Covid, le Regioni più a rischio: i contagi aumentano di nuovo

Covid, le Regioni più a rischio: i contagi aumentano di nuovo

I contagi di Covid19 aumentano di nuovo: le Regioni più a rischio e le previsioni per obbligo di mascherine e vaccini.

Nel corso di questa settimana l’incidenza Covid ha subito un forte aumento, come dimostrato dal report dell’Istituto Superiore di Sanità, passando dai 215 casi ogni 100mila abitanti, registrati la settimana scorsa, ai 325 casi. Così come è avvenuto durante i vari picchi dell’epidemia Covid19, il virus non si diffonde in modo omogeneo e mette alcune Regioni più a rischio di altre.

Non solo contagi, ma anche ricoveri in aumento, dal 5,3% al 6%, mentre le terapie intensive rimangono stabili. Nonostante l’indice di trasmissibilità, che si basa sui dati dei ricoveri, sia sotto la soglia pandemica, è comunque in salita: dallo 0,85 del 13 settembre è passato allo 0,95 il 20 settembre.

Le Regioni più a rischio con l’aumento dei contagi

Sono cinque in particolare le Regioni classificate ad alto rischio per questa nuova ondata di contagi di Covid19. Si tratta della provincia autonoma di Bolzano, dell’Umbria, della Valle d’Aosta, della Calabria e del Friuli Venezia Giulia. Ognuna di queste ha superato la massima soglia di allerta del 10% per quanto riguarda i ricoveri ospedalieri per coronavirus.

Le province autonome di Trento e Bolzano sono poi le più colpite, registrando una soglia di incidenza dei casi quasi doppia rispetto alla media nazionale. Nel dettaglio, a Trento i casi sono 637,6, mentre a Bolzano 633. Al terzo posto per incidenza si trova poi il Veneto, con 557 casi ogni 100mila abitanti.

Sono proprio queste le Regioni più preoccupanti secondo il report dell’Iss e del Ministero della Salute, che proseguono i monitoraggi periodici. A destare l’allarme è l’aumento di ricoveri ordinari, che ha mostrato un’inversione di tendenza rispetto alle scorse settimane. Visto comunque l’andamento stabile dei ricoveri in terapia intensiva, il direttore generale dell’Oms ha ribadito che si tratta di un decorso normale.

La pandemia ha ormai terminato il suo apice e queste risalite rappresenterebbero una scia del tutto fisiologica, visti gli alti tassi di diffusione toccati nel corso degli ultimi due anni. Anche Francesco Vaia, direttore generale dell’Inmi Spallanzani di Roma, ha dichiarato di essere d’accordo con l’opinione dell’Oms, oltre che di confidare sul buon senso dei cittadini.

I contagi aumentano di nuovo: quali prospettive?

Le prospettive per il futuro sanitario non sono delle più rosee, anche se ancora lontane dai picchi registrati durante la pandemia. Le cinque Regioni ad alto rischio hanno presentato molteplici allerte di resilienza ma le restanti non sono da meno. Tutte le altre Regioni, infatti, hanno almeno un’allerta, classificandosi quindi come Regioni a rischio moderato.

Nonostante la situazione appaia preoccupante a livello medico e ospedaliero, non sembrano esserci le basi per un nuovo ritorno epidemico. La prevista scadenza dell’obbligo di indossare le mascherine sui mezzi pubblici non cambia, pertanto dal 1 ottobre l’obbligo decadrà.

Per quanto riguarda invece le strutture sanitarie, il Ministro della Salute Roberto Speranza ha stabilito una proroga di un mese per l’obbligo delle mascherine, al fine di tutelare in un momento così delicato sia gli operatori che i pazienti.

La curva dei contagi: Omicron in crescita

È in particolar modo la variante Omicron 5 a circolare in maniera più abbondante, costituendo buona parte dell’aumento segnalato dalla curva dei contagi. Da un lato vi è l’esempio fornito dall’Inghilterra, con un aumento dei casi del 30%. D’altro canto anche per gli esperti è difficile fare previsioni accurate, data la possibilità di nuove varianti.

La situazione secondo i virologi merita attenzione e prudenza, ma non è allarmante come potrebbe sembrare. Per l’arrivo dell’autunno, infatti, era stato previsto un aumento dei contagi unito alla diffusione dell’influenza stagionale. Secondo Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene all’Università di Milano e direttore dell’Istituto Galeazzi, l’arma di difesa migliore restano i vaccini, fondamentali per la protezione dei soggetti a rischio.

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