Lavoro in nero per chi prende il Reddito di Cittadinanza: le sanzioni

Lavoro in nero per chi prende il Reddito di Cittadinanza: le sanzioni

Ecco una guida sulle sanzioni civili e penali in cui rischia di incorrere un fruitore del sussidio che lavora in nero.

Chi percepisce il Reddito di cittadinanza non può lavorare in nero. I rischi implicano la perdita e la revoca del beneficio del RdC.

Ecco una guida sui casi in cui si rischiano la perdita e la revoca del Reddito di cittadinanza, ma anche tutte le norme inerenti alle sanzioni civili e penali in merito di dichiarazioni non corrispondenti alla realtà o qualora si lavori in nero pur percependo il sussidio.

Le sanzioni per chi lavora in nero col Reddito di cittadinanza

Coloro che sono trovati a svolgere prestazioni di lavoro in nero durante il periodo di ricezione del Reddito di cittadinanza rischiano di incorrere in primis in sanzioni penali. Lo svolgimento del lavoro nero in questi casi è punito con la reclusione da 2 a 6 anni.

In base a quanto previsto dal decreto legge n. 4/2019 che è stato convertito nella legge n. 26/2019, i lavoratori in nero possono incorrere nella perdita del beneficio del Reddito di cittadinanza percepito indebitamente, dopo che dall’Inps avvenga l’accertamento del fondamento della richiesta di sussidio.

Anche nel caso in cui un familiare di chi percepisce il Reddito di cittadinanza è sorpreso a lavorare in nero o a svolgere qualunque tipo di attività di collaborazione coordinata o continuativa in assenza delle comunicazioni corrispettive per obbligo di legge, il sussidio RdC può essere sospeso.

Perdita e riduzione di importo del Reddito di cittadinanza

La perdita o la riduzione del Reddito di cittadinanza può avvenire nei seguenti casi:

  • omissione della DID, ossia la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro;
  • mancata sottoscrizione del Patto per il lavoro o del Patto per l’Inclusione sociale;
  • mancata partecipazione a formazioni, riqualificazioni o iniziative di politica attiva o attivazione;
  • mancato svolgimento di ore previste dal Comune per l’attività pubblica;
  • non si accetta la prima offerta di lavoro congrua;
  • omissione della variazione eventuale della condizione occupazionale;
  • omissione nella presentazione della DSU in caso di variazioni nel nucleo familiare;
  • se si viene trovati a svolgere attività di lavoro indipendente, autonomo o di impresa, senza averlo comunicato.

Quando c’è la reclusione

La reclusione per la violazione delle leggi sul Reddito di cittadinanza è prevista nei seguenti casi:

  • dichiarazioni e documenti falsi (da 2 a 6 anni);
  • documentazioni attestanti il falso (da 2 a 6 anni);
  • omissione di informazioni (da 2 a 6 anni);
  • mancata comunicazione della variazione di reddito o patrimonio (da 1 a 3 anni);
  • omissione di altre informazioni rilevanti (da 1 a 3 anni).

A questo si aggiunge eventualmente il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, secondo l’art. 640 bis del Codice Penale, con il quale scatta la revoca del sussidio con efficacia retroattiva e l’obbligo di restituire l’intera somma percepita.

Ulteriori decurtazioni sul Reddito di cittadinanza

Non solo revoca, ma anche decurtazioni nei seguenti casi:

  • mancata presenza al Centro per l’Impiego - decurtazione di 1 mensilità al primo richiamo, 2 mensilità al secondo, decadenza del reddito alla terza assenza;
  • mancata presenza all’Orientamento - decurtazione di 2 mensilità del RdC, decadenza del sussidio al secondo avviso;
  • violazione dei Patti - decurtazione di 2 mensilità al primo richiamo, 3 mensilità al secondo richiamo, 6 mensilità al terzo e poi, decadenza del beneficio al quarto.

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