Record di stazioni di Polizia cinesi in Italia: dove si trovano e cosa fanno

Record di stazioni di Polizia cinesi in Italia: dove si trovano e cosa fanno

Sono 11 le stazioni di Polizia cinese in Italia e svolgono attività di controllo e repressione.

E’ record di stazioni di Polizia cinese in Italia. Sarebbero ben 11 i presidi del Dragone nel nostro Paese che può vantare una presenza di tutto rispetto.

Secondo un’indagine della Ong spagnola Safeguard Defenser, la presenza di stazioni di polizia cinesi al di fuori dei propri confini nazionali sarebbe davvero cospicua. Si parla di ben 100 stazioni di polizia in tutto il mondo. Ma perché?

A sconvolgere di più è che l’apertura dei presidi è avvenuta senza mai chiedere l’autorizzazione ai governi locali, Italia compresa. E allora come mai il nostro Paese tace dinnanzi a questo fenomeno?

Dall’aprile 2021 al luglio 2022, 230.000 cinesi residenti all’estero ed accusati di frode, anche online, sono stati “convinti” dal governo di Pechino a fare ritorno in Patria e a consegnarsi, non si sa quanto spontaneamente, alla giustizia cinese.

L’operazione è stata portata a termine proprio dalle stazioni di polizia cinesi che operano in tutto il mondo. Il metodo, non sappiamo quanto coercitivo, è stato raccontato proprio dalla Ong spagnola che è tornata nuovamente sul tema con un’inchiesta volta a far luce sulle tattiche che il partito comunista attua al di fuori dei confini cinesi, proprio tramite la polizia del dragone all’estero.

Laura Harth ha dichiarato a today.it che la presenza della polizia cinese rappresenta “ una minaccia domestica a tutto tondo, anche per l’Italia ”.

Dove si trovano le stazioni di polizia cinesi in Italia? Sono davvero una minaccia, perché ci sono, ma soprattutto di cosa si occupano?

Stazioni di polizia cinesi in Italia: ecco dove

La presenza di stazioni di polizia cinesi in Italia è ben radicata. Sono 6 le città interessate dalla presenza del personale di fiducia del Dragone, per un totale di 11 stazioni di Polizia made in China. Si tratta, per l’appunto, di comandi di polizia di servizio per i cinesi d’oltremare della contea di Fuzhou e Qingtian e sono a:

  • Roma;
  • Milano;
  • Bolzano;
  • Venezia;
  • Firenze;
  • Prato.

Non hanno la classica insegna luminosa che indica la presenza della Polizia in Italia ma, mascherati da uffici amministrativi per il rinnovo patenti o per il supporto burocratico dei cinesi oltre confine, questi sportelli svolgono a tutti gli effetti attività di polizia ed ordine pubblico come se si trovassero in Cina e non in un altro Stato.

A questo si aggiungono le attività collaterali come sostegno burocratico ai connazionali, attività di cui si occupano le Ambasciate e i Consolati.

La presenza della polizia cinese in Italia è una “minaccia per la sicurezza e la sovranità territoriale dei Paesi in cui sono presenti” ha aggiunto Harth, campaign director della Ong spagnola.

Stazioni di polizia cinesi in Italia: perché ci sono

La presenza delle stazioni di polizia cinesi in Italia serve per:

  • Controllare la fedeltà della popolazione cinese all’estero;
  • Controllare i dissidenti, costringendoli a rientrare in Patria attraverso minacce anche a parenti e amici in Cina.

A questo si aggiunge anche il timore che la polizia cinese svolga operazioni di ordine pubblico in uno Stato terzo, nel nostro caso l’Italia. Se così fosse sarebbe un’attività illegale.

Dinnanzi all’evidenza, i funzionari cinesi non hanno negato la presenza delle strutture, ma hanno precisato che sono luoghi dove si forniscono servizi burocratici ai cittadini cinesi e non prevedono operazioni di polizia.

Il governo spagnolo ha le prove delle attività repressive svolte dal governo cinese. Infatti, un cinese arrivato a Prato nel 2002, dopo 13 anni è stato costretto a tronare in Cina poiché accusato di appropriazione indebita.

Dopo una settimana dal suo ritorno nel Paese d’origine di lui non si è saputo più nulla. In questo senso, gli ufficiali cinesi hanno ottenuto con l’intimidazione il suo ritorno in Cina, anziché utilizzare ad esempio una richiesta di estradizione.

Abbiamo ricevuto informazioni dal ministero della pubblica informazione che hanno mostrato che 210.000 persone sono state persuase a tornare in un solo anno” ha aggiunto Harth al giornale britannico.

Stazioni di polizia cinesi in Italia: sono una minaccia?

A gettare ombra sulle buone intenzioni della Cina, ci sono alcuni articoli pubblicati da diversi media cinesi dove vengono pubblicizzate le operazioni di polizia per i cittadini cinesi all’estero.

Già nel maggio 2019, la Ong spagnola metteva in evidenza che il People’s Public Security News presentava l’ “innovativa creazione di centri di servizio di polizia d’oltremare” dell’Ufficio di pubblica sicurezza della Contea di Qingtian, che forniscono “servizi convenienti per il vasto numero di cinesi d’oltremare” in 21 città di 15 Paesi, e per cui sono stati assunti “135 leader cinesi d’oltremare nati a Qingtian e leader di gruppi cinesi d’oltremare”, “costruendo una squadra di oltre 1.000 persone ” coordinata da “un centro di collegamento domestico”.

I Paesi interessati dalla presenza delle stazioni di polizia cinesi hanno avviato un’inchiesta per far luce sulle attività. In Olanda è stata già chiusa qualche struttura, in Italia silenzio assoluto, sebbene le inchieste giornalistiche del Foglio abbiano tolto la sabbia da sotto al tappeto, portando alla luce una situazione di cui non si sapeva nulla circa la presenza della polizia d’oltremare di Fuzhou nella città di Prato, in Toscana.

Tant’è che la stazione di Prato, aperta nella sede dell’Associazione culturale della comunità cinese di Fujian in Italia, ha deciso di non offrire più il servizio di supporto burocratico, come riporta today.it, nelle parole del consigliere comunale Pd di Prato, Marco Wong.

Stazioni di polizia cinesi in Italia: perché il nostro Paese non interviene?

Harth ha raccontato di aver inviato una missiva al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per denunciare l’intera faccenda e per chiedere misure fattive al Viminale. Gli interrogativi messi sul banco da Harth sono tanti, tra cui: come sono state istituite queste stazioni di polizia cinesi e perché non vengono dichiarate illegali.

Per la Ong spagnola il filo diretto tra le stazioni di polizia e il Dipartimento di Lavoro del Fronte Unito, alle dipendenze del Comitato centrale del Partito comunista cinese, è evidente.

In più, Milano e Roma sarebbero stati i due progetti pilota per l’apertura degli uffici di polizia utilizzati per rimpatriare i “fuggitivi” cinesi. La prima stazione risale al 2016 nel capoluogo lombardo messa in piedi dall’agenzia di pubblica sicurezza di Wenzhou.

Ed è proprio l’organo in mano al Pcc ad essere stato accusato, più volte, di portare avanti una campagna di influenza estera su individui e gruppi di cinesi che vivono fuori dalla Cina. Accuse rispedite al mittente.

Però, alcuni cittadini cinesi hanno denunciato, non in Italia, le pressioni che questi commissariati hanno esercitato su di loro.

I legami Cina-Italia

Sulla base dei dati Istat risalenti al 2021, l’Italia ospita su tutto il territorio nazionale circa 330 mila cittadini cinesi. Un numero che consente di evidenziare come il nostro territorio sia un “terreno fertile” per una potenziale influenza da parte di Pechino a causa di una miriade di accordi tra i due Paese.

Come riporta l’Espresso, c’è uno schema di pattugliamento congiunto della polizia, firmato per la prima volta nel 2015 dall’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni (rafforzato nel 2017), in base al quale la polizia cinese pattuglia le città italiane per periodi temporanei, apparentemente per assistere i turisti cinesi.

Harth suggerisce all’Italia di rivedere i rapporti che negli anni hanno stretto sempre di più il legame tra il nostro Paese e la Cina: dall’apertura degli Istituti Confucio nelle Università italiane, all’accordo sui pattugliamenti congiunti tra forze di sicurezza italiane e cinesi nelle città italiane che presentano una cospicua rappresentanza cinese, per finire con l’intesa sulla cooperazione tra Italia e Cina.

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