Perché la crisi a Cuba ricorda la “Guerra fredda”

Perché la crisi a Cuba ricorda la “Guerra fredda”

È in corso a Cuba la più grande protesta di massa degli ultimi 30 anni. Tra crisi economica e Covid-19, Cuba diventa terreno di scontro tra USA, Russia e Cina.

Patria y vida”; Patria e vita. È lo slogan del popolo cubano che da giorni è sceso in piazza per manifestare contro il regime e contro il Presidente Miguel Diaz-Canel.

La crisi economica, il Covid-19 e la politica di austerity ancora in atto, lanciata da Fidel Catro 30 anni fa all’indomani della disgregazione dell’Unione Sovietica, hanno ridotto gli abitanti di Cuba allo stremo.

Una delle più grandi crisi che Cuba sta affrontando, dopo quella dei "missili" del 1962, che risente e ricorda ancora il clima della "Guerra fredda". Infatti, non per la prima volta, la crisi dello stato cubano diventa terreno di scontro tra le tre maxi-potenze mondiali: Stati Uniti, Russia e Cina.

La crisi, le proteste: cosa sta accadendo a Cuba

Trent’anni fa Fidel Castro, davanti allo stop degli aiuti sovietici, in seguito alla dissoluzione dell’URSS, rilanciò una politica di austerity "Periodo especial". Un’austerità necessaria per la sopravvivenza della patria e per la realizzazione della Revolucion. Lo slogan era “Patria o muerte”.

Negli ultimi due anni, però, la situazione è precipitata: sono aumentate le deprivazioni e altri fattori hanno contribuito alla crisi cubana.

L’emergenza sanitaria, l’embargo degli Stati Uniti, la crisi del Venezuela - che non può garantire barili di greggio - hanno catalizzato il malcontento. Impossibile contenere ora il dissenso della popolazione.

Si sono rivelate insufficienti le riforme annunciate dal Presidente Diaz-Canel, spesso nemmeno mantenute. La risposta alle proteste non si è fatta attendere: autocarri blindati con mitragliatrici sono scese in piazza.

Secondo il Presidente però la protesta non è spontanea. Ci sarebbe un “grande attore” che muove le pedine sulla scacchiera: gli Stati Uniti.

Le accuse di Diaz-Canel: dietro le proteste di Cuba c’è l’America

Gli Stati Uniti vogliono provocare disordini sociali

Sarebbero queste le parole del Presidente Diaz-Canel riguardo alle proteste che agitano il paese. Secondo il governo cubano, infatti, dietro le manifestazioni si celerebbe la mano della Cia americana, ricordando il periodo della guerra fredda, in cui America e Russia si nascondevano dietro i disordini sociali e le guerre in altri paesi.

Il clima di tensione tra l’America e Cuba non si è mai definitivamente sciolto. Dopo la “crisi dei missili”, del 1962, ancora oggi vige un embargo su Cuba. Embargo a cui il presidente Biden avrebbe dato un altro giro di vite aggravando la crisi.

La risposta di Biden alla crisi di Cuba

La campagna elettorale del Presidente Joe Biden è ruotata attorno all’importanza dei diritti universali, riproponendo gli Stati Uniti come difensori dei diritti umani. Davanti alle proteste di Cuba, quindi, la Casa Bianca non si è tirata indietro e ha replicato duramente:

Gli Stati Uniti chiedono libertà di espressione e di riunione a Cuba e condannano fermamente qualsiasi atto di violenza o volto a prendere di mira manifestanti pacifici che esercitano i loro diritti universali.

Il tweet del Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan ha provocato forti dissensi da parte delle autorità governatrice cubane. Secondo il ministro degli Esteri cubano Bruno Rodríguez gli USA non avrebbero autorità politica, e soprattutto morale, per parlare di Cuba:

Il suo governo ha stanziato centinaia di milioni di dollari per promuovere la sovversione nel nostro Paese e attua un blocco genocida, che è la causa principale delle scarsità economiche

Sulla crisi di Cuba interviene il Cremlino

Se gli Stati Uniti sono scesi in campo non poteva tardare l’ex alleato di Cuba: la Russia.

La portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova parlando della situazione politica a Cuba ha voluto mettere in guardia: per la Russia è inaccettabile qualsiasi forma d’interferenza esterna negli affari interni di uno Stato o “di qualsiasi azione distruttiva che incoraggi la destabilizzazione della situazione sull’isola”.

Il grande alleato di Cuba: la Cina

Il sostegno più atteso dall’establishment cubano è stato quello della Cina. Dagli anni ’60, infatti, la Cina è stato uno dei primi attori con cui Cuba ha intrapreso un rapporto diplomatico.

Negli anni la Cina, grazie al turismo e non solo, ha sostenuto Cuba. Durante la pandemia ha richiesto, ad esempio, una squadra di medici sul campo cinese. Il governo di Pechino ha dunque espresso un fermo sostegno a Cuba nella lotta al Covid-19 e ha chiesto agli Usa la revoca dell’embargo.

È proprio sull’embargo che insiste la Cina:

L’embargo è la causa principale della carenza di medicinali ed energia. [...] Washington deve revocare del tutto l’embargo e svolgere un ruolo positivo perché il popolo cubano superi la pandemia.

Il clima di scontro diplomatico non è passato inosservato e se ai molti può sembrare il copione degli scontri all’epoca della guerra fredda, gli analisti hanno confermato che si può parlare a tutti gli affetti una proxy war.

I riflettori ormai sono accesi, bisogna solo aspettare l’evoluzione della protesta.

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