

La soglia di sbarramento è la vera bestia nere di queste elezioni. Tutti pronti a coalizzarsi per non essere tagliati fuori dal Parlamento.

Il 25 settembre 2022 si terranno le elezioni politiche in Italia. A scrutini avvenuti e alla luce della riforma del taglio dei parlamentari, quello che ci verrà restituito sarà un quadro della situazione che prevede l’elezione di 400 deputati e 200 senatori.

Le elezioni decideranno la maggioranza di governo che amministrerà l’Italia per i prossimi cinque anni. Il meccanismo che attribuirà i seggi ai diversi schieramenti politici è la legge elettorale detta Rosatellum.

La vera bestia nera di queste elezioni è la soglia di sbarramento che sta spingendo molti partiti, la maggior parte minori, a stringere alleanze per sperare di attraversare il guado e ottenere un seggio alla Camera o al Senato.

Vediamo che cos’ è la soglia di sbarramento prevista nel Rosatellum, come funziona e quali sono i “modi” per arginarla.

Soglia di sbarramento: cos’è

La soglia di sbarramento è una percentuale minima di voti al di sotto della quale non si viene ammessi alla ripartizione dei seggi nei collegi plurinominali, ovvero con il proporzionale.

Gli sbarramenti sono due:

  • 3% per le singole liste;
  • 10% per le coalizioni.

Con il Rosatellum non è previsto il voto disgiunto, ovvero sia non si può votare un candidato all’uninominale che non sia collegato alla lista scelta nel proporzionale. Se lo si fa, il voto è nullo.

La legge elettorale italiana non prevede neppure un premio di maggioranza che, invece, caratterizzava il Porcellum, legge Calderoli.

Soglia di sbarramento: come funziona

La legge elettorale italiana prevede una soglia di sbarramento nella quota proporzionale pari al 3% su base nazionale per i partiti, sia la Senato che alla Camera, con l’eccezione delle liste relative alle minoranze linguistiche per le quali la soglia è al 20% nella regione di riferimento.

Oltre alla soglia del 3%, è prevista anche una soglia del 10% a livello nazionale che riguarda le coalizioni. Se però la coalizione non supera questa percentuale, i partiti che ne fanno parte e hanno superato il 3% entrano comunque in Parlamento.

I partiti che fanno parte di una coalizione e prendono tra l’1 e il 3% riversano i loro voti, proporzionalmente, alle altre liste della stessa coalizione che hanno superato la soglia di sbarramento. I voti delle liste che rimangono sotto l’1% sono da considerarsi persi.

Sempre con il Rosatellum, il candidato di un partito escluso dal riparto dei seggi perché al di sotto della soglia, ma eletto nel collegio maggioritario (uninominale), mantiene il suo seggio.

Soglia di sbarramento: cos’è il diritto di tribuna

Il diritto di tribuna è uno stratagemma per arginare la soglia di sbarramento per i partiti e assicurarsi un seggio in Parlamento. In pratica, i leader dei partiti vengono inseriti nelle liste minori in una alleanza alla quale appartengono, ma che ha maggiori possibilità di entrare in Parlamento.

I piccoli partiti che non hanno grandi chance di farcela potrebbero accettare il diritto di tribuna e finire nelle liste di un big.

Al momento sia Nicola Fratoianni di Sinistra Italia, Angelo Bonelli dei Verdi e Matteo Renzi di Italia Viva hanno rifiutato l’offerta di Enrico Letta, ribadendo, quest’ultimo, che il suo partito correrà da solo.

Non si è ancora espresso Luigi Di Maio, l’ex grillino ora alleato con Bruno Tabacci in Impegno Civico, potrebbe accettare la proposta del segretario del Pd, dal momento che il suo gruppo parlamentare Insieme per il Futuro non supera il 2% dei consensi.

Vale la pena precisare che il diritto di tribuna non è una novità del Rosatellum. Come spiega il costituzionalista, deputato Pd ed esperto di sistemi elettorali, Stefano Ceccanti alla Stampa, questa “opportunità” esiste da tempo.

Generalmente, consiste nel candidare alcune persone di liste minori “come indipendenti” nella lista principale della coalizione. Secondo Ceccanti, così facendo non rischierebbero nemmeno di perdere il simbolo del proprio partito in caso di elezione, perché in una lista possono comparire anche simboli e persone candidate in un’altra lista della stessa coalizione.

Il veto posto da Carlo Calenda a Letta è quello di non candidare personalità “divisive” nei collegi uninominali, quindi, il diritto di tribuna può essere garantito dal Pd solo nei collegi plurinominali.

Ceccanti cita almeno un altro precedente in cui nel centrosinistra diede il diritto di tribuna a liste minori, nel 2006. Era l’epoca dell’Ulivo, il centrosinistra unito guidato da Romano Prodi, e alcuni esponenti dell’Udeur, un piccolo partito di centro fondato da Clemente Mastella, vennero candidati in liste del centrosinistra che avevano molta più probabilità di entrare in Parlamento.

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