Cosa succede a chi non vota al referendum?

Cosa succede a chi non vota al referendum?

Votare è un diritto che si può scegliere se esercitare o meno senza conseguenze sul piano giuridico. Per il referendum astenersi può essere determinante. Vediamo perché.

Domenica 12 giugno, gli italiani sono chiamati a votare sia per il rinnovo delle amministrazioni comunali sia per i 5 cinque referendum sulla giustizia. Molto spesso però pur potendo esercitare il diritto al voto, in molti non lo fanno e quindi si astengono dall’esprimere il proprio parere nelle consultazioni politiche, amministrative e referendarie.

Il fenomeno dell’astensionismo è sempre più dilagante, tanto da formare, volente o nolente, un vero e proprio partito a sé. Tuttavia, va precisato che astenendosi dall’esercitare un proprio diritto non lo si perde e, quindi non ci sono conseguenze per chi decide di astenersi, sebbene ci abbiano sempre portati a pensare il contrario.

Sul piano giuridico chi non vota non rischia nulla, dal momento che i casi in cui si perde il voto sono altri, che illustreremo in seguito, e tra essi non figura l’astensionismo.

Un tempo la credenza popolare sosteneva che se non si fosse andati a votare per un tot di volte si sarebbe perso il diritto di voto. Oggi, bolleremo questa informazione come una fake news.

L’astensionismo non implica neppure il ritiro della scheda elettorale o di non poter essere ammessi a partecipare ai concorsi pubblici o a ricoprire incarichi pubblici.

Se le conseguenze sul piano giuridico sono inesistenti, diverso è il piano politico. Votare è sì un diritto e un dovere civico, ma è soprattutto la possibilità che ci viene data democraticamente di esprimere la nostra visione e di contribuire all’elezioni di coloro i quali ci rappresenteranno in Parlamento.

Sebbene dietro l’astensionismo politico vi siano delle valide motivazioni, va detto che non votando, e limitandosi a lamentarsi che le cose non vanno, lasciamo ad altri il potere di decidere.

Nessuno può essere costretto a votare, dal momento che il voto è un diritto e non un obbligo, ma è sempre giusto esercitare questo diritto che ci viene dato al compimento della maggiore età.

Cosa dice la nostra Costituzione sul diritto di voto

Il diritto di voto è sancito dall’art. 48 della nostra Costituzione che recita:

“Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. La legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’estero e ne assicura l’effettività. A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l’elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge”.

Al compimento del 18° anno di età, dunque, i cittadini italiani possono votare alle elezioni amministrative, politiche e ai referendum muniti di tessera elettorale e di documento di identità valido.

A 18 anni si può votare anche per l’elezione della Camera dei Deputati e per il Senato, dove prima bisognava attendere il 25° anno di età per esprimere il proprio voto anche lì.

Il diritto di voto non decade nemmeno dopo anni di astensionismo. In tal senso la Costituzione dice che:

Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi d’indegnità morale indicati dalla legge”.

Quindi, solo nelle condizioni di cui sopra si perde il diritto di voto e l’astensionismo non è tra queste.

Cosa succede a chi non vota e a chi non lo fa al referendum?

Assolutamente nulla. Non sono previste né multe tantomeno sanzioni e men che meno si perde il diritto che si acquisisce automaticamente al compimento dei 18 anni (a meno che appunto non si commettano alcuni reati gravi o gravissimi).

Nel caso del referendum, specie se si tratta di un referendum abrogativo, l’astensionismo ha un suo peso specifico.

Nel referendum abrogativo, infatti, l’esito del voto viene considerato valido solamente al raggiungimento di un determinato quorum, ossia qualora alle urne si sia recato almeno il 50% (+1) degli aventi diritto.

Se ci si astiene al referendum abrogativo si contribuisce al suo fallimento e non andando a votare si esprime una preferenza molto chiara.

Se per il referendum abrogativo, come quello di domenica 12 giugno, è richiesto il quorum, questi non è previsto se la consultazione è di tipo costituzionale.

Cosa accedeva in passato

Nel 1957 votare era un obbligo a cui nessun cittadino poteva sottrarsi secondo il Testo Unico delle Leggi sulle elezioni. Chi non andava a votare andava incontro a pesanti sanzioni.

Per spiegare meglio la situazione basti sapere che l’art. 115 recitava:

“L’elettore che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al sindaco. L’elenco di coloro che si astengono dal voto senza giustificato motivo è esposto per la durata di un mese nell’albo comunale. Per il periodo di cinque anni la menzione ’non ha votato’ è iscritta nei certificati di buona condotta”.

La norma è stata abrogata nel 1993, ma la credenza, tale per cui se non si va a votare si perde il diritto e si è esclusi dalla vita attiva della comunità, a quanto pare, no.

Nessuno può negare all’elettore il diritto di non andare a votare, sta solo a lui decidere se esercitare il suo diritto o meno.

Argomenti correlati: Italia