Battaglione Azov: quando si è formato, chi ne fa parte e perché si è arreso

Battaglione Azov: quando si è formato, chi ne fa parte e perché si è arreso

Dopo 82 giorni di assedio, i militari di Azov sono usciti dall’acciaieria di Mariupol. Verranno scambiati con i prigionieri russi.

Dopo aver difeso strenuamente l’acciaieria Azovstal a Mariupol, gli uomini del battaglione Azov si sono arresi ai russi. Considerati prigionieri di guerra, si attende che Ucraina e Russia decidano per uno scambio: soldati prigionieri russi, in cambio degli “eroi di Mariupol”, ribattezzati così dal Presidente ucraino Volodymyr Zelensky che, su Telegram, ha scritto: “abbiamo bisogno di eroi vivi”.

Ma in Russia, c’è chi li vuole morti. Il deputato russo Leonid Slutski ritiene che i soldati usciti dai sotterranei delle acciaierie meritino la pena di morte e ha proposto di fare per loro un’eccezione alla moratoria sull’applicazione della pena capitale in Russia.

Le bestie vanno processate, a maggior ragione se si provano i loro mostruosi crimini contro l’umanità. Ribadisco la mia proposta: occorre fare un’eccezione nella moratoria sull’applicazione della pena di morte in Russia”, ha scritto sul suo account Telegram.
Insomma, tira una pessima aria, come in ogni guerra del resto.

Ma quando si è formato il battaglione Azov e perché fa così paura?

Battaglione Azov: quando si è formato

Il Battaglione Azov è stato fondato da Andriy Biletsky, un militante neonazista, nel 2014 e solo in seguito inquadrato nella Guardia Nazionale Ucraina.

Azov nasce dall’unione di due compagini paramilitari provenienti dall’estrema destra ucraina, i suoi membri sono vicini agli ideali nazisti e suprematisti. La loro presenza nelle fila delle Forze armate ucraine è uno dei pretesti utilizzati da Vladimir Putin per sferrare l’attacco all’Ucraina, con l’obiettivo di “denazificarla”.

Il battaglione Azov si crea nel contesto delle proteste scoppiate nel 2013 in Ucraina contro l’allora presidente Yanukovych, con l’obiettivo di avvicinare il Paese alla sfera occidentale e svincolarla dal giogo russo.

Le proteste di Piazza Indipendenza furono portate avanti anche dai settori di estrema destra. Nel febbraio del 2014 Yanukovych viene esautorato dal Parlamento: inizia un periodo di forti proteste tra filorussi e filoccidentali, e il Parlamento approva un’amnistia per i prigionieri politici. Tra questi c’era anche Andriy Biletsky, che nel maggio del 2014 fonda il battaglione.

Con lo scoppio del conflitto russo-ucraino, il battaglione viene impiegato nella riconquista di Mariupol, che diventa il proprio quartier generale e l’assedio all’acciaieria e la lotta contro i bombardamenti russi ne sono una dimostrazione.

Battaglione Azov: chi ne fa parte

Azov conta 2.000 arruolati, a questi se ne sono aggiunti molti altri, oltre a “organizzazioni legate al gruppo, il Partito Corpo nazionale e le organizzazioni paramilitari non affiliate all’esercito, si arriva probabilmente a circa 10mila persone” riporta Domani.

Però, bisogna contare le perdite nell’acciaieria sono state ingenti. Il battaglione Azov viene accusato da Mosca di essersi macchiato di crimini di guerra.

Come riporta Fanpage.it, i militari di Azov, si ispirano a ideali neonazisti, xenofobi e prima della guerra, sono stati protagonisti di aggressioni a migranti, omosessuali e antifascisti.

Battaglione Azov: chi è Denis Prokopenko

Con un passato da ultrà della Dinamo Kiev, Denis Prokopenko, soprannominato “Redis”, è stato a capo della resistenza ucraina dentro l’acciaieria Azovstal di Mariupol. Classe 1991, Redis si è laureato presso il Dipartimento di filologia germanica dell’Università di Kiev, dove ha conseguito una laurea con specializzazione nell’insegnamento della lingua inglese.

La sua famiglia è di origine etnica finnica-careliana e suo nonno fu l’unico sopravvissuto allo sterminio operato dall’Armata rossa nella guerra russo-finnica del 1939. Dopo la pace, la Carelia fu annessa all’Unione sovietica.

Un passato che Prokopenko considera legato alla sua lotta per l’Ucraina, come dichiarato: “Sembra che io stia continuando la stessa guerra, solo su un altro pezzo del fronte, una guerra contro il regime di occupazione del Cremlino....

Battaglione Azov: i presunti crimini di guerra

La Russia accusa i militari del battaglione Azov di essersi macchiati di crimini di guerra. Come ricorda Micromega, secondo i rapporti dell’OSCE e dell’Alto Commissariato per i diritti umani dell’ONU, gli uomini di Azov avrebbero massacrato, stuprato e assassinato civili nelle regioni del Donbass a partire dalla crisi del 2014 e negli anni seguenti, beneficiando della più totale impunità da parte di Governo e Forze armate ucraine.

Così ben voluto dal governo ucraino che Azov è stato osannato dal Ministro degli Interni, a cui fa capo, dopo le rivolte di Maidan di otto anni fa per aver fronteggiato i separatisti filo-russi.

Secondo Al Jazeera e Open Democracy, a finanziare il battaglione Azov ci sono stati a lungo due oligarchi: Igor Kolomoisky, magnate dell’energia e all’epoca dei fatti di Maidan, governatore della regione di Dnipropetrovska; e Serhiy Taruta, ricchissimo governatore della regione di Donetsk. Entrambi uomini delle istituzioni ucraine.

Secondo un rapporto del 2016 dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite (OCHA), il reggimento Azov avrebbe ripetutamente violato il diritto umanitario internazionale.

Il periodo preso in considerazione è quello che va dal novembre 2015 a febbraio 2016 in cui Azov aveva saccheggiato edifici civili, commesso violenze sessuali e torture nei confronti di detenuti della regione del Donbass.

Battaglione Azov: in che rapporti è con l’Occidente e gli USA

Dapprima osteggiato dall’Amministrazione Obama, come riporta Jerusalem Post, Azov venne poi sostenuto, almeno fino al 2018, anno in cui, il congresso USA ha vietato qualsiasi sostegno ad Azov e ad altri gruppi legati all’estrema destra. Da quel momento in poi i neonazisti ucraini non si sarebbero più addestrati a fianco delle truppe dell’alleanza NATO, almeno fino all’invasione russa.

Battaglione Azov: i rapporti con Zelensky

Anche qui, è accaduto come con gli Stati Uniti. I militari del battaglione, alla luce anche dei loro ideali filonazisti, non hanno mai visto di buon grado la politica di Zelensky, contestualmente alle sue origini ebraiche.

Più volte, Azov avrebbe minacciato un golpe se l’Ucraina avesse ceduto alle pressioni russe.

Ma si sa, la guerra stravolge tutto ed archivia anche episodi come quello del 2019 in cui Prokopenko si rifiutò di fare il saluto militare al Presidente dopo che questi gli aveva conferito la Medaglia dell’Ordine di Bohdan Khmelnytsky. La cosa generò polemiche che il battaglione Azov giustificò spiegando che il loro regolamento impedisce di offrire il saluto ai civili, inclusi i politici.

A marzo 2022, lo stesso Zelensky gli ha conferito una medaglia ancor più prestigiosa: il titolo ufficiale di “Eroe ucraino” con l’Ordine della Croce d’Oro.

Pace fatta, quindi? Non è mai così semplice in politica e in guerra e Zelensky non ha interesse a mettersi contro Azov.

Battaglione Azov: i richiami al Terzo Reich

Sebbene l’unità abbia negato di aver in qualche modo dei legami con l’ideologia nazista, i simboli che sfoggiano sulle uniformi militari non lasciano spazio a dubbi. Ad esempio, come riporta Fanpage.it viene sfoggiata la Wolfsangel, simbolo della Germania Nazista prima della svastica adottato da svariate unità militari, comprese SS.

Battaglione Azov: perché si sono arresi

In un annuncio postato sui social, il comandante del reggimento Azov, Denis Prokopenko, ha dichiarato che l’obiettivo è stato completato e di voler salvare la vita dei suoi sottoposti:

“i difensori di Mariupol hanno completato l’ordine, nonostante tutte le difficoltà, per 82 giorni hanno respinto le forze nemiche e consentito all’esercito ucraino di raggrupparsi, addestrare altro personale e ricevere un gran numero di armi dai Paesi partner”.

Da qui, la decisione di uscire dall’acciaieria e consegnarsi ai russi, contando nel sostegno del popolo ucraino.

Quando hai eseguito il compito dato e hai preservato le vite delle persone, hai raggiunto il livello più alto del comandare l’esercito, specialmente quando la tua decisione è stata approvata dalla dirigenza militare del Paese” ha aggiunto il comandante del reggimento Azov.

La Russia ha fatto sapere che sono stati evacuati 264 soldati ucraini, di cui 53 gravemente feriti i quali, dopo aver “deposto le armi ed essersi arresi”, sono ora “prigionieri” di guerra.

I soldati sono stati condotti nella cittadina di Novoazovsk, a una cinquantina di chilometri da Mariupol. Altri 211 combattenti evacuati dall’impianto saranno portati a Olenivka, attraverso corridoi umanitari, e lì scambiati con prigionieri di guerra russi, ha reso noto il ministero della Difesa di Kiev. Nell’acciaieria restano ancora dei combattenti, non è chiaro in che numero.

La vicepremier ucraina, Iryna Vereshchuk, ha assicurato che Kiev sta lavorando “alle prossime fasi dell’operazione umanitaria”.

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