Come funziona il militare in Israele?

Come funziona il militare in Israele?

Come funziona il servizio militare in Israele: obblighi, durata, esenzioni e perché gli ebrei ultraortodossi rischiano di perdere gli aiuti statali.

In tanti Paesi la leva militare obbligatoria è stata sospesa, in favore di professionisti preparati ma inferiori di numero. Non in Israele, però, dove sole 48 ore dopo il primo attacco di Hamas l’esercito ha mobilitato ben 300.000 cittadini riservisti, che avevano a suo tempo svolto il servizio militare. Una mobilitazione che è cresciuta ancora nei giorni a seguire, a dimostrazione dell’elevato tasso di cittadini riservisti.

Un dato per cui il Paese è ben superiore alle medie mondiali, ovviamente in proporzione alla popolazione totale. Un’altra differenza rispetto alla maggior parte del mondo Occidentale è la rapidità con cui è stato possibile passare alla mobilitazione, elementi che contraddistinguono Israele dalla sua indipendenza e che non sono stati abbandonati negli anni attraverso il servizio militare obbligatorio.

L’argomento suscita particolare interesse, purtroppo, a causa dei conflitti con Hamas e la Palestina, ma non è tutto. Di recente, la Corte suprema israeliana ha chiesto la fine dei sussidi in favore degli uomini ebrei ultra-ortodossi che non prestano servizio militare. La tensione tra laici e religiosi si inasprisce, con il rischio di ripercuotersi nello strato politico e sociale. La motivazione, però, è prettamente economica e dipende dal particolare regolamento del servizio militare in Israele. Ecco come funziona.

Come funziona il servizio militare in Israele

Il servizio militare in Israele è obbligatorio, infatti devono parteciparvi tutti i cittadini al compimento di 18 anni. L’obbligo ricade anche sulle donne, sebbene per queste ultime abbia una durata inferiore: 2 anni, contro i 2 anni e 8 mesi per gli uomini.

In seguito, la maggior parte dei cittadini viene iscritta nella lista dei riservisti, i quali possono essere richiamati per un massimo di 36 giorni ogni anno - in casi particolari fino a 43 - per addestramenti, incarichi e preparazione, potendo posticipare la convocazioni per necessità scolastiche o lavorative.

Poi, ovviamente senza possibilità di posticipare, i riservisti possono essere richiamati anche in caso di emergenza, proprio come è accaduto di recente. Possono essere richiamati tutti i cittadini iscritti alla lista, quindi coloro che hanno prestato il servizio militare e non superano l’età massima pari a:

  • 45 anni per gli ufficiali;
  • 49 anni per i medici;
  • 40 anni per tutti gli altri.

Fanno eccezione le donne, sempre che non facciano parte di forze di combattimento, che sono esentate dall’obbligo dopo la nascita del primo figlio, con lo scopo di assicurare al minore le cure evitando che entrambi i genitori si assentino per le emergenze.

Nonostante l’alto numero di riservisti, peraltro leggermente in ribasso rispetto agli anni passati, anche in Israele sono previste delle esenzioni all’obbligo militare, almeno sulla carta. La cronaca, infatti, lascia parecchi dubbi sull’effettivo diritto all’obiezione di coscienza. In ogni caso, è prevista la deroga dall’obbligo per motivi psicologici o di salute fisica, per i cittadini di etnia araba e per gli ebrei ultraortodossi.

Oltre all’esenzione vera e propria, le leggi israeliane prevedono anche casi di incompatibilità, a discrezione del comitato militare. Tutti gli altri cittadini israeliani sono tenuti alla naja, anche se si trovano all’estero al momento del bisogno oppure dispongono di una doppia cittadinanza, così come tutti coloro che risiedono stabilmente in Israele. Il rifiuto non è ammesso, tanti cittadini hanno scontato pene in carcere militare, e patito la forte pressione sociale.

Riguardo all’esenzione, a far discutere è quella prevista in favore degli ebrei ultraortodossi. Definiamo così le comunità religiose più integraliste e conservatrici, che seguono con particolare devozione e precisione i precetti della Torah, dedicando la loro vita esclusivamente allo studio dei testi ebraici.

Per questo motivo, il governo israeliano riconosce loro sussidi per mantenersi. La Corte suprema ha ritenuto questa esenzione discriminatoria, senza contare che in questo momento l’economia del Paese è già messa a dura prova per permettersi di elargire i sussidi. Si rischia così di allargare la spaccatura nel governo, mentre continua il conflitto.

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