Aumento di stipendio, non è finita: ecco il nuovo piano del Governo

Aumento di stipendio, non è finita: ecco il nuovo piano del Governo

Il decreto Stipendi punta a mettere nelle tasche degli italiani aumenti salariali di circa 1.200 euro l’anno.

L’incontro tra il premier Mario Draghi, il ministro del lavoro Andrea Orlando e i rappresentati delle maggiori sigle sindacali italiane, Cgil, Cisl e Uil, ha visto sul tavolo della discussione tre temi fondamentali:

  • Taglio del cuneo fiscale;
  • Salario minimo;
  • Rinnovo dei contratti di lavoro.

Il presidente del Consiglio Draghi ha annunciato un aumento degli stipendi già dai prossimi mesi. A fine luglio, infatti, dovrebbe entrare in vigore il decreto Stipendi, che punta ad intervenire sul caro bollette, sulla proroga delle accise sul carburante, che verrà confermata per agosto e forse anche per settembre, e sul taglio del cuneo fiscale.

L’obiettivo è quello di aumentare il netto in busta paga per milioni di lavoratori, nel tentativo di contrastare l’aumento dell’inflazione che si è già attestato sul +8%.

La previsione di spesa è di 12miliardi di euro. Intanto, dopo l’incontro con i sindacati, è previsto un nuovo confronto con le parti sociali per il 23 luglio.

Il decreto Stipendi è ancora provvisorio e quindi, l’intervento sul taglio del cuneo fiscale e sul salario minimo, con la possibile applicazione del Trattamento economico complessivo (Tec), stabilito dai contratti principali di categoria, sarebbe parziale.

Il tutto verrà completato con la Legge di Bilancio 2023 che renderà strutturale il taglio delle tasse sul lavoro. Ma sin da subito si potrà beneficiare di un aumento dello stipendio, vediamo nel dettaglio.

Stipendi in aumento: di quanto?

Secondo quanto emerso e contenuto nel decreto Stipendi, si dovrebbe avere un aumento salariale per una cifra compresa tra i 100 e i 150 euro al mese. Per la parte riguardante il taglio del cuneo fiscale, il governo potrebbe stanziare 5miliardi di euro, provenienti dalle entrate fiscali.

Il Sole 24Ore afferma l’ipotesi che si stia studiando di aumentare le retribuzioni con un sistema simile a quello del bonus 200euro, con una cifra più bassa e scaglionata su più mesi, ovvero un incremento di circa 1.200 euro l’anno di media, vale a dire 100 euro in più al mese.

Stipendi in aumento: per chi?

Il taglio del cuneo fiscale sarà per coloro i quali percepiscono una retribuzione fino a 35mila euro l’anno. Il Partito Democratico ha avanzato un’altra proposta che prevede una formula con zero contributi per chi guadagna meno di 10mila euro l’anno.

Chi non rientra in questa cifra (fino a 35.000 euro l’anno) potrebbe ricorrere al Tec (Trattamento economico complessivo), con l’ipotesi di tagliare i contributi pubblici alle imprese che non si adeguano.

Stipendi in aumento: quando?

Gli aumenti di stipendio potrebbero già scattare nella busta paga di agosto, più probabile però in quella di settembre. Come abbiamo detto in precedenza, si tratta di una misura provvisoria che diventerà strutturale, così come le altre, nel 2023 con la Legge di Bilancio.

Rinnovo del contratto e salario minimo: cosa accadrà?

Il governo punta a punire chi non applica il rinnovo dei contratti. L’esecutivo vuole anche inserire anche dei meccanismi di indicizzazione degli stipendi legati all’inflazione.

Al vaglio vi è uno stop ai contratti flessibili mediante incentivi per stabilizzare il lavoro precario.

Per essere in linea con i provvedimenti dell’Unione europea che vogliono l’introduzione di un salario minimo europeo, si punta tutto sui contratti collettivi.

Non sarà prevista una cifra fissa, (bocciata quindi la proposta del Movimento 5Stelle dei 9 euro l’ora), ma si potrebbe varare il Trattamento economico complessivo di cui parla il ministro del Lavoro, Andrea Orlando.

Questo significherebbe introdurre dei salari minimi per settore e con l’applicazione di contratti più diffusi a tutti i lavoratori di quel comparto, puntando ad utilizzare delle “forme di sgravio” come stimolo alla qualità del lavoro e dei meccanismi di premialità per sostenere la chiusura dei contratti non ancora rinnovati, considerando che tra i 6 e gli 8 milioni di lavoratori hanno un contratto scaduto.

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