Pensioni, rivalutazione TFR al 10%: ecco come aumenta la buonuscita con l’inflazione

Pensioni, rivalutazione TFR al 10%: ecco come aumenta la buonuscita con l'inflazione

Con l’incremento dell’inflazione, c’è un aumento del TFR per i lavoratori dipendenti. Ecco di quanto.

Buone notizie in arrivo per i lavoratori dipendenti che si apprestano ad andare in pensione. Infatti, nel 2023, grazie all’effetto dell’inflazione, l’Italia è la nazione più cara in Europa, la rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto sale al 9,97% e le liquidazioni saranno maggiorate.

Se da un lato l’inflazione fa sì che i prezzi schizzino alle stelle, con aumenti vertiginosi, dall’altro sale di quasi il 10% la rivalutazione del TFR, la cui modalità di accantonamento ed erogazione è disciplinata dall’articolo 120 del Codice Civile.

La legge, infatti, stabilisce che “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5”.

Vediamo come il TFR aumenta per merito dell’inflazione.

Aumento TFR del 10% grazie all’inflazione

L’Istat ha reso noto l’indice dei prezzi al consumo, utilizzato per la rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), vale a dire la liquidazione che percepiscono i lavoratori dipendenti quando vanno in quiescenza.

Il coefficiente di rivalutazione è pari a 118,21 con un aumento dell’11,3% rispetto al 2021. L’aumento ha portato il coefficiente di rivalutazione del Tfr a sfiorare il 10%, per la precisione il 9,97%.

Ci troviamo davanti ad uno degli aumenti più importanti dalla metà degli anni ’80, ed è figlio dell’impennata dell’inflazione registrata nel corso dello scorso anno.

Tradotto in termini pratici significa che le somme trattenute dai datori di lavoro fino al 31 dicembre 2021, visto che il coefficiente si riferisce all’anno precedente, saranno rivalutate con questo valore (9,97%), rafforzando in maniera consistente il valore dell’importo già versato.

Sulla base dell’articolo 2120, comma 4, del Codice civile, l’inflazione spinge la rivalutazione del TFR verso il 10% “con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, accertato dall’Istat, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente”.

Rivalutazione TFR: come avviene il calcolo

Al 31 dicembre di ogni anno, il TFR è incrementato, con esclusione della quota maturata nell’anno, sulla base di un tasso composto per l’1,5% in misura fissa e per il 75% in forma variabile sulla base dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, che viene comunicato dall’Inps e che quest’anno è arrivato a toccare il coefficiente di rivalutazione quasi vicino al 10%.

L’ammontare accumulato durante il corso dell’ultimo anno non viene rivalutato dal momento che non è oggetto di erosione dovuta all’inflazione.

Rivalutazione TFR: a chi conviene e a chi no

La maxi rivalutazione del 9,97% non conviene alle imprese con meno di 50 dipendenti, le quali non sono tenute a versare le somme accantonate al Fondo di tesoreria dell’Inps e che dovranno pagare personalmente gli oneri relativi.

La rivalutazione conviene, invece, alle imprese con più di 50 dipendenti, le quali versano le somme all’Inps, che si fa carico anche degli oneri di rivalutazione, lasciando all’azienda solo gli oneri amministrativi.

Nel caso in cui le somme sono trasferite a fondi di previdenza complementare, all’azienda non spetta alcun onere né economico e né amministrativo.

Rivalutazione TFR: cosa devono pagare i dipendenti

Se l’azienda è tenuta a pagare, a seconda dei casi, come abbiamo visto nel paragrafo precedente, al dipendente spetta l’onere fiscale.

Infatti, gli impiegati dovranno effettuare il versamento di un’imposta sostitutiva al 17% sulle somme rivalutate, in acconto a dicembre e a saldo sulla busta paga di febbraio. Questo prelievo andrà, purtroppo, ad assottigliare l’aumento che scatta con la rivalutazione al 10%.