Rinuncia eredità: tempistiche, quando conviene e conseguenze

Rinuncia eredità: tempistiche, quando conviene e conseguenze

Tutto quello che c’è da sapere sulla rinuncia all’eredità: i modi e le tempistiche da rispettare e le conseguenze per il rinunciante.

La successione può seguire le disposizioni testamentarie oppure le regole legali, ma in ogni caso non è mai un’imposizione. Gli eredi, prima di essere qualificati come tali, sono definiti chiamati all’eredità. Quest’ultima, infatti, è subordinata all’accettazione. Di conseguenza, i chiamati hanno anche la possibilità di rinunciare, garantita dalla legge per evitare le eredità più gravose.

La procedura per rinunciare all’eredità è meno ovvia rispetto all’accettazione ed è bene che i chiamati all’eredità conoscano bene le tempistiche e le modalità in cui agire, oltre alle conseguenze, ad esempio per un eventuale ripensamento.

Come si fa la rinuncia all’eredità?

Per rinunciare all’eredità è necessario un atto formale, che deve essere inserito nel registro delle successioni tramite il notaio o il cancelliere del tribunale che ha ricevuto la dichiarazione. Il registro delle successioni serve a rendere pubblici gli atti che riguardano le successioni, come anche le accettazioni con beneficio d’inventario. Questo strumento è quindi anche una forma di tutela per i rinuncianti, i quali possono così provare inequivocabilmente il loro atto.

La legge ammette esclusivamente questa forma di rinuncia, che pertanto non può avvenire in modo tacito (modalità invece ammessa per l’accettazione). L’atto di rinuncia, peraltro, deve contenere in modo chiaro l’intenzione di rinunciare alla propria quota in modo totale. Non è infatti ammissibile una rinuncia parziale, in quanto le componenti confluiscono nella quota ereditaria considerata indivisa.

Di conseguenza, qualsiasi altra forma di rinuncia è del tutto inefficace. Il chiamato all’eredità che rinuncia senza rispettare le formalità ha compiuto un atto nullo a tutti gli effetti. Ovviamente, la rinuncia nulla non comporta un’accettazione: semplicemente il rinunciante continua a essere considerato chiamato all’eredità e ha ancora la possibilità di accettare o rifiutare in modo proprio.

Le tempistiche per la rinuncia all’eredità

La rinuncia all’eredità può essere presentata a partire dall’apertura della successione, mentre qualsiasi atto di rinuncia redatto prima di questo termine è da considerarsi nullo. Ecco perché il testatore che intende privare gli eredi della quota di legittima non può far loro firmare una rinuncia preventiva, la quale è priva di valore.

Il termine massimo per rinunciare è invece pari a 10 anni, corrispondenti alla prescrizione del diritto di accettazione. Il tempo deve essere calcolato a partire dal giorno del decesso del defunto, con una sola eccezione. In particolare, quando il (possibile) chiamato all’eredità è in attesa dell’accertamento giudiziale dello stato di figlio del defunto, il termine decorre dal momento in cui la sentenza – di riconoscimento - passa in giudicato.

Potenzialmente, i chiamati all’eredità hanno molto tempo per riflettere sulla scelta migliore, ma allo stesso tempo devono ponderare il rischio di commettere un’accettazione tacita. Il caso più pericoloso si presenta quando il rinunciante è in possesso dei beni ereditari, circostanza in cui è tenuto a:

  • Far eseguire l’inventario dei beni entro 3 mesi dall’apertura della successione.
  • Scegliere l’accettazione con beneficio d’inventario o la rinuncia entro 40 giorni dall’inventario.

Oltrepassati questi termini senza rispettare la procedura, il chiamato all’eredità diventa erede puro e semplice, perde la possibilità di rinunciare ed entra in proprietà della quota ereditaria con tutto ciò che comporta.

Quando conviene rinunciare all’eredità?

La rinuncia è di norma molto utile per evitare i patrimoni ereditari ricchi di debiti, soprattutto nei casi in cui l’accettazione con beneficio d’inventario non è sufficiente. Quest’ultima, infatti, separa il patrimonio ereditario da quello personale dell’erede, rendendo quest’ultimo inattaccabile dai creditori del defunto. Evidentemente, però, se i debiti superano o pareggiano il valore dei beni, il chiamato all’eredità non ha alcun vantaggio nell’accettazione.

La rinuncia all’eredità può essere anche il mezzo per accrescere le quote ereditarie degli altri eredi, come effetto automatico della rinuncia. Non è infatti possibile rinunciare in favore di altri o dietro compenso, perché l’atto di rinuncia non ammette termini o condizioni. Resta comunque la possibilità di vendere la propria quota ereditaria, ovviamente accettandola.

Le conseguenze della rinuncia all’eredità

Con la rinuncia all’eredità si verifica la perdita di diritti e doveri sul patrimonio del defunto e il rinunciante si esclude dall’asse successorio, perdendo la possibilità di:

  • Compiere azioni possessorie sui beni ereditari;
  • conservare, amministrare e vendere i beni ereditari;
  • rappresentare l’eredità in giudizio.

Il rinunciante può comunque trattenere i beni ricevuti come donazione o legato, salvo la concorrenza dei legittimari che possono ottenere la restituzione di ciò che è stato sottratto dalla propria quota.

Allo stesso tempo, è possibile la revoca della rinuncia:

  • Entro 10 anni dall’apertura della successione;
  • purché l’eredità non sia già stata accettata da altri;
  • se non arreca pregiudizio a terzi che hanno acquistato dei diritti sui beni ereditari.

La revoca della rinuncia costituisce una vera e propria accettazione; perciò, può essere eseguita sia con le formalità indicate per la procedura di rinuncia, che in modo tacito. Di conseguenza, chi intende rinunciare deve comunque fare attenzione a non porre in atto comportamenti inequivocabili che lascino intendere un ripensamento; anche perché l’accettazione non è revocabile.

La rinuncia può poi essere impugnata entro 5 anni:

  • Dal rinunciante a cui l’atto era stato estorto con minaccia e violenza;
  • dai creditori del rinunciante, se sono stati danneggiati dalla rinuncia stessa.

Di conseguenza, è possibile rifiutare l’eredità per non aggravarsi dei debiti del defunto, ma è molto difficile rinunciarvi per non pagare i propri.

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