Pensioni militari più alte grazie ai coefficienti: ecco come funziona la riforma Gasparri

Pensioni militari più alte grazie ai coefficienti: ecco come funziona la riforma Gasparri

Il ddl Gasparri ricalcola la pensione delle Forze armate e di Polizia tenendo conto della specificità.

Si preannunciano tempi magri per le pensioni dei militari e delle Forze dell’Ordine con l’entrata a regime della liquidazione delle rendite con il sistema contributivo.

Si tratta, infatti, di quel sistema di calcolo pensionistico, introdotto dalla riforma Dini nel 1995, tale per cui vengono applicati dei coefficienti di trasformazione ai contributi versati che danno vita ad una pensione più bassa se la si confronta con chi ha iniziato a prestare servizio prima del 1996.

Medesimo problema che viene riscontrato anche da chi, ancora oggi, va in pensione con il sistema misto, ormai in via di esaurimento.

Però per il personale militare e delle Forze dell’Ordine le cose potrebbero svoltare in meglio, grazie alla riforma Gasparri che punta ad aumentare le pensioni dei soldati, tramite un innalzamento dei coefficienti.

Lo scopo del ddl 161, come spiega Gasparri nell’introduzione alla norma, ha lo scopo di adattare l’attuale normativa pensionistica alle specificità del personale del Comparto Difesa e Sicurezza, ovvero: Forze armate, compresa l’Arma dei Carabinieri, Forze di Polizia e Corpo dei Vigili del Fuoco).

Suddetto personale, infatti, risulta svantaggiato sul versante previdenziale, in virtù dell’introduzione del metodo di calcolo contributivo.

Con questo sistema, infatti, l’importo lordo annuo del trattamento pensionistico si ottiene moltiplicando il montante contributivo individuale con un coefficiente di trasformazione, che aumenta in proporzione l’età di pensionamento.

Pensioni militari: penalizzati?

Nel ddl si chiarisce che i coefficienti attualmente in vigore sono articolati in funzione dei requisiti anagrafici previsti per l’accesso al pensionamento da parte della generalità dei dipendenti pubblici.

Tali coefficienti risultano fortemente penalizzanti per le categorie di personale per i quali sono previste età di pensionamento inferiori rispetto a quelle vigenti per i restanti lavoratori.

Tra questi vi è il personale del Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico, i cui ordinamenti prevedono, per il pensionamento cosiddetto “di vecchiaia” limiti di età diversi, in relazione al grado rivestito, ma comunque più bassi rispetto a quelli previsti per la generalità del pubblico impiego.

Anche restando in servizio fino al massimo di età previsto dal proprio ordinamento, questo personale non riesce a raggiungere i coefficienti di trasformazione più favorevoli, che la legge fissa al raggiungimento di età avanzate.

Soldati e poliziotti, infatti, vanno in quiescenza al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, a partire da 60 anni. La rendita, liquidata con il sistema contributivo puro, per i nuovi assunti, prevede una pensione articolata in funzione dei requisiti anagrafici.

In poche parole: più l’età è bassa, più bassa sarà la pensione. Inoltre, militari e poliziotti non possono scegliere quando ritirarsi dal servizio e quindi devono accettare una pensione bassa, proprio perché i coefficienti di trasformazione più favorevoli gli sono preclusi.

A compensare la perdita rispetto alla generalità dei dipendenti pubblici è intervenuto finora il fondo di perequazione, a carico dello Stato, ma con risorse limitate.

Infatti, ad aggravare ulteriormente la situazione, vi è la mancata istituzione di qualsivoglia forma di previdenza compensativa, si legge nel ddl, che crea una situazione di estremo svantaggio per il personale del Comparto nel momento del pensionamento.

Il personale che accede attualmente alla pensione, essendo stato assunto prima del 1996, può ancora godere di una parte del trattamento pensionistico calcolato con il metodo retributivo, circostanza che in parte allevia la penalizzazione prodotta dal meccanismo di calcolo contributivo.

La componente calcolata col sistema retributivo è però destinata, negli anni, ad assottigliarsi sempre di più, rendendo la penalizzazione sempre maggiore.

Pensioni militari: il contributivo puro

Per i “nuovi assunti”, in servizio dal 1° gennaio 1996, cui sarà applicato il calcolo “contributivo puro”, la situazione si farà davvero difficile, considerando che non sarà a loro garantita neppure la percentuale del 60% dell’ultimo stipendio già individuata dalla legge finanziaria del 2007, legge 27 dicembre 2006, n. 296, quale limite minimo insuperabile nel rapporto tra pensione e ultima retribuzione percepita.

Da escludere un innalzamento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia che “sarebbe incompatibile con la peculiarità delle funzioni svolte dal personale del comparto”.

Diventa indispensabile rivedere i coefficienti di trasformazione applicabili per questo personale all’atto del pensionamento “per vecchiaia”, in modo da renderli aderenti agli attuali limiti ordinamentali.

Pensioni militari: cosa prevede la riforma Gasparri

Il senatore forzista Maurizio Gasparri ha depositato un disegno di legge volto a definire le varianti di calcolo delle pensioni militari. Il disegno di legge interviene con una norma di equità contributiva, equiparando il coefficiente di trasformazione indicato per il pubblico impiego al momento di accedere al pensionamento per limiti di età.

L’art.1 del ddl Gasparri introduce una specifica modalità di computo della pensione annua per il personale del Comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico, che cessa dal servizio per il raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito dall’ordinamento dell’amministrazione di appartenenza.

In particolare, per tale personale, l’importo della pensione annua è determinato, nella parte contributiva, utilizzando il coefficiente di trasformazione previsto per l’età anagrafica stabilita per l’accesso al pensionamento dei dipendenti pubblici civili.

Se la riforma dovesse passare al vaglio del Parlamento, in quel caso militari, poliziotti e Vigili del Fuoco andrebbero in pensione al raggiungimento della massima età con un ricalcolo migliorativo a causa della tipologia di lavoro svolto. In altre parole, si terrà conto della specificità, riconosciuta dalla legge 4 novembre 2010, n. 183, che norma in materia di lavoro usurante delegando in Governo.

Nel dettaglio l’articolo 2 indica: “il coefficiente di trasformazione da applicare al personale della presente legge è da ritenersi automaticamente adeguato a quello in vigore per l’età anagrafica stabilita per l’accesso al pensionamento di vecchiaia del dipendente pubblico civile ”.

Pensioni militari: quanto costerà il ddl Gasparri

La copertura finanziaria per mettere in atto il disegno di legge Gasparri, qualora dovesse essere approvato dal Parlamento, prevede una copertura finanziaria dal 2023 al 2031, di:

  • 62.340.000 euro per l’anno 2023;
  • 93.510.000 euro per l’anno 2024;
  • 124.680.000 euro per l’anno 2025;
  • 155.850.000 euro per l’anno 2026;
  • 187.020.000 euro per l’anno 2027;
  • 218.190.000 euro per l’anno 2028;
  • 249.360.000 euro per l’anno 2029;
  • 280.530.000 euro per l’anno 2030;
  • 311.700.000 euro a decorrere dall’anno 2031.