Le migliori auto della storia dei Carabinieri

Le migliori auto della storia dei Carabinieri

Ripercorriamo la storia della mobilità dei Carabinieri: le auto d’epoca e i veicoli più iconici del comparto.

La storia dell’Arma dei Carabinieri non inizia direttamente con i mezzi a motore, infatti la loro formazione risale al 13 luglio 1814, anche se in precedenza, fino al 1946, il nome del corpo era quello di Carabinieri Reali.

La storia automobilistica dell’Arma dei Carabinieri da fa specchio alla storia automobilistica italiana, con la quale ha condiviso e condivide dei marchi simbolo della penisola. Tra tutte sicuramente la più iconica collaborazione è quella tra Alfa Romeo e Carabinieri.

Solo in seguito l’Arma dei Carabinieri si è dotata di auto straniere, ma ancora oggi una buona parte dei mezzi a disposizione sono tutti italiani. In tutti i casi è il blu tipico del Corpo e le strisce rosse a rendere ogni vettura riconoscibile a un primo sguardo. Scopriamo insieme quali sono le migliori auto della storia dei Carabinieri e i modelli che sono diventati iconici.

La storia dei migliori mezzi dei Carabinieri: dalla Balilla alla fine del secondo conflitto mondiale

Dopo aver raccontato la storia delle vetture in dotazione alla Polizia, approfondiamo anche la mitica storia delle auto più iconiche dei Carabinieri.

La storia delle auto dei Carabinieri è fatta di automezzi storici e indimenticabili, a partire dalla motocarrozzetta, in uso fino al 1931. Ma sarà nel 1932 che l’auto, il mezzo di trasporto più usato in assoluto, inizia la sua storia accanto a quella dell’Arma dei Carabinieri.

La prima auto di servizio fu la Balilla 508. Motore quattro cilindri per una potenza di 20 cavalli. Vennero prodotte altre due versioni, la Berlina due porte e la Spider, con un motore capace di generare fino a 28 cavalli. E proprio su quest’ultimo modello i Carabinieri puntarono per dotarsi ai autovetture veloce e con consumi limitati.

Nel corso degli anni si susseguirono tutti i modelli della Balilla, dalla 508 C, detta anche Balilla 1100 o Fiat 1100 che poteva raggiungere i 32 cavalli.

La storia dei migliori mezzi dei Carabinieri: dalla fine del conflitto ai giorni nostri

Con la fine del Secondo Conflitto Mondiale (1945) e il ritorno a una produzione non bellica il comparto industriale automobilistico poté riprendere a proporre nuovi modelli di autovetture.

Per l’Arma dei Carabinieri bisognava recuperare terreno, letteralmente e mettere le mani su nuovi mezzi, visto che per tutto il Paese c’era a disposizione solo 466 auto e poco meno di 1.000 motociclette.

La FIAT si lasciò influenzare dalla Jeep, mezzo utilizzato durante il conflitto, per produrre un auto robusta e capace su diverse tipologie di terreno. Fu l’uscita della Campagnola nel 1951 a colmare il vuoto della Jeep bellica. Con motore 4 cilindri (diesel o benzina), disponeva di ben 53 cavalli, per una velocità di 85-100 km/h.

Nello stesso periodo i Carabinieri si dotarono dell’Alfa Romeo M, soprannominata anche “matta” che montava uno dei primi strumenti di radiocollegamento.

Con la sempre maggiore disponibilità di auto anche per i criminali, i Carabinieri dovettero dotarsi di auto sempre più veloci e affidabili. Fu così che venne adottata, non appena finì sul mercato, la mitica “Giulia” dell’Alfa Romeo.

La storica Alfa Romeo Giulia disponeva di un motore bialbero 4 cilindri in linea, due carburatori orizzontali e potenza di 95 CV, 5 marce (tutte sincronizzate) più retromarcia. Poteva raggiungere la velocità massima 170 Km/h.

Sulla scia della Giulia, nella doppia versione ’ti’ e ’Super’, si succedettero nel Servizio Radiomobile l’Alfetta (prima e seconda serie), l’Alfa 75, l’Alfa 90, la Toyota Carina 2, l’Alfa 155, la Fiat Brava 1600 e l’attuale Alfa 156.

La storia dei migliori mezzi dei Carabinieri: le auto moderne più veloci e sicure

In tempi decisamente più moderni l’Arma dei Carabinieri è stata dotata di due mezzi d’eccezione. La Lotus Evora S, V6 3.5 litri che arriva a toccare i 227 km/h, è in dotazione a solo due città: Milano e Roma.

In ultimo, un altro mezzo è decisamente “importante” (anche solo per l’aspetto massiccio e robusto che ricorda i primi utilizzi delle Jeep) ovvero imponente SUV è mosso da un 3.0 litri V6 turbodiesel da 190 cavalli: la Jeep grand Cherokee.