Giorgia Bonamoneta - 28 febbraio 2022
Corriamo davvero il rischio di una guerra nucleare?
Le dichiarazioni di Putin da una parte e l’allarme scattato sui giornali dall’altra, siamo di fronte all’ultimo gradino dell’escalation nucleare? Ecco cosa non dicono i giornali.
È scattato l’allarme sui giornali di tutto il mondo dopo le affermazioni di ieri di Vladimir Putin sull’attivazione del sistema di deterrenza nucleare. Cosa vuol dire lo abbiamo già spiegato, in questo pezzo di approfondimento, grazie all’aiuto delle spiegazioni di alcuni esperti, cercheremo di spiegare se è davvero possibile l’inizio di una guerra nucleare.
Tratteremo due punti. Il primo è la narrativa di guerra dei giornali, con l’obiettivo di creare una cornice dal duplice scopo di “emozionare-vendere”; l’altro punto è perché il rischio di una guerra nucleare sembra essere così basso, rispetto a quanto urlano i titoli allarmistici dei giornali. Dove si trova la verità?
Cerchiamo quindi di capire come si inizia una guerra nucleare e quali sono le mosse (non così semplici) che i leader dei due Paesi con armi nucleari dovrebbero compiere per ottenere il “via libera” al lancio di uno o più missili nucleari.
La minaccia nucleare di cui parlano i giornali: corriamo davvero il rischio?
Partiamo da alcune considerazioni in merito ai giornali e a chi deve fare i titoli di copertina per il cartaceo e non. L’idea alla base è quella di attirare l’attenzione del passante, del lettore occasionale, non tanto dell’abbonato o di chi si fida dell’informazione di quel giornale specifico. Così nascono titoli che oggi, in rete, definiremmo “clickbait”. Sono titoli che non si fanno leggere, nel senso che molti non apriranno il giornale per leggere il contenuto, ma si fermeranno al solo titolo.
La strategia usata oggi sul caso della guerra in Ucraina e le dichiarazioni di Putin è la stessa. Facciamo alcuni esempi: “Putin sfodera l’atomica”, “Spiragli e minacce atomiche”, “Putin assediante e assediato minaccia l’Armageddon”. E l’ultimo, in particolare: “Follia nucleare - Putin terrorizza il mondo: allertato il sistema atomico di deterrenza […]”.
Leggendo questi titoli il primo pensiero di un lettore, soprattutto se occasionale, è uno soltanto: maledirsi per non aver comprato o costruito un bunker anti-atomico. Oltre l’allarme creato, c’è qualcosa di vero in questi titoli? Putin ha sfoderato l’atomica o minacciato l’Armageddon? No. Ricordiamo infatti che il sistema di deterrenza è un sistema che può prevedere sì una strategia di attacco, ma anche di contrattacco, quindi di difesa o in conseguenza a una prima azione di attacco. È una decisione, quella di Putin, presa per scoraggiare ogni tipo di possibile aggressione e per avere un vantaggio durante le trattative (ora in corso) con l’Ucraina.
Attivazione allerta atomica: non è la prima volta
Quindi è questa la strategia di contrattacco che ha dichiarato Putin quando ha detto di non interferire nell’operazione di liberazione da un regime nazista (cioè l’Ucraina), altrimenti ci sarebbero state “conseguenze mai viste prima”? Probabilmente no. L’attivazione dell’allerta atomica è già accaduta in passato, nella più o meno indifferenza generale.
Riportiamo alla memoria la crisi missilistica di Cuba nel 1962 o la falsa segnalazione sui radar dell’inizio di un attacco contro l’Urss nel settembre del 1983, che venne evitato grazie alla non trasmissione ai superiori dell’informazione da parte del colonnello Sergej Petrov. Un caso più recente è conosciuto come l’incidente del missile norvegese, avvenuto il 25 gennaio del 1995. In questo caso si scampò il contrattacco russo per pochissimo. E alla fine era solo una sonda per studiare l’aurora boreale.
Come inizia un conflitto nucleare su larga scala
Tutto inizia, o forse è meglio dire “tutto finisce”, con il primo colpo nucleare, detto anche “first strike”. Lo dice la parola stessa: è l’attacco del Paese che per primo decidere di sganciare uno o più missili nucleari. L’obiettivo, come scrive il giornalista Emilio Mola, è “quello di impedire o almeno ridurre” il contrattacco del Paese colpito.
“Per questo motivo, quando inizia un’aggressione nucleare, l’obiettivo di chi attacca per primo - spiega il giornalista - è colpire in maniera devastante e massiccia proprio i luoghi in cui sa che potrebbero trovarsi le armi nucleari del nemico”.
Un primo attacco nucleare difficilmente avverrebbe sulla popolazione civile. Colpire per primi vuol dire aspettarsi una risposta inevitabile. Infatti è impossibile che, anche concentrando tutto il fuoco disponibile su quelli che sono considerati gli obiettivi target, il paese attaccato non risponda da un sito di lancio tenuto segreto.
I primi obiettivi comunque sono gli stessi colpiti prima di qualsiasi tipo di invasione, come abbiamo visto accadere solo pochi giorni fa in Ucraina: sistemi di lancio, aeroporti, porti e depositi di armi. In questo caso specifico vanno tutti declinati al nucleare, quindi porti con navi e sommergibili armati con missili nucleari, depositi di armi nucleari e aeroporti con bombardieri di tipo nucleare. L’idea è neutralizzare le armi nucleari al 100% nel minor tempo possibile.
Quanto tempo serve ipoteticamente? Si parla di circa 30 minuti, poiché è quello il tempo stimato per lanciare in missile nucleare. Un missile che può partire da diversi siti di lancio, sia in terra, che in acqua.
La guerra nucleare e la mutua distruzione assicurata (MAD)
Non basta però attaccare per primi. Per rispondere citiamo la teoria MAD, ovvero la “strategia” (per alcuni) di distruzione mutua assicurata. Con la sigla MAD si intende quel principio, che è teoria per alcuni e strategia vera e propria per altri, di distruzione totale in caso di guerra nucleare. Il vantaggio di un first strike è inesistente se la risposta causa la distruzione del Paese dal quale è partito. Una vittoria nucleare, se pure dovesse avvenire, sarebbe una “battaglia di Pirro”, cioè uno scontro vinto a un prezzo troppo elevato per essere considerato davvero una vittoria.
Questo avverrebbe, come abbiamo detto in precedenza, perché semplicemente non si conoscono tutte le locazioni delle armi nucleari del nemico. Inoltre, cosa di cui abbiamo già parlato in relazione ai missili ipersonici: non si lancia un missile nucleare senza che l’altro se ne accorga tramite sistemi di difesa.
Siamo davvero sicuri che qualcuno, per esempio Vladimir Putin, voglia prendersi la responsabilità di essere l’uomo che ha causato la distruzione di ampi pezzi di territori russi? Emilio Mola fa un esempio assurdo, per quanto realistico:
“Sarebbe come decidere di far schiantare la propria auto a 100 km/h contro il muro per evitare un graffio sulla portiera”.
Tradotto: attaccare per primo con un arma nucleare è come distruggere il proprio Paese per il territorio del Donbass.
Martiri e pentiti: le dichiarazioni passate di Putin sulla guerra nucleare
La politica nucleare di Putin non prevede l’attacco preventivo e lo ha dimostrato attivando il sistema di deterrenza come “atto di difesa”. Anche in passato, interrogato in merito e in diverse occasioni, ha affermato che “la dottrina nucleare russa non prevede il lancio di un attacco preventivo”.
La risposta a un attacco nucleare però sarebbe proprio un contrattacco nucleare. La conferma arriva proprio dal presidente russo. Sempre al club di discussione di Valdaj affermò che “andremo in paradiso come martiri, mentre i nostri nemici moriranno senza nemmeno aver il tempo di pentirsi”.
Torniamo al presente. Se anche Putin decidesse di tirare avanti e sganciare, per primo, un ordigno nucleare sull’Ucraina o altri, siamo sicuri che tutti i militari, gli oligarchi e i pezzi della politica del Paese sarebbero d’accordo con lui? Mai dire mai, ma questa evenienza appare davvero molto improbabile.
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