Aumento spese militari: cosa cambia e perché

Aumento spese militari: cosa cambia e perché

Con l’innalzamento al 2% del PIL, l’Italia stanzierebbe 38 miliardi per le spese militari.

La guerra che continua ad imperversare in Ucraina ha messo le Nazioni europee in uno stato di allarme ed ha spinto alcune di esse, vedi la Germania, ad investire più risorse nella Difesa.

La sicurezza dei Paesi NATO diventa quanto mai necessaria qualora la Russia decidesse di non fermarsi alla Nazione guidata dal Presidente Volodymyr Zelensky e decidesse di spingersi più ad ovest.

A livello pratico, tutto questo si tramuterebbe in un aumento del PIL (Prodotto Interno Lordo) per la Difesa che raggiungerebbe il 2%, peraltro soglia prevista proprio nel Defence Investment Pledge, un documento adottato dai leader della NATO (Italia compresa) nel 2014 che stabilisce proprio di fissare il budget per la Difesa al 2% entro un decennio.

In merito a questo nodo fondamentale, abbiamo già incassato il commento del Generale Domenico Rossi, ex Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito e sottosegretario del ministero della Difesa nei governi Renzi e Gentiloni.

Il Generale ha rimarcato un aspetto importante legato alla “mancanza di risorse” che non ha consentito all’Esercito, in questi anni, di “dare spazio all’ammodernamento e rinnovamento delle principali piattaforme da combattimento”.

Ammodernamenti fatti, invece, da Marina ed Aeronautica. Senza contare lo snaturamento del core business delle donne e degli uomini di questa Forza Armata molto spesso impegnata in missioni che, per loro natura sono “molto diverse per addestramento ed equipaggiamento da quelle più tipicamente conflittuali”.

Per il Generale Rossi, l’aumento di spesa

“risulta necessario in uno scenario geostrategico cambiato perché l’asset organizzativo dovrà di nuovo puntare al mantenimento complessivo di prontezza dell’intero strumento e in particolare di quello terrestre (dove al momento solo poche unità risultano addestrate e parzialmente equipaggiate per il warfighting)”.

Non si può pensare di avere la stessa considerazione a livello internazionale “senza impegnare risorse come gli altri partner ovvero non avere come obiettivo da raggiungere lo stesso obiettivo percentuale di impegno finanziario rispetto al PIL”.

Aumento spese militari: cosa cambierebbe

Con l’aumento del PIL al 2%, l’Italia alzerebbe la sua spesa militare dagli attuali 25 miliardi di euro a 38 miliardi, compresi quei famosi 13 miliardi di extra gettito a cui ha fatto riferimento il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, qualche giorno fa.

Con l’innalzamento, si parlerebbe di 104 milioni al giorno impiegati per la Difesa con ammodernamenti, incremento di personale e mezzi e forse anche con il rafforzamento del sistema di difesa antimissile contro attacco a lungo raggio.

Eppure, l’accordo NATO, stipulato nel lontano 2014, non è stato mai rispettato da nessun governo italiano, che ha sempre procrastinato l’aumento della spesa, ma che ora il premier Mario Draghi vuole assolutamente assolvere, generando malumori all’interno della maggioranza, in particolar modo con il Movimento 5Stelle che, tramite il suo Presidente (rieletto a furor di voto online) Giuseppe Conte ha espresso tutto il suo disappunto.

Aumento spese militari: chi appoggia l’incremento

Ad essere favorevole all’aumento è Fratelli d’Italia e in generale tutti i partiti di maggioranza, con i 5Stelle sulle barricate, i contrari LEU e alcuni membri del Partito Democratico e della Lega che hanno espresso delle titubanze.

Come ha più volte ricordato Giorgia Meloni, il suo partito ha inserito nel programma proprio l’incremento per le spese militari. Dapprima coriaceo, poi più ragionevole, Conte ha ribadito che la tenuta del governo Draghi non è in discussione ma “abbiamo diritto ad essere ascoltati”.

Intervenuto alla trasmissione di La7 “Di Martedì” ha aggiunto: “Se dobbiamo programmare una spesa militare un partito di maggioranza può discutere i termini anche temporali per rispettare questo impegno” ed ha precisato che l’eventuale aumento non sarà inserito nel DEF (Documento di Economia e Finanza).

Secca la risposta filtrata da Palazzo Chigi:

“Non possono essere messi in discussione gli impegni assunti, in un momento così delicato alle porte dell’Europa. Se ciò avvenisse verrebbe meno il patto che tiene in piedi la maggioranza”.

Intanto, il premier Draghi è salito al Colle per aggiornare il Presidente della Repubblica, Sergio Matterella, proprio sulla questione spese militari, ed è pronto a incassare la fiducia sul dl Ucraina.

Se i partiti non hanno trovato la quadra sull’aumento delle spese militari, la vera bagarre è scoppiata nelle commissioni. L’esecutivo ha accolto l’ordine del giorno di FdI sul raggiungimento della soglia del 2% per la difesa, con i Pentastellati che hanno definito la scelta del governo “inaccettabile”, ma c’è ragione di credere che in Senato i 5 Stelle votino comunque la fiducia sul dl Ucraina.