Chi è Giovanni Brusca, il boss mafioso tornato libero

Chi è Giovanni Brusca, il boss mafioso tornato libero

Chi è Giovanni Brusca, l’ex capomafia di San Giuseppe Jato, fedelissimo di Totò Riina ed esecutore della strage di Capaci tornato in libertà dopo 25 anni in carcere grazie alla legge sui collaboratori di giustizia voluta da Falcone.

Il boss mafioso, esecutore della strage di Capaci e responsabile dell’efferato strangolamento e scioglimento nell’acido del piccolo Giuseppe di Matteo, Giovanni Brusca, è tornato ad essere libero per fine pena.

Lo scannacristiani” dopo aver scontato 25 anni e 11 giorni di carcere è stato rilasciato con 45 giorni di anticipo dal carcere di Rebibbia, a Roma.

La legge sui “collaboratori di giustizia”, voluta fortemente dai magistrati Antonino Scopelliti e Giovanni Falcone, infatti prevede uno sconto della pena per i mafiosi che decidono di collaborare con lo Stato rivelando i segreti dei clan di Cosa Nostra.

Oltre a essere sotto protezione, Brusca sarà sottoposto a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d’Appello di Milano. Proprio ieri, 7 giugno 2021, Brusca si è collegato in video per testimoniare al processo sulla trattativa Stato-Mafia.

La storia di Giovanni Brusca

Ho commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti, uno per uno, i nomi di quelli che ho ucciso. Molti più di cento, di sicuro meno di duecento.

Queste sono alcune dichiarazioni di Giovanni Brusca tratte dal libro “Ho ucciso Giovanni Falcone”, di Saverio Lodato. Brusca, soprannominato in siciliano “u verru” (il porco), oppure “lo scannacristiani ” è stato il boss di San Giuseppe Jato, figlio del boss Bernardo Brusca. Entrò nella cosca del padre a 19 anni (nel 1976), e Totò Riina fu il suo “padrino” nella cerimonia d’iniziazione.

Fu Brusca che nel 1983 si occupò dell’autobomba utilizzata per uccidere il magistrato Rocco Chinnici, uno dei giudici che diede vita all’idea di istituire un pool antimafia. Traditi dal primo collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, Brusca si diede alla latitanza dopo l’arresto del padre nel 1984. Il reggente del suo clan divenne Baldassare Di Maggio.

Nel 1991 Giovanni riprese in mano le redini della famiglia di San Giuseppe Jato. Con la guerra contro lo Stato dei Corleonesi nel 1992 Brusca divenne uno dei killer più spietati e uno dei fedelissimi di Salvatore Riina. Uccise altri mafiosi che iniziavano ad opporsi al Capo come Vincenzo Milazzo, capo della famiglia di Alcamo e strangolò la compagna incinta di tre mesi.

Fu sempre Brusca a dirigere, la strage di Capaci, a premere il pulsante per far esplodere l’autobomba che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta. Dopo l’arresto di Riina nel 1993, grazie anche alla collaborazione di Di Maggio che era stato arrestato, Brusca e altri capi mafiosi portarono avanti la strategia degli attentati dinamitardi con quello di Firenze, Milano e Roma del 1993; pianificarono il sequestro di Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino di Matteo divenuto collaboratore di giustizia.

Giuseppe fu sequestrato, tenuto in catene per due anni per poi essere tragicamente strangolato e sciolto nell’acido.

Quando fu arrestato nel 1996 insieme al fratello Enzo, Brusca iniziò a fornire false testimonianze ai magistrati; poi grazie alle dichiarazioni del fratello fu possibile metterlo alle strette. Brusca iniziò a fornire nuove dichiarazioni grazie alle quali fu possibile condannare decine di mafiosi e per lui evitare l’ergastolo.

La questione sull’ergastolo ostativo

In questi giorni si è molto discusso sulla scarcerazione del boss mafioso, definita un insulto oltre che causa di dolore per i parenti delle vittime. Per quanto infatti la vicenda possa risultare di dubbia morale Maria Falcone ha ribadito che la legge va rispettata; una legge che ha voluto lo stesso fratello e che recentemente è stata messa in discussione.

La Corte Costituzionale si è infatti pronunciata contro l’ergastolo ostativo, una norma che non permette a mafiosi e terroristi di commutare la pena in 26 anni senza una collaborazione con la giustizia: la stessa legge che ha portato la scarcerazione di Brusca a fine pena ma anche all’arresto di molti altri boss mafiosi.

Senza questa legge, come ha ricordato Salvatore Borsellino, boss mafiosi come i fratelli Graviano potrebbero uscire con commutazione della pena senza essersi mai pentiti. L’ergastolo ostativo gioca tutt’oggi un ruolo fondamentale per la lotta dello Stato contro la Mafia.

Argomenti correlati: Carcere Fatti di cronaca