Rita Gagliarducci - 19 dicembre 2018
Un agente sotto copertura per l’anticorruzione
E’ stato approvato il Ddl anticorruzione: tra le novità l’introduzione dell’agente sotto copertura.
Martedì sera la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente il Ddl anticorruzione, promosso con il nome di “spazza-corrotti”.
Il provvedimento, oltre ad aumentare le pene per i reati di corruzione, introduce la figura di un agente sotto copertura nelle indagini sui reati contro la pubblica amministrazione.
Questa figura, già presente nelle indagini di mafia e terrorismo, potrebbe essere un valido deterrente alla corruzione, i cosiddetti reati dei colletti bianchi. In queste vesti gli ufficiali di polizia giudiziaria non sono punibili se nello svolgimento del loro compito abbiano condotto azioni che costituirebbero reato.
C’è inoltre da dire che questa figura è prevista dall’articolo 5 che ratifica ed esegue la “Convenzione e i protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2011”.
Le misure principali del provvedimento
Tra le misure principali del Ddl Anticorruzione troviamo:
- aumento delle pene per i reati di corruzione: da un minimo di uno a 3 anni ed un massimo da 6 ad 8 anni di reclusione;
- divieto per i condannati per reati di corruzione di fare affari con la pubblica amministrazione: il cosiddetto “daspo” contro i corrotti che dura da un minimo di 5 anni fino all’interdizione a vita;
- prescrizione non si applicherà più dopo la sentenza di primo grado a partire dal 2020;
- confisca dei beni per i reati di corruzione continua a rimanere anche in caso di amnistia o prescrizione;
- reato di millantato credito viene assorbito a quello di traffico di influenze;
- viene eliminata la possibilità di restare anonimi per chi fa donazioni a partiti, fondazioni o altri organismi politici;
- abrogata la norma che limitava l’uso dei trojan: potranno essere utilizzati su dispositivi elettronici portatili nei procedimenti per delitti contro la P. A. puniti con la pena di reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni;
- possibilità di utilizzare agenti sotto copertura anche per i reati di corruzione e operare come “agenti provocatori”, sollecitando quindi operazioni di corruzione per scovare potenziali corrotti.
L’agente sotto copertura e l’agente provocatore
L’agente sottocopertura, o infiltrato, è un appartenente alla polizia giudiziaria che penetra in un’organizzazione criminale, partecipando a qualche reato per acquisire elementi di prova nell’immediatezza del fatto o in corso di esecuzione.
L’agente provocatore, invece, è colui che istigando o offrendo l’occasione provoca la commissione di reati al fine di coglierne gli autori in flagranza.
In pratica, la norma estende la “non punibilità” penale dell’infiltrato in base all’idea che il suo concorso nei fatti sia stato compiuto solo per fini investigativi.
Intorno alla figura dell’agente undercover, infiltrato, non sono poche le perplessità sollevate più e più volte. È una figura infatti che va “usata con parsimonia”, sotto lo stretto controllo dei magistrati, al fine di non scatenare una fantomatica “caccia alle streghe”.
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