Forze armate, i ritardi si ripercuotono sulle tasche dei militari: c’è rischio mobilitazione

Forze armate, i ritardi si ripercuotono sulle tasche dei militari: c'è rischio mobilitazione

Il personale chiede una retribuzione economica proporzionata alla propria Specificità e un adeguato riconoscimento della professionalità acquisita.

Il dibattito politico si sta avvitando intorno alle promesse elettorali che i vari schieramenti stanno facendo in questi ultimi giorni di campagna elettorale che precedono il 25 settembre.

Al centro dei programmi su come si intende governare il Paese per i prossimi cinque anni, c’è sicuramente il tema della difesa e sicurezza dell’Italia che passa, inevitabilmente, per l’impiego delle Forze armate e di Polizia.

Se il centrodestra punta su poliziotto di quartiere, Strade Sicure e leva militare per risolvere il problema, il centrosinistra boccia in toto questa strada, preferendo proseguire nel solco della continuità di quanto fatto dal ministro dem Guerini nel governo Draghi (approfondimento qui).

Ciononostante, risultano ancora poco definite le idee dei partiti in merito a quali iniziative intenderanno sostenere riguardo al nuovo modello di Difesa e di quali saranno “gli impegni concreti ed immediati che i vari politici assumeranno nei confronti del personale con le stellette” che serve ogni giorno lo Stato, mettendo a repentaglio la propria vita fino all’estremo sacrificio.

A chiederselo è ASPMI (Associazione Sindacale Professionisti Militari) che pone l’accento su svariati punti che paiono proprio esser sfuggiti ai nostri politici.

Cosa serve ai militari ora

Al di là delle dichiarazioni di Forza Italia e del senatore Gasparri, quello che il personale vorrebbe sentire sono le “intenzioni politiche in termini di previdenza ” per coloro i quali accederanno alla quiescenza, e che rischiano di percepire “un cedolino paga che rasenta il reddito di inclusione”.

Fatti concreti, dunque, e non voli pindarici. Anziché “ascoltare semplici proclami che parlano di sicurezza sarebbe bene soffermarsi “sul come valorizzare i princìpi contenuti nel rinnovo contrattuale 2019-2021 che hanno messo in primo piano le esigenze economiche del personale, accendendo i riflettori su quelle dinamiche salariali che necessariamente devono essere sostenute e valorizzate”.

Una di queste, è l’impossibilità di avanzamento di carriera professionale che, anche se in parte sanato dall’avvio di un primo riconoscimento economico, si ripresenterà a partire dal 2024 quando la cospicua fuoriuscita di personale, per sopraggiunti limiti di età, genererà la perdita di competenze professionali che difficilmente potrà essere colmata in poco tempo.

Retribuzione economica adeguata

I militari hanno diritto ad una “ retribuzione economica proporzionata alla propria Specificità e un adeguato riconoscimento della professionalità acquisita ”.

Ricordiamo che gli stipendi delle nostre Forze armate non si avvicinano neppure a quelle dei loro colleghi europei, molto più alte.

Ad oggi è paradossale che “il personale non abbia percepito i compensi derivanti dal provvedimento (rinnovo contrattuale 2019-2021 ndr) a distanza di molti mesi”.

La burocrazia che attanaglia in sistema non può e non deve “ ricadere sulle tasche dei militari ” che ancora attendono l’erogazione dell’una tantum 350 euro e tutti quegli adeguamenti stipendiali contenuti nel D.p.r. n. 56 del 2022.

A tutto questo si aggiunge la mancata apertura del tavolo negoziale della dirigenza.

La mobilitazione

La situazione sopra descritta, spinge ASPMI ad esser vicina “ideologicamente alla preannunciata inevitabile mobilitazione avanzata dal primo sindacato del Comparto Sicurezza e Difesa”.

Resta la speranza e la fiducia che la classe politica ancora in carica “accolga questo appello che incarna la voce dei militari italiani e sappia dare le necessarie risposte” alle donne e agli uomini in divisa.

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