Chi sono i nuovi indagati per il delitto di via Poma

Chi sono i nuovi indagati per il delitto di via Poma

Spuntano due nuovi indagati mai toccati dalle indagini. Potrebbero essere loro gli assassini di Simonetta Cesaroni?

L’omicidio di Simonetta Cesaroni, uno dei cold case più celebri d’Italia, potrebbe riservare scottanti risvolti. La nuova inchiesta della Procura e le indagini della Commissione parlamentare sull’omicidio della ragazza assassinata con 29 coltellate in via Poma, nel quartiere Prati di Roma, il 7 agosto 1990, hanno acceso i riflettori su due alti uomini dello Stato.

Poco meno di qualche mese fa, i sospetti su chi potesse essere l’autore materiale del barbaro assassinio erano ricaduti sull’ex presidente regionale degli Ostelli della Gioventù di Roma, l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, morto sei anni fa. Oggi, invece, gli inquirenti virano in tutt’altra direzione.

A 32 anni di distanza, potrebbero finalmente esserci dei responsabili per il delitto di via Poma, ma come abbiamo avuto modo di constatare negli anni, occorre andarci con i piedi di piombo.

Delitto di via Poma: a che punto siamo

In seguito ad una denuncia presentata dai familiari di Simonetta Cesaroni, la Procura di Roma ha riaperto le indagini.

Aperto come modello 45, ovvero senza indagati, il fascicolo si è ben presto arricchito della dicitura “omicidio volontario contro ignoti”.

Sono state ascoltate anche persone che, all’epoca dei fatti, erano entrate in contatto con personaggi lambiti dalle indagini. Al centro degli accertamenti, un sospettato che già in passato finì nel mirino degli investigatori. Al momento però, secondo fonti inquirenti, come riporta Rai News, non è emerso “nulla di nuovo e rilevante rispetto a quanto era già agli atti.

L’attività dei pm viaggia di pari passo con quella della Commissione parlamentare antimafia che ha avviato un’istruttoria sul caso, al fine di accertare eventuali depistaggi messi in atto per sviare gli inquirenti e rendere impossibile l’accertamento della verità.

Delitto di via Poma: le date

L’omicidio di Simonetta Cesaroni si compone di alcune date chiave, essenziali per ricostruire una vicenda molto intricata:

  • 7 agosto 1990: viene ritrovato il corpo senza vita di Simonetta in via Poma, nell’ufficio dell’Associazione alberghi della gioventù dove lavorava come segretaria;
  • 10 agosto 1990: viene fermato Pietrino Vanacore, portiere dello stabile. Sul suo pantalone vengono ritrovate tracce di sangue, ma non è quello di Simonetta. Viene scarcerato;
  • Dopo alcuni mesi, vengono archiviate le indagini su Salvatore Volponi, datore di lavoro di Simonetta;
  • 3 aprile 1992, viene inviato un avviso di garanzia a Federico Valle; nipote dell’architetto Cesare Valle, che abita nel palazzo di via Poma e che la notte del delitto ha ospitato Vanacore. Valle viene tirato in ballo dalle dichiarazioni dell’austriaco Roland Voller, amico della madre di Valle, secondo il quale dai racconti della madre sarebbe emerso che il figlio tornò sporco di sangue da via Poma;
  • 16 giugno 1993, Valle e Vanacore vengono prosciolti;
  • Settembre 2006, vengono analizzati calzini, corpetto, reggiseno e borsa di Simonetta. I Ris trovano tracce di saliva dell’ex fidanzato Raniero Brusco che viene iscritto nel registro degli indagati. La forma della sua arcata dentaria corrisponde al morso sul capezzolo della ragazza;
  • 3 febbraio 2010 inizia il processo a carico di Brusco, intanto il 9 marzo 2010 si suicida Vanacore. Dopo tre gradi di giudizio Brusco viene scagionato dalle accuse;
  • Oggi la Procura ha riaperto le indagini.

Delitto di via Poma: i due nuovi indagati

Due alti uomini dello Stato sono attenzionati dagli inquirenti perché ritenuti, probabilmente, gli assassini di Simonetta Cesaroni. Circa l’identità dei due vi è il massimo riserbo, ma si tratta di persone che all’epoca del delitto non sono mai state toccate dalle indagini, riporta Fanpage.it.

Pare che i due avessero molto a che fare con la palazzina di via Poma. Questa ipotesi, se confermata, andrebbe a rafforzare la tesi tale per cui l’assassino, secondo gli investigatori, è una “persona stanziale” e che conoscesse molto bene tutte le vie di fuga sia nei sotterranei che nei lavatoi.

Ai due non è stato mai neppure prelevato il Dna, ma la traccia ematica sulla maniglia della porta, dalla cui analisi è emerso che si tratta di sangue frammisto della vittima e di un uomo con gruppo sanguigno A positivo, potrebbe essere la chiave di volta.

Al momento, non è scattato alcun avviso di garanzia, ma la Commissione parlamentare antimafia ha ascoltato Paola Cesaroni, il suo avvocato Federica Mondani e il giornalista esperto del caso Igor Patruno, e ha aperto un’inchiesta proprio partendo dai depistaggi.

Parallelamente, la Procura sta ascoltando persone dopo l’ammissione di una teste dell’epoca, che aveva fornito un alibi a uno dei personaggi coinvolti inizialmente nell’inchiesta. La donna, pochi mesi fa, ha confessato all’allora capo delle indagini, Antonio Del Greco, che l’alibi da lei fornito era falso.

Tutto è di nuovo riaperto, sperando che questa volta si possa dare giustizia a Simonetta, uccisa a soli 20 anni.

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