Perché è stato arrestato Matteo Falcinelli

Perché è stato arrestato Matteo Falcinelli

Perché Matteo Falcinelli è stato arrestato a Miami? La versione della famiglia contro quella degli agenti, mentre l’avvocato chiede l’intervento delle autorità italiane.

Matteo Falcinelli, studente italiano di 25 anni, è stato arrestato a Miami nel mese di febbraio in circostanze particolari. La versione del giovane, supportata dai numerosi video in circolazione, pare infatti scontrarsi con quella fornita dagli agenti statunitensi, non soltanto per le motivazioni dell’arresto ma anche - e soprattutto - per le modalità violente con cui è stato eseguito.

La mamma del giovane, supportata dall’avvocato fiorentino Francesco Maresca, sta cercando di far luce sulla vicenda, chiedendo l’intervento delle autorità italiane per ottenere giustizia. Ai poliziotti che si sono occupati del caso sono mosse accuse molto pesanti, a cominciare dall’utilizzo di metodi impropri e violenti, che stanno scatenando l’indignazione dei Giuristi Democratici e della politica.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani si sta occupando del fatto insieme all’ambasciata Usa a Roma, che ha rimandato la questione alle autorità italiane. Prima che si sbrogli questa vicenda giuridica ci vorrà tempo, essendo necessario il coordinamento con le autorità oltreoceano e la massima delicatezza richiesta da un tema come quello dei diritti umani. Intanto continuiamo a vedere video e immagini di un trattamento brutale, facendo nascere spontaneamente una domanda: cosa avrà mai fatto Matteo Falcinelli? Perché è stato arrestato?

Perché è stato arrestato Matteo Falcinelli

Matteo Falcinelli è stato arrestato e poi processato negli Stati Uniti con l’accusa di violazione di domicilio, opposizione all’arresto e resistenza a pubblico ufficiale. Il tutto riguarda il tentativo del giovane di rientrare in un bar da cui era stato allontanato per recuperare degli effetti personali. Questa narrazione generica è l’unica che si adatta alle varie informazioni discordanti sulla vicenda, ma se si guardano le dichiarazioni dell’interessato, quelle degli agenti di polizia che hanno effettuato l’arresto e i contenuti dei video appaiono realtà molto differenti.

Ovviamente non è possibile dire quale delle interpretazioni sia corretta, per quanto evidenti, i video mancano comunque di contesto e completezza, bisognerà attendere il responso delle autorità. Possiamo però evidenziare gli elementi dissonanti, talvolta decisamente inverosimili.

Le versioni a confronto e le accuse di tortura

Iniziamo con la versione degli agenti di polizia, secondo i quali l’allontanamento dal bar sarebbe dovuto al comportamento di Matteo all’interno del locale, che infastidiva i presenti in modo inopportuno tanto da sollecitare il loro intervento. Lo studente si sarebbe opposto, tentando di rientrare nel bar per riprendersi una somma di denaro, facendo resistenza.

La versione di Matteo, riportata dalla mamma e dai legali, vede invece la vicenda ruotare intorno alla scomparsa di due telefoni cellulari appartenenti allo studente. Potrebbe averli smarriti o potrebbero essergli stati sottratti all’interno del bar, ma sarebbe stato proprio il tentativo di ritrovarli a causare “fastidio” e determinare l’allontanamento dal locale.

Avrebbe quindi trovato la polizia ad aspettarlo fuori intimandogli di andarsene, mentre avrebbe cercato di rientrare per recuperare i telefoni (violazione di domicilio) e di spiegare agli agenti la situazione (opposizione all’arresto). Non avrebbe aggredito gli agenti, seppur usando toni accesi per l’apprensione e toccando il badge di uno di loro con un dito. Va detto che il video mostra i cellulari (non menzionati nel verbale) e che gli agenti non si sono presentati in tribunale per la conferma delle accuse.

Di fatto è questa parte antecedente su cui si concentra la maggior parte dei dubbi, dato che per quanto concerne alcune modalità dell’arresto e del successivo fermo i video sono esaustivi, dal giovane immobilizzato faccia a terra con la famigerata tecnica “ginocchio sul collo” (knee-to-neck-move), alla sua detenzione per 13 minuti con i polsi ammanettati dietro la schiena collegati alla cinghia che immobilizzava le caviglie. Certamente sarà ancora da valutare l’eventuale motivazione, ma non c’è dubbio che queste azioni si siano verificate e che contrastino con un trattamento dignitoso. Così come le ripercussioni psicologiche e fisiche riportate da Matteo documentati dagli ospedali che gli causano notevoli disagi nella vita quotidiana.