Caso Omerovic, arrestato Andrea Pellegrini della Polizia di Stato: chi è, cosa ha commesso e cosa rischia

Caso Omerovic, arrestato Andrea Pellegrini della Polizia di Stato: chi è, cosa ha commesso e cosa rischia

I colleghi lo descrivono come autoritario e manesco, Andrea Pellegrini è accusato del reato di tortura ai danni del rom sordomuto Hasib Omerovic.

Nuovi inquietanti risvolti emergono dalle indagini che riguardano il caso di Hasib Omerovic, il 36enne disabile che il 25 luglio scorso è stato portato in ospedale in seguito alla caduta dalla finestra del suo appartamento a Primavalle, a Roma.

Durante un controllo della Polizia, non autorizzato, il disabile rom sordomuto dalla nascita è volato dalla finestra, un colpo violento che lo spedisce direttamente in coma. Oggi, il responsabile delle torture su Hasib, che indussero il ragazzo a lanciarsi dalla finestra per sfuggirvi, ha un nome.

Si tratta del poliziotto Andrea Pellegrini, noto nell’ambiente della Polizia di Stato per i suoi modi “poco ortodossi”. L’agente è stato arrestato e posto alla cautela domiciliare, insieme a lui ci sono altri 4 poliziotti indagati.

Il gip parla di atti “commessi in spregio della funzione pubblica svolta ”. Le accuse che pendono sul capo del poliziotto sono molto gravi, si parla del reato di tortura.

Ricostruiamo i fatti che hanno portato il giovane Hasib a gettarsi dalla finestra del suo appartamento a Primavalle, cerchiamo di capire chi è e cos’ha fatto l’agente Pellegrini, di quali reati si è macchiato e cosa rischia adesso.

Cosa è successo nell’appartamento di Primavalle

È il 25 luglio 2022, quando quattro agenti della Polizia di Stato si presentano a casa di Hasib Omerovic, che abitava in un appartamento popolare in zona Primavalle, a Roma, senza che la procura di Roma avesse firmato alcun mandato di perquisizione.

Nella relazione di servizio su quanto successo a Primavalle, gli agenti hanno dichiarato: “Alle 12,29, al momento dell’accesso all’abitazione Hasib è scappato dalla finestra lanciandosi dal primo piano ”.

Diversa la versione della sorella di Hasib, Sonita, che avrebbe rivelato alla madre che il giovane rom “è stato picchiato, preso a calci, pugni, a bastonate. Poi i poliziotti l’hanno preso per i piedi e lanciato dalla finestra. Mi ha fatto vedere il manico della scopa spezzato e con cui ha visto che l’hanno percosso. La porta della camera da letto era sfondata, il termosifone divelto dal muro”.

Ora, il responsabile di quelle aggressioni del tutto gratuite sarebbe il poliziotto Andrea Pellegrini che è stato arrestato con l’accusa del reato di tortura.

Chi è l’agente Andrea Pellegrini

L’agente della Polizia di Stato Andrea Pellegrini ha minacciato con un coltello, legato ad una sedia e picchiato il rom sordomuto Hasib che, per fuggire al pestaggio, si è dato alla fuga, gettandosi dalla finestra aperta della sua stanza. Il tutto si è svolto in casa sua, a Primavalle, quartiere difficile di Roma.

Andrea Pellegrini, classe 1972, cinquantenne romano, è un agente della Polizia di Stato, ora in arresto per le violenze perpetrate su Hasib Omerovic. Entrato in Polizia molto giovane, Pellegrini è noto nell’ambiente di lavoro per i suoi modi di fare maneschi e ai limiti della legge.

Qualche tempo fa, nel corso di un’indagine, ha rivelato alcuni segreti d’ufficio, subìto un procedimento disciplinare e trasferito in un commissariato di frontiera, proprio a Primavalle. Nel mezzo, un arresto dall’altra parte del mondo per un furtarello in un supermercato.

Pellegrini è sposato ed ha due figlie, una nata da poco. Per quattro anni è stato presidente dell’associazione Gli angeli di Malindi che si occupava della tutela dei minorenni. L’avvocato che lo difende, Remo Pannain lo tratteggia come un uomo dedito alla difesa dei più piccoli.

Dal suo profilo social, oltre ad immagini che lo ritraggono con la famiglia o a qualche concerto, vi sono alcune foto che vedono Pellegrini ad un congresso di Forza Nuova nel 2014 e bandiere di gruppi ultranazionalisti polacchi.

Tra queste foto ne spunta una che lo ritrae con la maglia dei Bope di Rio de Janiero, le forze speciali che operano nelle favelas.

I colleghi lo descrivono come un uomo autoritario, e alcuni raccontano di quanto si vantava nel raccontare di aver picchiato un pedofilo, o della sua attività di investigatore privato, durante la quale avrebbe sparso cimici e gps in alcune macchine.

Cosa ha fatto l’agente Pellegrini

Dalla ricostruzione di ben 21 pagine fatta nell’ordinanza firmata dal gip di Roma Ezio Damizia, il magistrato descrive quanto commesso dall’agente come “uno spregio della funzione pubblica svolta”.

L’autoritarismo si è trasformato in “previcacia” e gli interventi energici sono sfociati in “ un’incapacità di autocontrollo ”. “Pellegrini è aduso a comportamenti aggressivi nell’espletamento dell’attività di servizio”.

Accuse pesanti che fanno il paio con quella di tortura ai danni di Hasib, come emerge dal fascicolo.

Di cosa è accusato l’agente Pellegrini

L’agente della Polizia di Stato Pellegrini è accusato di aver agito “con abuso dei poteri e in violazione della funzione, nel corso dell’attività volta all’identificazione” di Omerovic e con “il compimento di plurime e gravi condotte di violenza e minaccia ” e causato all’uomo, affetto da sordomutismo, “un verificabile trauma psichico, in virtù del quale precipitava nel vuoto dopo aver scavalcato il davanzale della finestra della stanza da letto nel tentativo di darsi alla fuga per sottrarsi alle condotte violente e minacciose in atto nei suoi confronti”.

In poche parole: reato di tortura. Roma Today riporta le parole del gip Ezio Damizia:

“Condotte che lo hanno evidentemente traumatizzato e terrorizzato a tal punto da indurlo a trovare in qualche modo una via di fuga (o comunque un riparo) dalla finestra, sebbene posta a circa otto metri di altezza, al fine di sottrarsi alla situazione di assoggettamento”.

L’agente Pellegrini accusato di tortura

Nell’ordinanza di custodia cautelare spiccata nei confronti dell’agente Pellegrini si legge che le violenze e le minacce sono state compiute ai danni di una persona inerme, quale era Hasib, disabile sordomuto, vittima di un’identificazione anomala che ha assunto caratteri autoritari e, al contempo, mortificanti per la persona.

Pellegri è entrato all’interno dell’abitazione con i suoi colleghi, quindi “immediatamente e senza alcun apparente motivo” ha colpito Omerovic con “due schiaffi nella zona compresa tra il collo e il viso”.

Quindi le minacce: “Non ti azzardare mai più a fare quelle cose, a scattare foto a quella ragazzina” e dopo avere impugnato “un coltello da cucina e lo brandiva all’indirizzo” dell’uomo.

Pellegrini ha poi sfondato la porta della stanza da letto di Omerovic, sebbene quest’ultimo “si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi”.

Una volta dentro la stanza ha costretto il 38enne a sedere su una sedia e dopo avere strappato un filo della corrente del ventilatore “lo utilizzava per legare i polsi di Omerovic brandendo” ancora una volta “all’indirizzo dell’uomo il coltello da cucina, minacciandolo, urlando al suo indirizzo la seguente frase ’se lo rifai, te lo ficco nel c…’” e “lo colpiva nuovamente con uno schiaffo e continuava ad urlare nei suoi confronti, dicendogli ripetutamente ’non lo fare più’”.

La ricostruzione della procura si differenzia da quella fatta dalla sorella di Hasib, quando disse di aver visto i poliziotti che prendevano per le gambe il fratello e lo gettavano di sotto. Al momento, almeno questa parte del racconto non ha trovato conferma.

Ma c’è di più. L’escalation di minacce e percosse, abusi nati da un tam tam di quartiere ed amplificato dai social, ha condotto al tragico epilogo, ma prima Omerovic è stato fotografato mentre era a torso nudo sia durante l’identificazione e quando è stato costretto a rimanere seduto.

Un aspetto che secondo il gip “assume senz’altro un effetto degradante, perché lesivo della dignità della persona. Traspare - si legge nell’ordinanza - l’intento di Pellegrini di infliggere sofferenze gratuite a Omerovic, strumentali alla volontà di punire il soggetto in quanto reo” di aver molestato delle donne per strada, così come appreso su un post su Facebook.

Pellegrini ha agito con metodi violenti, quando avrebbe dovuto muoversi nel rispetto dei doveri da poliziotto in relazione alle presunte molestie.

Cosa rischia l’agente Pellegrini

Il reato di tortura è disciplinato dall’articolo 613 bis del Codice penale, la cosiddetta tortura di Stato, che prevede un aumento di pena, che va da un minimo di cinque ad un massimo di dodici anni di reclusione.

La pena viene commisurata se gli atti violenti vengono commessi da un pubblico ufficiale o da una persona incaricata di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri riguardanti la funzione o al servizio, salvo nel caso in cui - come disposto dal comma terzo - tali sofferenze derivino dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative.

Il comma quarto dell’articolo 613 bis del Codice penale prevede un triplice aumento di pena.

Infatti, se dai fatti del primo comma: deriva una lesione personale la pena è aumentata; deriva una lesione personale grave la pena è aumentata di un terzo; deriva una lesione personale gravissima la pena è aumentata della metà.

La pena aumenta ulteriormente, trent’anni, se la vittima muore in seguito alle violenze subite.

Chi sono altri indagati

Nel fascicolo del gip emergono, oltre a Pellegrini, i nomi di altri 4 poliziotti, anche loro indagati. Per loro l’accusa è quella di falso e depistaggio. Insieme a Pellegrini avrebbero attestato il falso nell’annotazione di servizio redatta dopo l’attività eseguita.

Un poliziotto indagato ha anche ricordato l’atteggiamento tenuto da Pellegrini nei suoi confronti, volto a influenzarlo nel caso avesse avuto intenzione di riferire qualcosa circa l’accaduto, dicendogli che “sarebbe stato meglio non riferire in merito allo sfondamento della porta”.