Perché i giapponesi non vogliono le olimpiadi

Perché i giapponesi non vogliono le olimpiadi

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 si disputeranno ma le incognite sulla riuscita dell’evento non mancano. Quali sono e sono stati i maggiori fattori di rischio per il buon esito dei giochi?

Il Giappone ospiterà la 32° edizione dei giochi olimpici da venerdì 23 luglio 2021 a domenica 8 agosto 2021 senza se e senza ma.

Tante le avversità che in questi mesi si sono presentate lungo il percorso del CIO e tante quelle che tutt’oggi rischiano di minare il successo dell’intero evento sportivo.

Dopo lo stop imposto all’organizzazione dall’arrivo della pandemia, non sono mancate le proteste della popolazione ed episodi di abbandono da parte di molti membri dello staff. Capiamo però l’origine di questi avvenimenti.

Le proteste contro i giochi chiudono le porte agli atleti

La popolazione giapponese negli scorsi mesi ha osteggiato fortemente lo svolgimento dell’evento. Come riportato da Open, diversi quotidiani nazionali hanno condotto sondaggi di gradimento e, nel caso della testata Asahi Shimbun, al 17 maggio ben l’80 per cento dei cittadini delle maggiori capitali locali (Hokkaido, Okayama, Ishikawa e Kumamoto) si dice contrario allo svolgimento dell’evento.

Una buona fetta della popolazione è convinta che l’annullamento delle Olimpiadi sia l’unica via percorribile per garantire la sicurezza nazionale. Per esprimere il loro dissenso proprio a Tokyo in molti hanno preso parte a vari sit-in, proteste in cui i manifestanti ostruiscono il traffico sedendosi a terra in luoghi pubblici destinati alla circolazione dei mezzi di trasporto.

Come se questo non bastasse, riporta l’ISPI, 100 città giapponesi hanno scelto di non ospitare atleti olimpici e men che meno possibili spettatori esteri che, in ogni caso, stando alle ultime decisioni non saranno comunque presenti.

Rinunciano anche i volontari

La competizione a porte chiuse tuttavia non ha rassicurato sufficientemente né i cittadini né i volontari, una forza lavoro cruciale sia a livello logistico che per un fattore puramente economico.

Basti pensare che il personale che presta servizio ai giochi riceve soltanto un’uniforme, un rimborso per gli spostamenti e tre pasti giornalieri. I ritiri in massa a ogni modo erano iniziati già a febbraio dopo la dichiarazione dell’ex presidente del comitato Yoshiro Mori riguardo il fatto che “le donne parlano troppo durante le riunioni”.

I veri problemi però si sono presentati a causa dell’impennata dell’epidemia. A oggi i numeri hanno scoraggiato ben 80.000 persone. La paura del contagio in un paese con un numero così basso di vaccinati (solo il 3% della popolazione) però è più che comprensibile.

Con le unghie e con i denti

La verità è che il Comitato Olimpico si mostra deciso a proseguire lungo il percorso stabilito perché i danni economici e d’immagine sarebbero troppi per invertire la rotta proprio ora.

Come ricordano in molti poi si parla anche e soprattutto di una questione geopolitica perché le Olimpiadi, alla pari dei Mondiali di calcio, non sono mai un semplice evento sportivo quanto piuttosto una vetrina globale capace di far risaltare il paese ospitante rispetto allo scacchiere internazionale. Se queste falla nel sistema e la ritrosia dell’opinione pubblica rappresenteranno un problema insormontabile nella gestione di una manifestazione tanto grande lo scopriremo a breve.