Quando eredita il coniuge

Quando eredita il coniuge

Ecco in quali casi il coniuge (non) eredita e cosa succede dopo divorzio e separazione.

Il coniuge è fra i primi eredi considerati dalle leggi successorie, le quali gli garantiscono una specifica quota di eredità, variabile a seconda degli eredi concorrenti, che non può essere nemmeno diminuita dall’eventuale testamento. Il coniuge a cui il testamento riduce o addirittura toglie la quota di legittima ha infatti diritto a impugnare l’atto e ottenere la restituzione di ciò che gli spetta. L’unico modo per escludere il coniuge dalla successione è l’accertamento giudiziale di indegnità, possibile per casi molto rari. Ecco perché alla domanda “quando eredita il coniuge?” si potrebbe rispondere con “sempre”.

Ciò che invece è soggetto a variazione è la quota del patrimonio ereditario che spetta al coniuge, che può essere aumentata dal testatore ed è soggetta a un minimo di legge, che dipende dalla presenza di altri eredi. In ogni caso, il diritto successorio del coniuge non può essere leso finché è presente il vincolo coniugale, pertanto anche il coniuge separato può essere erede a determinate condizioni; perfino l’ex coniuge divorziato conserva alcuni diritti, ma non diventa erede (a riguardo: quando eredita l’ex moglie). In sintesi, il coniuge eredita quando è in vita e conserva ancora lo status di moglie o marito rispetto al defunto.

Vincolo coniugale ed eredità

Il coniuge superstite ha quindi sempre diritto a una certa porzione dell’eredità, proprio in virtù del vincolo coniugale. Quest’ultimo perdura anche dopo la separazione legale, che quindi non pregiudica la possibilità di succedere al coniuge defunto. È soltanto con il divorzio che il vincolo coniugale si scioglie definitivamente; pertanto, se uno dei coniugi muore prima della sentenza l’altro rimane a tutti gli effetti sposato e dunque erede. Sul punto, tuttavia, esiste un’eccezione, riguardante l’addebito della separazione.

L’addebito della separazione consiste nell’attribuzione della responsabilità dell’impossibilità di continuare il matrimonio, si potrebbe definire come la colpa di chi ha violato alcuni doveri coniugali. La separazione con addebito ha diversi effetti, per lo più patrimoniali, e comporta la perdita del diritto successorio. Il coniuge a cui è stata addebitata la separazione non eredita, a causa dell’addebito e non della separazione in sé.

La separazione con addebito a carico del coniuge superstite rappresenta quindi l’unica circostanza, oltre all’indegnità, in cui il vincolo coniugale non è sciolto ma i diritti successori vengono meno. Anche il coniuge a cui è stata addebitata la separazione, comunque, conserva il diritto a percepire un assegno vitalizio, ma soltanto se all’apertura della successione godeva già degli alimenti a carico del defunto.

Il coniuge separato senza addebito, invece, rimane un erede a tutti gli effetti e ha diritto anche alla pensione di reversibilità. Con il divorzio, invece, l’ex coniuge mantiene soltanto il diritto all’eventuale assegno divorzile spettante, che sarà erogato a carico degli eredi del defunto obbligato.

Di conseguenza il coniuge non eredita:

  • Se gli è stata addebitata la separazione;
  • dopo il divorzio (in quanto non potrebbe nemmeno essere definito coniuge);
  • se è stato sanzionato con l’indegnità a succedere.

Indegnità a succedere del coniuge superstite

L’indegnità a succedere è una sanzione che colpisce chi ha compiuto atti particolarmente gravi nei confronti del defunto oppure dei suoi familiari. Si tratta di:

  • Azioni contro la personalità (come il tentato omicidio);
  • azioni contro l’integrità morale (la denuncia calunniosa per un reato punibile con la reclusione minima di 3 anni);
  • azioni contro la libertà di testare.

L’indegnità comporta la perdita dei diritti successori, ma soltanto una volta che sia stata accertata da una sentenza, la quale ha effetto retroattivo. Il giudizio di accertamento dell’indegnità può infatti essere proposto da tutti i soggetti nella linea successoria, oltre che dal defunto stesso quando è ancora in vita. Di conseguenza, se l’indegnità viene accertata dopo la morte il coniuge superstite deve restituire la quota ereditaria ed eventuali frutti ricavati dai beni ereditati.

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