Sindacati Esercito, serve davvero la pubblicazione delle deleghe?

Sindacati Esercito, serve davvero la pubblicazione delle deleghe?

Itamil e Siamo Esercito chiedono trasparenza e la pubblicazione dei dati sulle deleghe al fine della contrattazione, ma altri sindacati non sono convinti della richiesta.

In occasione del primo tavolo tecnico sul rinnovo contrattuale è stato portato all’attenzione il tema della rappresentatività. Leonardo Nitti, Segretario generale di Usmia, ha in particolare lamentato un’importante differenza rispetto alla contrattazione riguardante la Polizia, per la quale l’intervento delle Associazioni in funzione pubblica avviene secondo un ordine di priorità assegnato in base al numero di deleghe raccolte.

Sulla scia di questo intervento, i sindacati Siamo Esercito e Itamil Esercito hanno avanzato in un comunicato congiunto la richiesta di rendere pubblici i dati relativi al numero di deleghe conseguite da ogni Associazione, relativi a ogni Forza Armata per quanto riguarda i sindacati interforze, al fine di ottenere “maggiore trasparenza in funzione pubblica”.

Trasparenza in funzione pubblica: pubblicare i numeri delle deleghe, a cosa serve?

Come anticipato, Itamil e Siamo Esercito - “Il Primo e il Secondo Sindacato dell’Esercito e del Comparto Difesa” - richiedono che i dati relativi alle deleghe sindacali siano resi pubblici, così da essere conoscibili da tutti gli interessati in fase di contrattazione e per rendere chiara la rappresentatività di ognuno.

Posto che tutti i sindacati che siedono al tavolo sono rappresentativi, superano cioè il numero percentuale di deleghe previsto dalla legge, altrimenti non avrebbero spazio nella contrattazione, è evidente che non tutti hanno le medesime percentuali.

Conoscere questi dati permetterebbe ai sindacati di intervenire in fase di contrattazione in modo solido e preponderante, a seconda delle cifre raggiunte. La “richiesta a gran voce” all’insegna del principio di trasparenza potrebbe però rivelarsi superflua, in quanto a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge su distacchi e permessi sindacali, che andranno distribuiti in proporzione alla rappresentatività, quest’ultima sarà in ogni caso resa nota a breve.

Lo fa notare il Segretario generale di Usmia, Leonardo Nitti, che sottolinea anche il possibile rischio di queste iniziative in fase di contrattazione, quando le Associazioni dovrebbero concentrarsi sulla difesa dei diritti del personale anche con reciproco sostegno. Ecco la dichiarazione in proposito:

Troppo spesso notiamo che alcune organizzazioni sindacali tendono a denigrare le altre. Un sindacato autentico si impegna per il benessere di tutto il personale senza attaccare le altre organizzazioni, specialmente durante il rinnovo contrattuale. Coloro che agiscono diversamente dimostrano di non avere a cuore il benessere dei lavoratori in divisa. È importante che le organizzazioni ben informate sappiano che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto sui distacchi e i permessi. Pertanto, nel prossimo decreto della Funzione Pubblica, verranno specificate le percentuali raggiunte da ciascuna organizzazione. Dobbiamo collaborare per costruire un ambiente di solidarietà, dove l’obiettivo principale è difendere e migliorare le condizioni di lavoro per tutti i militari.

Itamil Esercito non è proprio d’accordo, come riportano le dichiarazioni di Girolamo Foti, segretario generale dell’associazione, sotto riportate.

Come Sindacato Itamil Esercito insieme al Sindacato Siamo, rispettivamente il primo e il secondo sindacato dell’ Esercito, abbiamo chiesto che sul modello di quanto avviene per i colleghi della Polizia, vengano resi pubblici il numero ufficiale delle deleghe conseguite al conteggio per la rappresentatività al fine di dissipare ogni dubbio. Necessario ricordare ai colleghi sindacalisti e a tutto il personale che gli interventi in funzione pubblica avvengono secondo un ordine di priorità numerica riferita al numero di deleghe conseguite.

Principio importante per dare il giusto indirizzo alle discussioni avvenute in queste fasi della contrattazione. Nel caso specifico dei Sindacati Interforze, chiediamo che vengano resi pubblici i numeri delle deleghe per ciascuna Forza Armata. Riteniamo a questo punto necessario ribadire la necessità di una maggiore chiarezza e informazione sul numero delle deleghe e sulla rappresentatività ottenuta prima di sedersi al tavolo contrattuale.

Non comprendiamo infatti, il motivo per cui il dicastero della Difesa sul modello del Viminale,non pubblicano il numero e le deleghe conseguite dai sindacati nell’ambito della Difesa. Non comprendiamo nemmeno il timore (oppure la paura?) di alcune sigle sindacali per la pubblicazione del numero delle deleghe.

Parole forti, anche se non quanto quelle dei colleghi del Siamo Esercito, che accusano anche le altre sigle sindacali di temere la pubblicazione delle deleghe. Non risulta che qualche sindacato stia provando ad avvenire la pubblicazione, che in ogni caso è indispensabile per l’attuazione della disciplina su distacchi e permessi. Il Segretario Generale di Itamil ci tiene anche a richiamare il suo interesse per il rinnovo contrattuale, non cancellato dalla polemiche sulle deleghe:

Sul rinnovo del contratto il sindacato ITAMIL esprime profonda preoccupazione per le offerte inadeguate che dal nostro punto di vista non rispecchiano l’aumento del costo della vita né riconoscono l’importanza e la specificità del ruolo dei militari. I fondi messi a disposizione dal Governo non solo mancano di coprire l’inflazione del 2022/ 2023 e 2024 di quasi il 17%, ma disattendono anche di fornire gli arretrati dovuti per gli anni 2022 e 2023. Per il 2024, l’incremento salariale previsto si rivela ben al di sotto delle aspettative, con meno di 100 euro netti al mese a partire da gennaio 2025.

Il sindacato sottolinea che, per mantenere il potere d’acquisto invariato di fronte all’inflazione, i militari avrebbero diritto a un aumento di oltre 300 euro al mese, evidenziando il divario tra il trattamento economico dei militari e quello di altri settori, come quello bancario, che hanno visto aumenti medi di 450 euro.
"Itamil Esercito si rifiuta di firmare un contratto che riduce il potere d’acquisto dei salari del 10%,". Non si può parlare di specificità del comparto difesa e sicurezza limitandosi a slogan vuoti, mentre i nostri militari si vedono negati i diritti e il riconoscimento economico adeguato ai loro sacrifici.

Il Siamo Esercito non è però dello stesso avviso, ritenendo fondamentale che arrivi una chiarezza il prima possibile - senza aspettare il prossimo decreto - alla luce della possibile confusione generata dalle dichiarazioni di ogni sindacato, considerando anche che sembrano essere utilizzati da ognuno diversi parametri e che i dati sulla rappresentatività erano attesi tempo addietro.

In particolare, ecco le parole del Segretario generale del Siamo Esercito, Daniele Lepore:

Sono passati 3 mesi e mezzo dal termine previsto per la conta della rappresentatività e ogni sigla sindacale a settimane alterne dichiara di essere la prima in qualcosa, chi perché interforze e conteggia tutte le deleghe complessivamente di tutte le Forze Armate, altri dichiarano di essere i primi ad essere rappresentativi di ogni categoria dell’Esercito.
La realtà è che sarebbe bastato dichiarare nel decreto il numero di deleghe sottoscritto e accettato da ogni organizzazione sindacale, così sarebbero stati resi noti i dati reali, cosa che a metà del mese di maggio e con la contrattazione già aperta ancora non è nota.
E la dimostrazione è data dal fatto che ancora nella riunione contrattuale del 8 maggio, alcuni rivendicavano ancora l’esser primi in qualcosa.
Per un qualche motivo, i numeri saranno resi noti soltanto con il Decreto di attribuzione dei distacchi e permessi sindacali, che avverrà nelle prossime settimane.
Davvero non si comprende il perché di questo ritardo, anche perché ci risulta che qualcuno di "vicino agli uffici di Palazzo" i numeri abbia potuto vederli da un pezzo.

Accuse pesanti quelle mosse dal Segretario Lepore, in quanto nelle sue dichiarazioni ha lasciato intendere che ci sono sigle sindacali “più vicine al palazzo” che hanno avuto la possibilità di conoscere in anticipo i numeri raggiunti da ogni singola Associazione.

Incalzato, però, ha dichiarato che “non può farne il nome”, per quanto in realtà non ci siano norme a preclusione di una tale rivelazione laddove sussistano le prove rispetto a quanto dichiarato. Più che “non potere”, quindi, è sembrato quasi un “non volere”.

Chi ha ragione?

Un batti e ribatti che a nostro parere non vede alcun vincitore. Semmai, preoccupa il fatto che a margine di un appuntamento importante come il tavolo di rinnovo di contratto ci si limiti a interrogarsi su “chi deve parlare prima” o su “chi è più rappresentativo” piuttosto che su come arrivare a garantire al personale militare il miglior trattamento economico possibile.

Concentrandoci più sui meriti della questione, la richiesta mossa dal segretario Leonardo Nitti di USMIA riguardo al fatto che essendo rappresentativo di tutte le Forze Armate avrebbe dovuto avere la precedenza nel dibattimento, sembra andare contro a quanto stabilito dal decreto n. 195 del 1995, dove si legge che le “Associazioni professionali a carattere sindacale interforze partecipano alla delegazione sindacale [...] con rappresentanti appartenenti alla Forza armata di cui sono rappresentative”. Come rappresentante anche dell’Esercito Italiano, quindi, si prendono in considerazione le sole tessere acquisite nella stessa Forza Armata, e lo stesso vale per Marina e Aeronautica ovviamente.

Anche la richiesta del SIAMO e di ITAMIL appare però fuori contesto, almeno dopo la pubblicazione del decreto che disciplina l’assegnazione di distacchi e permessi sindacali tra le singole Forze Armate. Indipendentemente da qualsiasi richiesta mossa dalle Associazioni, infatti, il numero di deleghe acquisite da ogni singola sigla non è destinato a restare segreto per molto dal momento che sarà ufficializzato proprio contestualmente all’attribuzione di distacchi e permessi.

Si sta chiedendo, quindi, qualcosa che già è in programma, alimentando un dibattito che porta solo a uno scontro tra Associazioni quando invece il momento richiederebbe un’unità di intenti a tutela del personale militare che al tavolo della contrattazione, dove per la prima volta godono di una tutela sindacale, si gioca molto del proprio futuro.