Francesco Caracciolo di Sarno: chi è il nuovo sospettato per l’omicidio di Simonetta Cesaroni

Francesco Caracciolo di Sarno: chi è il nuovo sospettato per l'omicidio di Simonetta Cesaroni

Morto sei anni fa, l’ex Presidente regionale degli Ostelli della Gioventù di Roma torna al centro di un cold case che dura da 32 anni.

Dopo 32 anni dalla morte, tornano ad accendersi i riflettori su Simonetta Cesaroni, uccisa in via Poma, nel quartiere Prati a Roma, il 7 agosto 1990, all’età di 20 anni.

La giovane venne trovata morta degli uffici dell’allora Presidente regionale degli Ostelli della Gioventù, l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno, con 29 coltellate sferrate con crudeltà al volto, all’addome e al pube.

Uno dei cold case più famosi d’Italia potrebbe avere un nuovo risvolto. L’ex collaboratrice del Presidente Caracciolo di Sarno ha deciso di raccontare la sua verità ad un ex poliziotto che a sua volta ha riferito alla famiglia Cesaroni il racconto della donna.

I familiari di Simonetta si sono subito recati in Procura per depositare un esposto che ha riaperto le indagini con l’obiettivo degli inquirenti di risolvere il delitto di via Poma, concretizzando il reato di omicidio volontario, ipotizzato dagli investigatori.
Caracciolo di Sarno è morto sei anni fa, ma questa testimonianza ritenuta dall’ex poliziotto Antonio Del Greco, che si occupò delle indagini e che ha pubblicato anche un romanzo sul caso, ritiene la donna come “una fonte attendibile”, precisando che “la testimonianza riguarda un alibi che non è più così ferreo come era prima, un alibi di una persona che era già stata sentita”, riferendosi proprio all’ex collaboratrice di Caracciolo di Sarno.

Francesco Caracciolo di Sarno: chi è e il legame con Simonetta Cesaroni

L’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno è stato Presidente regionale degli Ostelli della Gioventù e i suoi uffici si trovavano proprio in via Poma. Simonetta Cesaroni, all’epoca dei fatti ventenne, lavorava come segretaria presso la Re.Li Sas, uno studio commerciale, che collaborava con Caracciolo di Sarno, e Cesaroni si recava lì alcuni giorni alla settimana per svolgere il lavoro di contabile.

Il giorno della morte, Simonetta si trovava presso gli uffici di via Poma, 2, per svolgere il suo lavoro. In seguito, avrebbe dovuto chiamare Salvatore Volponi, il suo datore di lavoro, per aggiornarlo. L’ultimo segnale che Cesaroni era ancora viva risale alle 17.15 quando telefonò a Luigia Berrettini, mentre Volponi non riceverà mai la sua chiamata.

Non vedendola tornare a casa, i familiari di Simonetta iniziarono a cercarla recandosi proprio negli uffici di via Poma, insieme a Volponi, alla sorella di Simonetta, Paola e al fidanzato della Cesaroni, Raniero Busco. Lì, trovarono il cadavere di Simonetta, colpita da 29 coltellate.

Dalle indagini degli inquirenti, emerse che Simonetta era in ufficio probabilmente con un uomo, dal quale lei fuggì, passando da una stanza all’altra (quella dove venne ritrovata). Qui, la giovane venne immobilizzata a terra e pugnalata con un tagliacarte.

Oggi, l’alibi che Caracciolo di Sarno diede agli inquirenti all’epoca dei fatti, potrebbe essere falso, secondo il racconto fatto dall’ex collaboratrice. L’avvocato ha sempre raccontato di essere stato in campagna, in una fattoria nella Bassa Sabina, a Tarano, e di essere uscito di casa solo per accompagnare la figlia in aeroporto, alibi confermato dalla stessa.

Adesso sarà compito delle Forze dell’Ordine approfondire le indagini e rendere concreta l’ipotesi formulata dalla Procura di Roma di omicidio volontario, anche alla luce delle testimonianze riportate da Del Greco e di altre persone che potrebbero essere a conoscenza dei fatti.

Nuove testimonianze che hanno destato anche l’interesse del Parlamento. A maggio la Camera dei deputati darà il via a una commissione d’inchiesta parlamentare.

Francesco Caracciolo di Sarno: le dichiarazioni al processo

Nel corso del processo, Caracciolo di Sarno disse di non aver mai conosciuto la Cesaroni (tesi smentita dalle deposizioni di alcuni impiegati dell’ufficio) e di non avere idea del perché da via Poma partirono due chiamate verso la sua tenuta proprio il 7 agosto.

“Vidi l’avvocato rientrare intorno alle 18 in compagnia di un altro uomo che non avevo mai visto prima...non ho avuto più modo di vedere l’avvocato ma non escludo che lo stesso possa essere uscito senza che io lo abbia visto”

disse la portiera dello stabile romano dove viveva l’avvocato, a pochi metri da via Poma. E poi c’è la collega di Simonetta, che nel 2010 ha giurato di aver sentito da Caracciolo queste parole: “Quando tutto sarà finito ti dirò come sono andati i fatti”.

Frase minimizzata dall’avvocato, apostrofata come

“una frase che io posso avere benissimo detto, questo è il punto, soltanto mi riferivo a una ovvietà, a una situazione che... è una deduzione che... che era ovvia... data la rilevanza che era stata data a tutto quel processo”.

E poi: “Io non so se l’ho detta”.

Lo stesso Caracciolo di Sarno nel 1996, in Procura, dinnanzi al procuratore aggiunto Italo Ormanni e al PM Settembrino Nebbioso, dichiarò di aver chiesto ai titolari della Re.Li. di mandargli qualcuno per occuparsi della contabilità degli Ostelli.

Mi venne comunicato che quell’impegno poteva essere assunto dato che era stata individuata una ragazza che seppur non molto pratica del settore avrebbe potuto seguire quel tipo di lavoro”, precisando di non sapere “neppure in quanti e quali giorni questa ragazza andasse negli uffici di via Poma e se vi andasse il pomeriggio” e di essere venuto a conoscenza dell’omicidio solo la mattina seguente.

Francesco Caracciolo di Sarno: come veniva descritto e dove è morto

In un documento datato 1992, l’avvocato

“Sarebbe noto fra gli amici per la dubbia moralità e le reiterate molestie arrecate a giovani ragazze, episodi che seppure a conoscenza di molti non sarebbero mai stati denunciati grazie anche alle amicizie influenti dallo stesso vantate”.

A farne questa descrizione è un poliziotto che riassume quando sentito alla DIGOS il giorno del delitto, pressappoco nell’ora riportata dai media come quella presunta dell’omicidio, “l’avvocato sarebbe rientrato affannato e con un pacco mal avvolto presso la propria abitazione”, per poi uscire con una “grossa borsa”. Dopo la riapertura del caso era “oltremodo agitato e preoccupato, tanto da assumere atteggiamenti maniacali”.

L’avvocato Caracciolo di Sarno è morto sei anni fa. Visse gli ultimi anni della sua vita presso le Fattorie Caracciolo, vicino Tarano, dove condusse una vita da eremita, lontana da occhi indiscreti.

Francesco Caracciolo di Sarno: i sospettati

Al centro del processo a Rainiero Busco, l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni, c’erano state proprio due telefonate che sarebbero arrivate al fattore di Caracciolo, Mario Macinati, in cui qualcuno che si identificava dicendo solo “chiamo dagli Ostelli” cercava con urgenza l’avvocato.

All’inizio l’accusa pensò che quelle chiamate fossero state fatte da Pietrino Vanacore, portiere dello stabile, morto suicida, iscritto nel registro degli indagati per il sospetto che avesse voluto avvisare il Presidente dopo aver scoperto il cadavere della ventenne. Tuttavia, questo impianto accusatorio venne smontato e Vanacore prosciolto.

Dopo un anno dai fatti, ci fu una nuova pista, quella del supertestimone, Roland Voller, piccolo trafficante di auto rubate, che chiamava in causa Federico Valle, nipote ventenne del patriarca della famiglia Valle, Cesare, decano dell’Ordine degli Ingegneri, che abitava al quinto piano di via Poma, 2.

Secondo il testimone, il ragazzo era tornato a casa della madre ferito ad un braccio dopo essere andato a trovare il nonno il 7 agosto del 1990. Il giovane venne prosciolto.

Il processo si riaprì nel 2009, quando venne messo nel mirino delle indagini dal PM Ilaria Calò, l’ex fidanzato della Cesaroni, Raniero Busco, sospettato dalla Polizia nel 1990, ma poi ne era uscito pulito. La PM ottenne il processo contro Busco in seguito al ritrovamento di tracce del suo DNA sul corpetto e sul reggiseno di Simonetta e di un morso al seno che venne attribuito all’ex fidanzato.

Nel 2012, Busco venne assolto - con susseguente conferma in Cassazione - essendo emersa anche qui la pochezza delle prove a carico e la contraddittorietà con altri elementi di indagine non presi in considerazione.

Ora la PM Calò sta battendo questa nuova pista che ci auguriamo porti alla risoluzione di questo giallo.

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