Nuove armi italiane all’Ucraina: cosa rischiamo?

Nuove armi italiane all'Ucraina: cosa rischiamo?

L’Italia è pronta a varare un decreto interministeriale e ad inviare armi pesanti.

“L’Italia continuerà a fare la propria parte sostenendo l’Ucraina per tutto il tempo necessario”. Con queste parole il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha blindato l’appoggio italiano alla causa ucraina, nel corso dell’incontro tenutosi alla base americana di Ramstein in Germania insieme al capo del Pentagono Lloyd Austin.
Un incontro che ha, di fatto, bypassato e allargato la NATO arrivando ad una risoluzione tempestiva ed immediata.

Anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dovuto cedere e garantire l’appoggio della Germania in questa guerra che continua ad essere lunga e sanguinosa.

L’Italia, quindi, si impegna ad aiutare l’Ucraina con 200 milioni di prestiti, che si sommano ai 110 milioni già stanziati, e ad inviare armi pesanti. Proprio in queste ore verrà messo a punto un decreto interministeriale che già fa storcere in seno alla maggioranza di governo, con il Movimento 5Stelle sulle barricate e la secca opposizione del leader dei grillini Giuseppe Conte che ha chiesto al premier Mario Draghi di riferire in Aula.

A destare preoccupazione non sono soltanto le armi che verranno inviate, il cui elenco resta segretato, ma anche le eventuali ripercussioni che rischia il nostro Paese nell’appoggio a Kiev.

Non dimentichiamoci le parole del Presidente russo Vladimir Putin che ha minacciato pesanti conseguenze per chi invia armi a sostegno dell’Ucraina.

Stare dalla parte del fronte Occidentale è la soluzione più giusta, come sostenuto da Draghi, e la “punizione” russa quanto sarà feroce nei nostri confronti?

Nuove armi italiane all’Ucraina: quali invierà l’Italia

Il nuovo decreto interministeriale, su cui il ministro della Difesa Guerini riferirà al COPASIR, il Comitato sui Servizi Segreti, è stato messo a punto sulla “falsariga del precedente decreto” e prevede l’invio di armi in sostegno dell’Ucraina, come spiegano fonti del governo, riportate dal Messaggero.

La settimana prossima, Draghi, Guerini e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio decideranno per un terzo decreto interministeriale (non ci sarà bisogno del voto del Coniglio dei ministri) per la spedizione degli “armamenti pesanti” di tipo difensivo.

Sebbene l’elenco delle armi messe a disposizioni dal nostro Paese alla causa ucraina resti segretato, è ragionevole pensare che dietro quel “armi pesanti” ci siano:

  • Sistemi di difesa contraerea e controcarro;
  • Missili antinavi;
  • Mortai;
  • Munizionamento vario di calibri diversi.

Se la Germania, pur turandosi il naso, ha disposto l’invio di 50 tank Gepard all’Ucraina, l’Italia dovrà anche fare i conti con quello che ha a disposizione. L’Esercito italiano possiede solo 200 blindati Ariete e un centinaio di carri armato Pzh2000; quindi, l’invio dovrà essere parsimonioso se non si vuole restare scoperti.

Inoltre, si dovrà provvedere alla messa in funzione dei sistemi di artiglieria Fh70, dei tank M109L, dei cannoni Sedam, che risultano dismessi e quindi necessitano di una messa a punto. Le autoblindo Centauro non potranno essere donate poiché senza cingoli.

Nuove armi italiane all’Ucraina: la contrarietà del Movimento 5Stelle

Il leader dei grillini Conte è stato categorico: Guerini deve riferire in Parlamento circa l’invio di nuove armi pesanti all’Ucraina. Tuttavia, Draghi non è per nulla disposto a mettere ai voti il decreto, “Se si andasse in Aula e votassero contro, cadrebbe il governo. Non siamo disponibili a sfilarci dal fronte occidentale”, riferisce chi ha parlato con il Presidente del Consiglio. Guerini ha precisato, in una nota, che ogni azione viene fatta sulla base delle “indicazioni decise dal Parlamento”.

Sebbene il conflitto russo-ucraino non accenni ad una soluzione, c’è chi come l’Italia spera sempre nella strada diplomatica, confidando nell’intervento di mediazione del Presidente turco Erdogan, che ha telefonato a Putin per cercare di convincerlo ad un incontro con Zelensky, dopo che il viaggio a Mosca e i tentativi di mediazione del segretario generale dell’ONU, Antonio Guterres, si sono risolti in un nulla di fatto.

L’azione diplomatica continuerà, senza incrinare la “compattezza del fronte occidentale”, riferiscono fonti di governo. Per questo Draghi sta organizzando un viaggio a Kiev e Di Maio sta intessendo rapporti con Ankara.

Sebbene l’Italia lavori alla pace, non può sottrarsi ai suoi impegni e

“non si può dire di no all’invio di armi pesanti perché non abbiamo intenzione di rompere la compattezza del fronte occidentale, il processo negoziale deve assolutamente ripartire: non ci si può arrendere alla guerra”

dicono altre fonti qualificate di governo, come riportato dal Messaggero.

In questo modo si potranno portare avanti tavoli negoziali paralleli: Russia, Ucraina e Onu, come proposto da Guterres a Putin al fine di giungere ad un cessate il fuoco e ai corridoi umanitari; e l’altro tra Mosca, Kiev e i “Paesi garanti”, ovvero:

  • Italia;
  • Turchia;
  • Germania;
  • Francia;
  • Canada.

Nuove armi italiane all’Ucraina: cosa rischia il nostro Paese

I rischi per l’Italia sono alti, anche alla luce delle minacce fatte recapitare al nostro Paese. La Russia ha avvertito tutti i sostenitori di Kiev:

“Facciamo appello agli Stati Uniti e ai loro alleati perché mettano fine all’irresponsabile militarizzazione dell’Ucraina, che comporta conseguenze imprevedibili per la sicurezza regionale e internazionale”.

Nella lettera che la Russia ha inviato all’Italia c’è scritto chiaramente che qualsiasi sostegno a Kiev avrà “conseguenze imprevedibili”. Se gli americani non si lasciano intimidire dalle minacce russe, l’Italia non è da meno e il nuovo pacchetto di armi da inviare ne è la dimostrazione.

Quello in cui è degenerato il sostegno dell’Occidente per l’Ucraina può essere tranquillamente chiamato Terza Guerra Mondiale. Ciò è assolutamente sicuro”. A pronunciare questa raggelante minaccia è stata Olga Skabeyeva, conduttrice televisiva di “Russia 1”, uno dei principali canali statali usati dal Cremlino per la propaganda, che fa il paio con le parole del ministro degli Esteri russo Lavrov.