Corea del Nord: pena di morte per chi indossa i jeans

Corea del Nord: pena di morte per chi indossa i jeans

Con una nuova legge, il leader Kim Jong-un vuole preservare la Corea del Nord da qualsiasi influenza occidentale, vietando le pratiche considerate "non convenzionali" importate dall’esterno che metterebbero a rischio il regime stesso. Sanzioni durissime in risposta alle eventuali violazioni.

Per volere del dittatore Kim Jong-un, in Corea del Nord arriva una legge anti-occidentale. I trasgressori saranno puniti con la pena di morte o la detenzione in campi di lavoro e di rieducazione.

Nel mirino del dittatore tutte le pratiche “anti socialiste” che incentivano il cosiddetto "pensiero reazionario". Messi al bando piercing, jeans attillati, e film stranieri. Capiamo perché.

Cosa dice questa norma

Tenersi aggiornati su qualsiasi aspetto della vita nordcoreana non è facile, anzi. È un quasi percorso a ostacoli se contiamo quelle poche fonti anonime che si immolano per la causa o gli ancor più rari disertori del regime.

Dalle poche indiscrezioni che sono trapelate però si possono ricostruire i punti cardine della legge varata a maggio.

Vietate ad esempio tutte le forme di slang occidentale e soprattutto i contenuti multimediali americani, giapponesi e sudcoreani, rei d’instillare nella mente dei più giovani visioni troppo “individualiste” capaci di condurre a “condotte sgradevoli”.

Anche solo questa pratica potrebbe costare cara: si parla di 15 anni di detenzione.

Stando ad alcune foto circolate in rete esistono perfino delle infografiche esposte nelle città per indicare i tagli di capelli considerati idonei. Ovviamente è piuttosto difficile distinguere le differenze tra l’uno e l’altro, l’omologazione è la chiave del successo di queste operazioni politiche.

Piuttosto recente e attendibile è infatti la notizia riportata dal Daily NK, sito di news basato a Seul, che dichiara come tre giovani coreani siano stati condannati ai campi di rieducazione per un’acconciatura ispirata al gruppo sudcoreano K-pop.

I precedenti storici

La condanna allo stile di vita capitalista nasce ben prima dell’emanazione di questa legge con l’iniziale blocco d’Internet in tutto il paese nel lontano aprile 2016 e con una più recente lettera alla Lega della gioventù firmata dallo stesso leader del paese e riportata da Rodong Sinmun, la voce del Partito dei Lavoratori.

Le parole spese in quella sede erano chiare e perentorie: linguaggio e vestiti stranieri sono da considerarsi dei veri e propri "veleni" per la società.

Perché l’Occidente fa paura

La tendenza ad abbracciare mode di stampo capitalista allontanerebbe le nuove generazioni dai valori del regime e secondo le autorità del paese sarebbe il primo veicolo del sopracitato "pensiero reazionario".

Abbracciare usi e costumi non tradizionali lascerebbe spazio in poche parole a tutte le influenze ideologiche di matrice occidentale, sarebbe il primo possibile passo verso una rivoluzione culturale e chissà forse anche politica. Un’ipotesi quindi da scongiurare con ogni mezzo.