Paola Gentile - 30 dicembre 2022
Cosa è successo al Dna di Bossetti e perché è indagata la pm Letizia Ruggeri: caso Gambirasio riaperto?
La pm Letizia Ruggeri è indagata per la presunta distruzione delle prove che hanno incriminato Bossetti per il caso Yara Gambirasio.
La pm Letizia Ruggeri è indagata per frode processuale o depistaggio sul Dna di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per aver ucciso Yara Gambirasio.
Il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha disposto l’iscrizione nel registro degli indagati per il magistrato che si è occupata del caso della tredicenne di Brembate di Sopra ritrovata morta il 26 novembre 2010.
La vicenda riguarda la conservazione dei reparti di inchiesta che ha portato alla condanna per fine pena mai del muratore di Mapello.
Al centro della vicenda 54 provette contenenti traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del Tribunale di Bergamo.
Vediamo cosa è successo al Dna di Bossetti, perché è indagata la pm Ruggeri e se il caso potrebbe essere riaperto.
Cosa è successo al Dna di Bossetti
L’inchiesta voluta dal gip di Venezia Scaramuzza, competente sui magistrati di Bergamo, riguardante la conservazione dei reperti d’inchiesta sul caso Yara Gambirasio che hanno portato all’ergastolo di Bossetti, arriva a dodici anni dalla morte di Yara e a quattro dalla condanna definitiva del muratore di Mapello.
Come anticipato, la vicenda riguarda 54 provette contenenti traccia biologica mista di vittima e carnefice, spostati dal frigorifero dell’ospedale San Raffaele di Milano all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo.
Il trasferimento è durato 12 giorni e, secondo i legali di Bosetti, si è interrotta la catena del freddo (i campioni erano conservati a -80 gradi sottozero) e l’episodio potrebbe aver deteriorato il Dna rendendolo inutilizzabile per qualsiasi altro tentativo di nuove analisi.
“Il pm Letizia Ruggeri non poteva distruggere i reperti, questo è un fatto oggettivo, e se lo ha fatto ha commesso una cosa gravissima”, commenta Claudio Salvagni, difensore di Bossetti insieme a Paolo Camporini.
Perché la pm Letizia Ruggeri è indagata
In un primo momento, la pm Letizia Ruggeri non era coinvolta direttamente nel procedimento di Venezia. Nella lista degli indagati vi erano Giovanni Petillo e Laura Epis, ovvero sia presidente e cancelliera della corte d’Assise.
Tuttavia, le loro posizioni sono state archiviate e contro il provvedimento sono state presentate 70 pagine di difesa, indicanti proprio le informazioni sugli spostamenti delle provette.
La pm Ruggeri è stata iscritta nel registro degli indagati a conclusione dell’udienza di opposizione all’archiviazione, presentata dai legali di Massimo Bossetti, del presidente della Corte d’Assise di Bergamo e di una cancelliera.
Insomma, Bossetti non si arrende e prova a dimostrare la sua innocenza mettendo sul banco degli imputati le azioni della pm Ruggeri e le provette.
Nel dettaglio, le provette avrebbero avuto questo iter:
- 27 novembre 2019, la Difesa ottiene l’accesso ai campioni di Dna, senza sapere che la pm Ruggeri ne aveva già chiesto il trasferimento;
- 21 novembre 2019, le provette vengono tolte dal frigo a Milano e consegnate ai Carabinieri per il trasporto;
- 2 dicembre 2019, le provette con i campioni di Dna misto arrivano al Tribunale di Bergamo.
Le accuse sono pesanti, si parla di frode o depistaggio sul Dna di Massimo Bossetti.
Processo Yara Gambirasio riaperto?
La trasmissione degli atti alla procura da parte del gip di Venezia è fondamentale per approfondire la posizione della pm Ruggeri e per permetterle di difendersi.
Il procuratore Chiappani definisce la decisione assurda, dal momento che i giudici avevano più volte respinto la richiesta della difesa di analizzare i campioni residui e di verificarne lo stato di conservazione.
Per il procuratore, la conservazione delle 54 provette ha rispettato la procedura, in quanto la crio-conservazione è durata oltre un anno dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
La sentenza che ha condannato definitivamente Bossetti, infatti, risale a ottobre 2018, pertanto il trasferimento dovrebbe rispondere positivamente alle regole del Codice di procedura.
La difesa ritiene che il trattamento dei reperti non abbia rispettato le procedure corrette, a prescindere dagli anni delle sentenze menzionate dal procuratore Chiappani.
In particolare, ricorda l’avvocato Salvagni, la distruzione dei reperti può avvenire esclusivamente se disposta in modo specifico dalla sentenza o dal giudice dell’esecuzione, e non è sufficiente per legge la richiesta in tal proposito del pubblico ministero.
L’autorizzazione alla confisca dei reperti, citata anche dal procuratore di Bergamo in effetti esiste, ma risale al 15 gennaio 2020. Lo spostamento delle provette, invece, è precedente.
“Massimo Bossetti è in carcere senza aver mai esaminato la prova che lo tiene dietro le sbarre, nonostante la corte d’Assise di Bergamo ci avesse autorizzato a visionare i reperti. Questi sono i fatti”, conclude Salvagni.
Nonostante le accuse mosse verso la pm dai legali di Bossetti siano dure, la strada per chiedere la revisione del processo di Bossetti è tutta in salita.
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