Alberto Stasi: chi è, cosa fa oggi e perché è stato condannato

Alberto Stasi: chi è, cosa fa oggi e perché è stato condannato

Alberto Stasi è l’unico accusato per l’omicidio dell’ex fidanzata Chiara Poggi. Attualmente sta scontando la pena a 16 anni e lavora come centralinista nel penitenziario di Bollate.

Il 13 agosto 2007, l’Italia intera conobbe Alberto Stasi e venne a conoscenza del delitto di Garlasco, dove trovò la morte Chiara Poggi, fidanzata di Stasi, condannato, a termine di un processo molto lungo, a 16 anni di carcere che sta scontando nel penitenziario di Bollate.

Nella puntata delle Iene di questa sera, in onda su Italia1, viene ripercorsa l’intera vicenda. A sette anni dal suo arresto e dopo una condanna definitiva, Stasi si professa innocente.

Lo speciale, dal titolo ’Delitto di Garlasco: la verità di Alberto Stasi’ (una puntata interamente dedicata a uno dei casi di cronaca nera più discussi nel nostro Paese) pone l’accento sull’ex fidanzato di Chiara Poggi, assassinata nella villetta della sua famiglia in un piccolo e tranquillo paese in provincia di Pavia.

Fin da subito, Stasi viene iscritto nel registro degli indagati. Nel 2015, a otto anni dal delitto e dopo essere stato riconosciuto innocente per due volte, al quinto grado di giudizio, Alberto Stasi viene condannato a 16 anni di prigione.

“Perché ho deciso di parlare oggi? Per dare un senso a questa esperienza - dice Stasi alle Iene -perché certe cose non dovrebbero più accadere. Se una persona vive delle esperienze come quella che ho vissuto io questa deve essere resa pubblica, a disposizione di tutti, e visto che ho la possibilità di parlare lo faccio, così che le persone capiscano, possano riflettere e anche decidere, voglio dire, se il sistema che c’è va bene oppure se è opportuno cambiare qualche cosa. ”

Chi è Alberto Stasi e perché è stato, fin da subito, l’unico indiziato per l’omicidio Poggi?

Alberto Stasi: chi è

Apparso sempre come un ragazzo timido e riservato, Alberto Stasi era uno studente di Economia alla Bocconi. Figlio unico, il padre è un imprenditore nella zona di Pavia.

Nel 2005, si fidanza con Chiara Poggi. Una vita normale, tranquilla, finché il 13 agosto 2007 viene sconvolta dalla morte di Chiara. Fin da subito la madre di Poggi prende le difese di Stasi; sebbene le indagini continuino e, nel frattempo, Alberto si laurea in Economia e Commercio.

Le indagini portano alla scoperta di alcuni filmini hard e di materiale pedopornografico sul computer dell’ex bocconiano che macchiano la sua immagine di bravo ragazzo di provincia.

Da qui, prende un lungo periodo fatto di deposizioni, ricostruzioni, processi, fino alla condanna definitiva.

Alberto Stati: perché è stato indagato

Fin dall’inizio, le indagini degli inquirenti si concentrano su Alberto. Dopo una serie di rilievi, con l’intervento dei Ris di Parma e una bici incriminata sulla quale venne ritrovato il DNA della vittima, infrangono il muro di tranquillità di Stasi. Ma andiamo con ordine.

Il delitto di Garlasco si compone di alcune tappe fondamentali che spingeranno la Corte di Cassazione, nel 2015, ad emettere la sentenza definitiva.

  1. La prima è il 13 agosto 2007: data della morte di Chiara Poggi, laureata in Economia e impiegata, ritrovata senza vita nella villetta dove viveva con i suoi familiari, a Garlasco. La 26enne è sola in casa, la famiglia e il fratello erano partiti per le vacanze;
  2. A ritrovare il corpo senza vita della giovane è il fidanzato, Alberto Stasi;
  3. Dalle prime ricostruzioni, gli inquirenti giungono alla conclusione che Chiara conoscesse il suo assassino. La giovane indossava un pigiama ed ha aperto la porta di casa, dal momento che non sono stati ritrovati segni di effrazioni;
  4. Stasi diventa l’unico sospettato per una serie di motivi. Ad inchiodarlo, secondo gli inquirenti, sono:
  • Eccessiva pulizia delle scarpe e dei vestiti dove non vengono ritrovate tracce di sangue;
  • Incongruenze delle sue testimonianze.

A completare il quadro, due bici di cui una con i pedali dell’altra e sui quali sono state trovate tracce ematiche della vittima.

L’arresto scatta il 24 settembre 2007, ma viene scarcerato dopo 4 giorni dal giudice Giulia Pravon per insufficienza di prove.

La sua vicenda processuale è stata molto travagliata: inizialmente assolto in primo grado e in appello, la Cassazione annullò la sentenza e poi in un nuovo processo d’appello fu condannato a 16 anni (con lo sconto per il rito abbreviato), decisione infine confermata dalla Suprema Corte nel 2015. In seguito, ha provato per tre volte a rimettere in discussione in verdetto con due richieste di revisione e un ricorso straordinario per errore di fatto, tentativi tutti naufragati.

Nel giugno 2020 il legale di Stasi, Laura Ponciroli, ha depositato “una articolata richiesta di revisione della sentenza che ha condannato a 16 anni di reclusione Alberto Stasi per la tragica morte di Chiara Poggi”. Ha aggiunto anche che “sono stati individuati e sottoposti al vaglio della competente Corte di Appello di Brescia elementi nuovi, mai valutati prima, in grado di escludere, una volta per tutte, la sua responsabilità”.

Alberto Stati: cosa fa oggi

Attualmente, Stasi si trova nel carcere di Bollate dove sta scontando la sua pena per l’omicidio dell’ex fidanzata Chiara Poggi. Dopo i fatti e prima del carcere, Alberto si è avvicinato ad una ragazza di nome Serena che lo ha supportato durante le udienze in tribunale.

Il ragazzo all’interno della prigione ha ottenuto un lavoro da centralinista, con il quale guadagna circa 1000 euro al mese.

Inoltre, nel 2018 Alberto ha ricevuto 9mila euro di risarcimento da Maria Grazia Montani, amministratrice della pagina Facebook “Delitto di Garlasco, giustizia per Chiara Poggi”, per aver ripetutamente insultato Alberto quando il processo era ancora in corso.

Stasi era stato anche condannato a versare un milione di euro alla famiglia Poggi, cosa che però stando alle ultime notizie non avrebbe intenzione di fare.

Alberto Stasi: le parole alle Iene

Nell’intervista rilasciata ad Alessandro De Giuseppe e Riccardo Festinese delle Iene, Stasi ha ribadito che “nell’immaginario comune un innocente in carcere è un qualcuno che soffre all’ennesima potenza. Per me non lo è, semplicemente perché la mia coscienza è leggera. Alla sera quando mi corico io non ho nulla da rimproverarmi”.

Stasi ripercorre le tappe di quanto accaduto, dal primo interrogatorio al primo arresto: “Ero spaventato ma anche abbastanza sereno, quella tranquillità di chi ha la convinzione di potere chiarire le cose”.

Alessandro De Giuseppe gli chiede se ha già progetti per quando uscirà dal carcere: “Oggi ho 38 anni e ho in mente di mettere a frutto tutte le esperienze negative che ho vissuto, un bagaglio conoscitivo che non può essere acquisito diversamente”.

Infine, la stoccata ai giudici: “Se si decide di intraprendere un certo lavoro, una certa carriera, deve essere fatto in modo coscienzioso perché poi anche lì entrano dinamiche normali, di lavoro. La carriera, l’ambizione, il posto in un’altra sede, tutte cose che non dovrebbero avere nulla a che fare con la giustizia”.