Nato, aumentano spese e armi: come contribuisce l’Italia

Nato, aumentano spese e armi: come contribuisce l'Italia

La Nato aumenta le spese per la difesa, mentre decide di inviare nuove armi in Ucraina. Ecco come contribuisce l’Italia alla spesa.

Aumenta la spesa e le armi della Nato: ogni paese investirà ne riarmo. L’Organizzazione cambia rotta e segna una svolta epocale nella propria politica internazionale. L’incontro del 24 marzo - guidato da Joe Biden - potrebbe infatti rivelarsi un vero cambiamento anche negli equilibri dell’Europa.

Durante l’incontro si è ovviamente discusso della guerra in Ucraina e sul ruolo che la Nato deve giocare davanti a uno scontro bellico che si consuma alle sue porte. Si è poi a lungo discusso di adottare un’ “ambiguità costruttiva”, ossia l’Organizzazione atlantica non interverrà direttamente nel conflitto russo-ucraino ma potrebbe cambiare idea se la Russia dovesse scatenare un attacco chimico. Con l’aumento delle spese e i Paesi che si sono impegnati a investire il 2% del proprio PIL è opportuno capire come cambieranno le spese. Ecco cosa ha deciso la Nato e come contribuisce l’Italia.

Nato aumenta la spesa di armi e difesa: ecco la svolta dell’Organizzazione

Con l’incontro del 24 marzo la Nato ha cercato di cambiare il proprio assetto e la propria posizione davanti al conflitto russo-ucraino. La guerra in Ucraina, guerra che potrebbe rivelarsi una guerra di logoramento, ha dato all’Alleanza atlantica un nuovo ruolo politico. Alcuni Paesi, tra cui Regno Unito e Polonia, hanno avanzato la proposta di adottare una strategia di “ambiguità costruttiva”. Vale a dire che la Nato non interverrà direttamente nel conflitto, ma potrebbe cambiare idea nel caso in cui il presidente russo Vladimir Putin decidesse di scatenare un attacco chimico, biologico o nucleare. Una proposta che è stata bloccata da un ampio schieramento, tra cui troviamo Stati Uniti, Francia, Germania, Italia e molti altri.

Il piano è semplice: la Nato rafforzerà l’assistenza militare all’Ucraina, inviando armi anticarro, difese antimissili e droni, oltre l’invio di materiale di protezione in caso di attacchi chimici o nucleari, eventualità confermata dal Cremlino.

La Nato vorrebbe quindi rifornire l’Ucraina con diverse armi, tra cui i sistemi di difesa aerea, come le batterie a lungo raggio SA 8 e S300 di fabbricazione sovietica e russa, che gli ucraini sanno usare. Questi sistemi permetterebbero a Kiev di imporre una no-fly zone di fatto per la Russia. Anche se il risultato più concreto attualmente è la costituzione di quattro battaglioni - da 300 a 1000 soldati - da inviare nei Paesi a confine con l’Ucraina: Romania, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria: spostando il peso geopolitico sul versante Est. Per poter far questo è necessario che i Paesi membri aumentino la spesa per la difesa, investendo il 2% del PIL, come si è ripromessa di fare l’Italia, vedendo un massiccio trasferimento di spesa pubblica verso il riarmo.

Nato, aumentano spese e armi: come contribuisce l’Italia

L’Italia si trova in linea con la decisione della Nato di aiutare la resistenza ucraina, è per questo che il Governo Draghi ha varato il decreto Ucraina, decidendo di inviare armi al Paese sotto attacco.

Con l’intensificarsi del conflitto, l’Italia ha deciso di aumentare le spese militari fino al 2% PIL, come d’accordi con la Nato, anche perché stando agli ultimi dati l’esercito italiano sarebbe meno efficiente di quanto previsto su carta. Ma è lecito domandarsi come l’Italia contribuisca alla spesa della Nato.

Basti pensare che a livello globale nel 2020 si sono spesi 19 mila miliardi di dollari (17 mila miliardi di euro) per la difesa. I paesi della Nato da soli valgono 10,9 mila miliardi di dollari e, di questi, ben 766 miliardi sono riconducibili agli Stati Uniti. Eppure - stando ai dati dell’Osservatorio Cpi (Conti pubblici italiani) - l’Italia, nel contesto internazionale nel 2020, si sarebbe collocata al 102° posto su 147 paesi per spesa militare su PIL, sotto tutti i G7 - tranne il Giappone - e sotto la media Nato 1,8%.

È per questo che - così come gli altri membri della Nato - entro il 2024 l’Italia si è impegnata a rispettare i seguenti punti del Defence Investment Pledge (Dip):

  • Spesa per la difesa rispetto al PIL del 2%;
  • Componente di investimento militare del 20% (secondo le definizioni Nato, vedi sotto);
  • Partecipazione alle missioni, operazioni e altre attività di sicurezza internazionali.

Un aumento della spesa pubblica per la difesa che dovrebbe passare dai 25 raggiungendo un tetto di almeno 38 miliardi l’anno.