Luna Luciano - 4 novembre 2021
Aumento di stipendio o taglio delle tasse di fine anno: comunque andrà più soldi dal 2022
La Legge di Bilancio 2022 si pone come obiettivo quello di ridurre la pressione fiscale, per farlo esistono due vie: il taglio delle tasse o del cuneo fiscale. Vediamo cosa dice lo studio.
Diminuire la pressione fiscale. È questo l’obiettivo che si è imposto il Governo Draghi con la Legge di Bilancio 2022. L’intento è quello di ridurre la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese italiane, facendola scendere dalla soglia del 42,8% del 2020 al 41,7% nel 2022, rimanendo poi negli anni successivi fermi sul 41%.
Questa stabilizzazione della pressione fiscale però, oltre a dover essere fatta alla luce del principio della semplificazione e dell’equità, può essere realizzata percorrendo strade diverse, principalmente due:
- taglio delle tasse;
- taglio del cuneo fiscale.
Il Governo per adesso si è lasciato aperto a qualsiasi eventualità, ma i risultati, a seconda si scelga un tipo di intervento a un altro, potrebbero essere diversi per alcune categorie di lavoratori. Dopo aver visto come aumentano le pensioni delle Forze di Polizia con la manovra, è il caso di analizzare le opzioni dello studio.
Taglio delle tasse: come cambiano IRPEF e IRAP?
La manovra economica non è del tutto conclusa, il testo che attualmente è preso in esame è solo una bozza della Legge di Bilancio 2022. È chiaro che si potrebbe andare in contro successive modifiche, e che quindi la situazione potrebbe cambiare. Concentrandoci sul testo ciò che è evidente è che uno degli obiettivi del Governo Draghi è quello di ridurre la pressione fiscale tramite la riduzione delle tasse. Per ora la Legge prevede che nel 2022 saranno impiegati ben 8 miliardi per la riduzione delle aliquote: IRPEF e IRAP.
L’articolo 2 della bozza è in realtà molto chiaro per quanto riguarda l’IRPEF (l’imposta sui redditi delle persone fisiche), il testo esplicita l’intento di “ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e le aliquote marginali” e che tale realizzazione deve avvenire tramite due operazioni, entrambe da attuarsi:
- la riduzione di una o più aliquote;
- un’accurata revisione organica del sistema delle detrazioni per redditi da lavoro dipendente e del trattamento integrativo.
Continuando a guardare l’IRPEF, l’indagine conoscitiva sulla riforma fiscale delle commissioni Finanze di Camera e Senato si indirizza verso un intervento sul terzo scaglione, ossia quello con i redditi da 28.000 a 55.000 euro, con aliquota al 38%.
L’intervento verrebbe a costare 10 miliardi invece se si decidesse di intervenire riducendo a tre le aliquote IRPEF, in questo modo l’imposta cambierebbe nel seguente modo:
- con un reddito lordo fino a 25.000 euro l’imposta sarebbe pari al 23%;
- con un reddito lordo fino a 55.000 euro l’imposta sarebbe pari al 33%;
- con un reddito lordo superiore a 55.000 l’imposta sarebbe del 43%.
Questo intervento, come già visto, però, costerebbe più di quanto la stessa manovra prevede, comportando di conseguenza una revisione delle detrazioni e l’assorbimento del bonus 80/100 euro in busta paga. Per quanto riguarda l’IRAP la Legge di Bilancio invece ne ipotizza una riduzione, ma senza intervenire sulla base imponibile.
Taglio del cuneo fiscale: aumentano gli stipendi
Oltre all’intervento della riduzione sulle aliquote, la manovra economica non si preclude altre tipologie di interventi atti a raggiungere l’obiettivo della riduzione della pressione fiscale. Una seconda strada alternativa è quella del taglio del cuneo fiscale. Questo genere di intervento provocherebbe un aumento degli stipendi.
Infatti adoperando quegli 8 miliardi di euro del Fondo si potrebbe aumentare il bonus in busta paga da 100 a 120 euro. Percorrere questa strada vorrebbe dire automaticamente ampliare gli utenti beneficiari del bonus, superando la soglia dei redditi pari a 28.000 euro. Inoltre il meccanismo di detrazione non si fermerebbe più a 40.000 euro ma potrebbe avanzare fino a 55.000 euro.
Nonostante la situazione così descritta potrebbe sembrare allettante, esistono dei contro: un intervento simile riguarderebbe solo i lavoratori dipendenti. Questo implicherebbe che molti lavoratori, come professionisti e autonomi, sarebbero tagliati fuori dalla Legge di Bilancio. In questo modo la manovra non rispetterebbe uno dei due principi ispiratori, ossia quello di equità, andando ad alimentare un crescente divario tra le categorie, quelle agevolate e non, come è emerso durante la pandemia.
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