La storia dietro la fossa comune della scuola cattolica canadese 

La storia dietro la fossa comune della scuola cattolica canadese

Le parole di Papa Francesco riportano alla luce le violenze perpetrate nelle scuole di residenza canadesi. 

A due settimane dalla scoperta di una fossa comune situata nei pressi di una ex scuola di residenza gestita dalla Chiesa cattolica nella città canadese di Kamloops, Papa Francesco si espone sul tema, riportando alla memoria la realtà di quel genocidio culturale

Nei saluti del dopo Angelus di questa domenica, Bergoglio ha rivolto una preghiera alle famiglie di quei 215 bambini rinvenuti, definendoli vittime innocenti della brutale opera di “colonizzazione ideologica” perpetrata per decenni ai danni delle comunità indigene locali. 

La scoperta dei resti infatti era stata annunciata alle testate canadesi già la scorsa settimana per mezzo di Rosanne Casimir, capo della Tk’emlups te Secwepemc, che ha commentato l’accaduto aggiungendo un dettaglio rilevante ovvero l’impossibilità d’identificare i corpi e dare un nome a quelle giovani vite private della loro dignità:

Per quanto ne sappiamo, questi bambini scomparsi sono morti senza documenti. Abbiamo cercato un modo per portare alla luce tutto questo con il più profondo rispetto.

Un rispetto sistematicamente negato alle popolazioni autoctone dalla fine del 1800 all’inizio del 1900 come evidenziato dalle ulteriori dichiarazioni del Papa:

La triste scoperta accresce ulteriormente la consapevolezza dei dolori e delle sofferenze del passato. Questi momenti difficili rappresentano un forte richiamo per tutti noi, per allontanarci dal modello colonizzatore e camminare fianco a fianco nel dialogo, nel rispetto reciproco e nel riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutte le figlie e i figli del Canada.

 

La realtà delle Scuole residenziali

Il quadro da analizzare per comprendere a pieno il significato di questo ritrovamento tuttavia è ben più ampio e affonda le radici nel sistema delle Scuole residenziali del Canada, attive, come nel caso della Kamloops Indian Residential School, fino al 1978.

Questo complesso era infatti parte di una vasta rete di collegi edificati con lo scopo di rieducare le nuove generazioni indigene ai costumi europei cancellandone il proprio retaggio culturale e privandole persino della loro lingua madre.

Ciò avveniva separando i bambini dalle famiglie, impedendo loro di avere contatti con la propria comunità di appartenenza e forzandoli alla conversione in ambienti spesso violenti nonché privi di norme igienico-sanitarie adeguate come dimostrano i documenti della Commissione per la verità e la riconciliazione. In essi si legge che almeno 3.200 bambini sono morti a causa di abusi fisici e sessuali, negligenza e malattie mai curate come la tubercolosi. 

Le leggi che avallarono questi trattamenti

Il tentativo di forzata assimilazione dei nativi aveva infatti avuto inizio con il Gradual Civilization Act del 1857 e vedeva la piena collaborazione tra governo e le quattro Chiese cristiane (Cattolica Romana, Anglicana, Presbiteriana e Metodista) spingendosi fino alla sterilizzazione non consensuale di molte bambine e donne native nel 1928 a seguito del Sexual Sterilization Act.

Uno sguardo politico contemporaneo

A oggi ricordiamo l’ammissione di responsabilità da parte del governo nel 2008 con le dichiarazioni di Stephen Harper e quelle dell’attuale capo di Stato Justin Trudeau che descrive questa come la pagina più buia della storia del paese. Diverse gruppi di nativi, tra cui le First Nations, attualmente richiedono la nascita di un sistema scolastico all’interno delle riserve native che valorizzi la cultura tradizionale, preservandola.

Le motivazioni di questa proposta sostengono la necessità di una rilettura critica degli eventi ascrivibili alla dominazione inglese in un’ottica non egemonica: i nativi insomma rivendicano il loro diritto di autodeterminazione fuoriuscendo dalla logica di vittime passive in cui sono state per lungo tempo iscritte.

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