Cosa succede se la Russia taglia il gas all’Italia?

Cosa succede se la Russia taglia il gas all'Italia?

L’Italia ha bisogno del gas naturale proveniente dalla Russia. La crisi energetica tocca il suo picco con la guerra in Ucraina. Si cercano soluzioni alternative.

Se la Russia dovesse chiudere i rubinetti del gas, l’Italia si ritroverebbe tra le mani un bel problema: la crisi energetica. Si sta cercando di correre ai ripari, ma questi ripari sono sporchi di carbone e olio combustibile. Il ritorno all’utilizzo di centrali a carbone e a olio combustibile, in una fase di emergenza come questa, segna comunque un passo indietro ampio e vacillante per il raggiungimento della tanto agognata, quanto discussa, transazione ecologica.

Non c’è molto altro da fare, sembra dire Mario Draghi durante il Consiglio dei ministri che avvia un nuovo Stato di emergenza. L’Italia non si è resa autonoma in passato, non lo ha fatto neanche quando gli indizi dell’invasione - e la conseguente guerra - erano evidenti, di certo non può farlo ora e nell’immediato. La risposta, che non piace ad ambientalisti e non, è una sorta di “pronto soccorso energetico” che passa proprio dalle centrali a carbone. Le stesse (7 in totale) che l’Italia stava chiudendo o parzialmente chiudendo.

L’autonomia energetica è essenziale, ma non immediata. L’Italia infatti importa gran parte del gas di cui ha bisogno proprio dalla Russia (43,3%) e il resto da una serie di altri Paesi, come Algeria, Libia, Qatar e Norvegia. L’Italia da sola, per sé, produce meno del 10%. Così, per occuparsi di un “rischio imprevisto”, sono state attuate tutta una serie di mosse per ridurre i consumi, massimizzare gli impianti di energia elettrica e di gas.

Italia senza gas: la corsa all’energia alternativa (non ecologica)

La guerra in Ucraina la sentiamo vicina. Non solo perché geograficamente è più vicina a noi e gli orrori della guerra più facilmente riescono a giungere alle nostre orecchie rispetto alle altre guerre in corso nel mondo; la paura del conflitto è accompagnata dalla possibilità che questo, prima o poi arrivi da noi. Ma non serve temere fucili e bombe, il nostro Paese sta già subendo delle conseguenze: la crisi energetica.

Fin dai primi indizi, nei mesi scorsi, la certezza del gas proveniente dalla Russia è sembrata vacillare. L’Italia importa il 43,3% di gas naturale proprio dalla Russia e gli effetti della tensione crescente si sono fatti sentire ben prima dell’inizio della guerra. Se la Russia dovesse chiudere i rubinetti energetici all’Italia non ci potremmo stupire più di tanto.

Cosa potrebbe succedere nel caso iniziasse a mancare il gas? In questi giorni si sta cercando di mettere al sicuro quanta più energia possibile, non solo prendendolo da altri Paesi, come l’Algeria, ma anche con un decreto pensato appositamente per riportare in attivo le centrali a carbone e a olio combustibile. La corsa per salvare l’energia, cioè la produzione per le aziende e le bollette per i cittadini, passa ancora una volta sotto il fumo nero delle centrali a carbone.

La Russia potrebbe tagliare il gas all’Italia: il gas dentro e fuori

La Russia potrebbe tagliare il gas all’Italia e potrebbe volevo fare per diversi motivi, tra cui gli aiuti all’Ucraina e le dichiarazioni contro Vladimir Putin. Potrebbe volerlo fare perché è una strategia. L’Italia dipende dal gas della Russia per la metà del suo fabbisogno. Una delle soluzioni, quindi, è guardare fuori dall’Italia, verso altri fornitori. L’alternativa, come abbiamo già detto nel paragrafo precedente, è la riapertura delle centrali a carbone. Vediamo queste due ipotesi.

Nel corso degli anni la fornitura di gas dalla Russia è variata, così come da altri fornitori. Importiamo gas naturale da: Russia (43,3%), dall’Algeria (22,8%), dalla Norvegia e dal Qatar (10%) e poi da Libia e altri con percentuali molto inferiori. Un primo paracadute per rallentare la caduta arriva dall’Algeria, dove il ministro degli Esteri Luigi Di Maio si è recato nei giorni scorsi, ottenendo un “ok” all’aumento di fornitura.

L’altra direzione delle decisioni guarda invece all’interno. Il nuovo decreto autorizza la gestione (riduzione o aumento) della fornitura di energia in caso fosse necessario il razionamento dell’energia. In quel caso verrà richiesta la “massimizzazione della produzione da altre fonti”. Per “altri fonti” si parla di centrali a carbone e a olio combustibile, non certo di alternative green. Queste centrali, ancora in funzione, sono in fase di chiusura da tempo, in direzione della loro chiusura totale entro il 2025.

La bozza prevede il rispetto dei limiti europei di emissioni di Co2, che sono meno restrittivi di quelli nazionali scrive Il Fatto Quotidiano. In ogni caso, spiega il giornalista Jacopo Giliberto, questa soluzione è piuttosto marginale, infatti le infrastrutture italiane funzionano per la maggior parte con gas naturale. I risultati migliori si raggiungeranno tramite i contratti di fornitura con altri Paesi, quali appunto l’Algeria o gli Stati Uniti.

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