Aurora Marinaro - 11 luglio 2024
L’Italia aumenta le spese militari, l’1,6% del Pil per la Difesa, le APCSM: riconoscere il valore del personale
La premier Meloni ha annunciato che l’Italia aumenta la spesa militare, arrivando a stanziare per la Difesa l’1,6% del Pil. Eppure siamo ancora lontani dagli obbiettivi Nato e dalla gratificazione del personale.
La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a Washington per il vertice Nato, ha annunciato l’aumento delle spese militari all’1,6% del Pil, ammettendo di essere ancora molto indietro rispetto all’obiettivo prefissato con l’Unione europea del 2% per rispettare gli impegni con la Nato. “Un impegno che rispetteremo con i nostri tempi” ha sintetizzato la premier, visto che l’Italia insieme a Francia, Spagna e Germania riceve ben 2/3 del Fondo europeo per la Difesa. Sarebbe almeno auspicabile che sia la componente più importante, gli uomini e le donne delle Forze Armate, a beneficiare di questo impegno.
Aumento della spesa militare, bene ma serve attenzione al personale
Non a tutti è chiaro il sapore di questa dichiarazione, visto che in pochi istanti sono esplose le polemiche sull’aumento della voce a bilancio per la Difesa, paragonata subito ad altri comparti tra cui l’Istruzione. L’aumento promesso dal governo, che a conti fatti ammonta a 800 milioni di euro, è però ancora lontano dagli obiettivi comuni, stabiliti tenendo conto delle gravi esigenze del comparto.
Come se non bastasse, non è nemmeno sufficiente a garantire al personale militare il trattamento dignitoso che merita. Sotto questo profilo i militari non sono paragonabili con gli altri lavoratori, per gli ovvi limiti e sacrifici professionali loro richiesti lungo tutta la carriera, eppure sono spesso delegati a condizioni lavorative mortificanti e inique.
Questo non significa che l’incremento della spesa militare sia accolto negativamente dalle Forze Armate, che sanno bene accontentarsi del poco che la nazione riconosce loro, ma le Associazioni sindacali ci tengono a precisare da subito che si aspettano una giusta gestione dei fondi.
Questo è, infatti, il commento espresso dal Sim Marina sui recenti sviluppi:
L’aumento delle spese militari è certamente una notizia positiva, ma non si deve perdere di vista il fatto che il principale strumento di guerra è, e sarà sempre, l’uomo! Il militare è lo strumento più importante di difesa, perché con la sua capacità, volontà e dedizione fa la differenza molto più di qualsiasi altro mezzo. SIM Marina ha sollevato la questione anche in occasione del congresso dell’Amus aeronautica, invitando a considerare il personale per quel che è: uno strumento, peraltro il più importante.
Bisogna imparare a tenere conto della specificità che distingue uomini e donne militari da tutti gli altri lavoratori. L’enorme divario rispetto al personale degli altri Ministeri si può facilmente intuire da un concetto, del tutto normale per le Forze Armate e completamente estraneo a qualunque altro professionista. Parliamo del concetto di nemico, che viene necessariamente instillato nella testa dei militari appena diciottenni e li accompagna, tra impegno e sacrifici, per tutta la vita professionale. Un professore, tanto per fare un esempio, non ragionerà mai in termini di nemico e dunque non è paragonabile allo “strumento/uomo” militare.
È comunque doveroso riconoscere ai militari una vita dignitosa. Al riguardo le prime interlocuzioni sul rinnovo contrattuale, sebbene la fermezza delle associazioni sindacali dei militari, stanno facendo intravedere aumenti stipendiali che arrivano a compensare solo una minima parte dell’inflazione. Questa insufficienza acuisce la vita dei militari costretti in alloggi spesso non adeguati, lontani da casa, e senza nemmeno la possibilità di consumare pasti decenti. In conclusione, l’aumento delle spese militari è da apprezzare, fintanto che l’interesse primario resta l’uomo.
Come premesso, le Associazioni sindacali sono piuttosto concordanti sul tema e questo dovrebbe far capire ancora più chiaramente quanto profondi e radicati siano i problemi per i lavoratori della Difesa. L’Associazione sindacale professionisti militari, che ha commentato come potete leggere in seguito, ci tiene in particolare a ricordare il grave disagio sofferto dal Paese riguardo alla Difesa, che richiede soluzioni ben più efficaci.
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Nel dettaglio, questa è la dichiarazione dell’ASPMI:
Bene l’aumento delle spese militari, ma ricordiamo che il target prefissato è del 2% e siamo ancora lontani dall’obiettivo. La Presidente Meloni ha annunciato che l’Italia si avvicinerà al traguardo con i suoi tempi, non possiamo aspettarci un’eccessiva rapidità, ma non bisogna nel frattempo perdere di vista gli impegni assunti. È essenziale che queste risorse non siano conteggiate nello sforamento del deficit, come ha più volte richiesto il ministro della Difesa Guido Crosetto, altrimenti la nazione non sarà capace di rispondere alle esigenze di aumento della spesa militare. Gli sforzi per l’ammodernamento dei mezzi e degli strumenti sono senza dubbio da apprezzare, ma non si deve dimenticare che è il personale a formare la Forza Armata e ha enormi esigenze da colmare.
Insomma, ci vuole più attenzione al personale militare, componente fondamentale della Difesa e fortemente demotivato. Lo ricorda anche l’AMUS Aeronautica:
Prendiamo atto con favore che il premier si sta impegnando per stanziare queste risorse a favore della Difesa e apprezziamo altrettanto il lavoro del ministro Crosetto, con l’auspicio che il complesso di questi fondi venga anche in soccorso delle istanze del personale e non solo dell’investimento e del funzionamento. Senza il personale tutti gli strumenti d’arma, anche i più tecnologici, sono destinati infatti a rimanere senz’anima, venendo meno la motivazione, come peraltro sta accadendo in questo periodo, complice l’ inflazione a doppia cifra che ha eroso la capacità di spesa dei Militari che faticano sempre più a sbarcare il lunario.
Ciò, nonostante gli sforzi governativi per il contratto, che riconosciamo visto che le risorse stanziate sono quasi il doppio rispetto alla tornata elettorale precedente. Purtroppo ciò non è sufficiente, visto che si riesce a malapena a compensare di un terzo il dato inflattivo del triennio. Peraltro ci si aspettava di più anche in termini di ristoro economico aggiuntivo dall’applicazione della tanto decantata "specificità" che invece risulta in termini assoluti ai minimi storici.
Non è, per noi, nemmeno concepibile l’idea che l’aumento per il comparto Difesa sia destinato interamente agli investimenti e alla manutenzione, perché causerebbe davvero uno scoramento generale nel personale. Ci aspettiamo interventi che vadano oltre il rinnovo contrattuale, sicuramente su temi come la specificità militare, la previdenza dedicata e complementare, da concretare nell’arco del triennio. AMUS ha già ribadito in passato l’urgenza di queste tematiche e speriamo ora di assistere a un sincero e concreto segnale in risposta, che ci dia dimostrazione di un effettivo riconoscimento.
Lo sforzo deve essere economico, ma pensiamo possa essere profuso anche per i necessari interventi per una reale agibilità sindacale, considerando che la legge 46 e le disposizioni interpretative discendenti ed interne (peraltro non ancora compiutamente diramate) limitano fortemente l’attività dei sindacati. Si ravvisa infine alla necessità di recuperare a Bilancio delle Amministrazioni i fondi per i distacchi e i permessi come e per equità fatto in passato per i sindacati di Polizia all’atto della loro creazione. Siamo certi che il premier Meloni non tradirà le nostre legittime aspettative di un confronto diretto, che ad altri è stato garantito!
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