Tommaso Buscetta, chi è il "traditore": cosa ha fatto, condanna e come è morto

Tommaso Buscetta, chi è il "traditore": cosa ha fatto, condanna e come è morto

A 30 anni dalle stragi di mafia torna chiave la figura di Buscetta, colui che con le sue confessioni ribaltò Cosa Nostra.

Tommaso Buscetta è stato uno dei criminali più efferati di Cosa Nostra, noto non solo per la sua spietatezza, ma per aver creato un vero e proprio impero tra Europa e Sud America che diede a Don Masino l’appellativo di “boss dei due mondi”.
A differenza di Totò Riina che conduceva una vita morigerata, Buscetta amava godersi la vita.

Stasera la storia del primo grande pentito di mafia - di colui che rivelò struttura e segreti di Cosa Nostra, che diede il via al maxi processo che mise dietro le sbarre la cupola di Cosa Nostra - rivive su RaiUno nel film “Il Traditore”, per la regia di Marco Bellocchio, ed interpretato da uno straordinario Pierfrancesco Favino, colatosi alla perfezione nei panni del boss della malavita organizzata.

Tommaso Buscetta: chi era

Tommaso Buscetta nasce a Palermo nel 1928 da una famiglia povera. Padre vetraio, mamma casalinga, ultimo di 17 figli, si sposa a 16 anni con Melchiorra Cavallo, dalla quale ha 4 figli, di cui due furono vittime della lupara bianca nel corso della seconda guerra di mafia.

Da sempre amante delle donne, Buscetta ebbe tre mogli (Vera Girotti nel 1966, sposata con il nome inesistente di Manuel Lopez Cadena, pseudonimo con cui si nascondeva alla legge e ai nemici, e la brasiliana Cristina de Almeida Guimares nel 1968) e numerose amanti. Ed è stato proprio l’adulterio ad avergli causato parecchi problemi con il codice d’onore della mafia, tant’è che per un periodo venne tenuto ai margini delle vicende criminose.

A Enzo Biagi, don Masino ha rivelato di aver perso la verginità con una prostituta, a 8 anni, che ha pagato con una bottiglia d’olio.

Buscetta inizia la sua attività criminale molto presto, con piccoli furti e con la falsificazione delle tessere del razionamento della farina in epoca fascista. Una tecnica bel affinata che gli diede il titolo riconosciuto di “maestro”.

Nel 1945, si affilia alla cosca di Porta Nuova e nel 1949, nel corso del suo primo soggiorno in Brasile, apre una vetreria, riprendendo il mestiere paterno. Gli affari però vanno male e Don Masino è costretto a ritornare in Sicilia nel 1956 e ad intraprendere la strada del traffico di stupefacenti e del contrabbando di sigarette, sicuramente più redditizia. Il primo arresto è nel 1958, in seguito ci saranno i grandi delitti commissionati da La Barbera, boss di Palermo.

Nel 1968 Buscetta è condannato a dieci anni di carcere per associazione a delinquere nel processo di Catanzaro contro i protagonisti della prima guerra di mafia. Nello stesso processo, la magistratura lo assolve per insufficienza di prove per le imputazioni riguardanti la strage di Ciaculli.

Nella Sicilia funestata dalle guerre di mafia dei primi anni ’80, Buscetta sceglie la via della fuga, tornando in Brasile e, da lontano, assiste impotente all’omicidio dei suoi due figli e del fratello a Palermo ad opera dei Corleonesi, guidati da Riina, decisi ad eliminare Buscetta perché strettamente legato ai palermitani Badalamenti, Bontate e Inzerillo.

Tommaso Buscetta: cosa ha fatto

Dopo anni di omicidi e traffici illeciti, nel 1983 c’è per lui l’ennesimo arresto che coincide con l’invito di Giovanni Falcone a collaborare con la giustizia. Al suo rifiuto, segue l’estradizione in Italia (che Buscetta ha cercato di evitare tentando il suicidio con la stricnina).

Alla fine, il giudice Falcone riesce a convincerlo e Buscetta parla. Riguardo all’accusa che gli venne mossa di “tradimento” a Cosa Nostra, lui replicò affermando che aveva deciso di parlare perché non si riconosceva più nell’evoluzione di Cosa Nostra (che, a suo dire, si era ‘snaturata’).

Nel 1986 è stato testimone chiave al maxiprocesso di Palermo, e le sue dichiarazioni ne sono diventate l’architettura portante.

Dopo gli attentati a Falcone e Borsellino, ha deciso di parlare anche dei legami tra Cosa Nostra e la politica (cosa che, fino ad allora, aveva omesso perché riteneva lo Stato “non ancora pronto” a quelle rivelazioni). È sul finire dell’estate 1992 che il boss dei due mondi tira in ballo gli onorevoli Salvo Lima e Giulio Andreotti, accusandoli di essere i più alti referenti politici dell’organizzazione.

Tommaso Buscetta: le accuse allo Stato

Nel corso del processo non scoperchiò soltanto il vaso di Pandora di Cosa Nostra, ma accusò, con dovizia di particolari gli onorevoli Giulio Andreotti e Salvo Lima, ucciso nel 1992, di essere i principali referenti politici dell’organizzazione. In particolare, riferì di aver conosciuto personalmente Lima fin dalla fine degli anni Cinquanta e di averlo incontrato l’ultima volta nel 1980, durante la sua latitanza. Rivelò, inoltre, di aver saputo che l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli nel 1979 sarebbe stato compiuto nell’interesse di Andreotti.

Il reato di Andreotti cadrà in prescrizione, mentre verrà accertata la sua connivenza con la mafia per i fatti anteriori al 1980, prescritti al momento dell’emissione della sentenza. Il boss pentito, nel 1999 in un libro-intervista di Saverio Lodato confessa il suo disappunto per la mancata distruzione di Cosa nostra da parte dello Stato italiano.

Tommaso Buscetta: condanna

Arrestato in Brasile nell’ambito di un’inchiesta internazionale, Buscetta venne arrestato per alcuni omicidi collegati con lo spaccio della droga. Il giudice Falcone, volato in Brasile per convincerlo a parlare, davanti al suo rifiuto, ne chiede l’estradizione che viene attuata e Buscetta torna in Italia il 29 settembre 1984, e rinchiuso a Palermo nel carcere dell’Ucciardone e condannato a dieci anni di reclusione, poi ridotti a otto in appello, per traffico di stupefacenti.

Sulla base delle dichiarazioni di Buscetta, scatta la maxi-retata denominata "Operazione San Michele" con 366 mandati di cattura eseguiti, oltre a Palermo, anche a Roma, Milano e Frosinone, e un centinaio di comunicazioni giudiziarie (una delle quali raggiunse l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino).

Nel 1985, Buscetta viene trasferito negli Stati Uniti, dove è messo sotto protezione. Nel 1986 testimonia al maxiprocesso di Palermo scaturito dalle dichiarazioni rese a Falcone e nel processo "Pizza connection", che si svolse a New York e vide imputati Gaetano Badalamenti e altri mafiosi siculo-americani accusati di traffico di stupefacenti.

Tommaso Buscetta: com’è morto

Malato di cancro, Buscetta muore il 2 aprile 2000, all’età di 71 anni, a North Miami, in Florida. Negli Usa aveva vissuto gran parte della sua vita, sempre sotto protezione, insieme alla sua terza moglie e alla famiglia con nomi falsi. È sepolto sotto falso nome a North Miami.

L’uomo che aveva capito meglio di tutti chi fosse Buscetta rimane Falcone”, ha commentato il presidente della commissione antimafia Ottaviano Del Turco alla notizia della morte di Buscetta.

Tommaso Buscetta: perché si sentì tradito da Cosa Nostra

Buscetta non si è mai pentito di aver preso parte alla cupola mafiosa, più che altro la sua era una visione nostalgica di quello che era Cosa Nostra e ad un certo punto non è stata più. Cosa Nostra non avrebbe ammesso alcuna violenza su donne e bambini, mentre la nuova versione prevede lo sterminio della semenza delle famiglie rivali, senza limiti di età e di sesso e la nascita delle faide. Per questo parla.

Tommaso Buscetta: che fine hanno fatto le tre mogli

Della prima moglie Melchiorra si sono perse le tracce, anche dopo il trasferimento in America. Sebbene si sposò quando era ancora legato a Cavallo, Buscetta non fu mai bigamo poiché aveva sposato Vera con il nome inesistente di Manuel Lopez Cadena. Il secondo matrimonio era nullo. Vera è scomparsa nel mistero più fitto. Con Don Masino sono rimaste le due figlie.

L’ultima moglie Cristina vive in Florida sotto falso nome da trent’anni, dopo l’ingresso del boss nel Witness Protection Program, programma che prevede la protezione dei testimoni di giustizia.

Il figlio Roberto sotto falso nome ha fatto il militare in Iraq e Afghanistan. Buscetta Junior in un’unica intervista dov’è con il volto in ombra dice: “Uccidere il figlio di Tommaso Buscetta sarebbe il trofeo perfetto! C’è sempre un rischio, la mafia non perdona!”.