L’errore del Governo: militari della Marina in missione nel Mar Rosso pagati come se fossero nel Mediterraneo

L'errore del Governo: militari della Marina in missione nel Mar Rosso pagati come se fossero nel Mediterraneo

Il Governo Meloni non riconosce la missione internazionale ai militari della Marina italiana impiegati nella missione nel Mar Rosso. Diversamente da quanto succede ad altre Forze Armate.

Sabato scorso, nel cuore del Mar Rosso, il cacciatorpediniere Caio Duilio della Marina Militare italiana è stato protagonista dell’ennesimo episodio di tensione concluso con l’abbattimento di un drone UAV degli Houthi.

Avvenuto a circa 6 chilometri di distanza dall’imbarcazione, quanto successo evidenza non solo l’efficienza della nostra Marina militare, tanto da avere il comando tattico della missione UE in Mar Rosso, ma anche la costante minaccia a cui sono sottoposti i marinai impiegati in acque strategicamente cruciali.

Peccato che a un tale livello di rischio non segua un’adeguata valorizzazione economica. Come spiegato dalla Segreteria nazionale del SIM (Sindacato Italiano Militari Marina), infatti, in busta paga i militari impiegati nella missione in Mar Rosso sono considerati al pari di chi sta svolgendo una semplice esercitazione nel Mar Mediterraneo.

Marina Militare in Mar Rosso, l’errore del Governo Meloni

Come spiegato dal SIM, oggi coloro che sono in missione in Mar Rosso percepiscono un semplice compenso forfettario di impiego, in quanto viene considerata - erroneamente secondo il sindacato - la sola navigazione in acque internazionali.

Diversamente, ai militari dell’Aeronautica impiegati nella stessa operazione è riconosciuta l’indennità per missione internazionale in quanto operano a terra negli Stati dell’area interessata. Ma ci chiediamo: non vale lo stesso per la Marina Militare? Anche le navi scalano nei porti degli Stati stranieri dell’area per poi riprendere il largo ed effettuare le operazioni di pattugliamento.

Non vi è quindi alcuna differenza rispetto alle azioni operative intraprese dalle altre Forze militari; anzi, paradossalmente in mare si corrono pericoli maggiori come dimostrato da quanto successo nei giorni scorsi.

Eppure ancora oggi chi è impiegato per la Marina percepisce il compenso forfettario di impiego, il cui importo si distacca notevolmente (in negativo) da quello dell’indennità da missione internazionale che invece è riconosciuta al personale che opera a terra nell’area interessata.

A preoccupare è perlopiù il fatto che il Governo ha avuto l’occasione per recuperare a una tale mancanza e non lo ha fatto. Subito dopo la notizia dell’abbattimento del drone, che ha messo in risalto tutti i rischi a cui sono giornalmente sottoposti i marinai in missione, i Ministri interessati si sono confrontati sul tema, informati proprio dal SIM rispetto alla disparità di trattamento che sussiste tra le diverse Forze Armate.

E nonostante tutti gli elementi facessero pensare al riconoscimento dell’indennità di missione internazionale, nei fatti non è andata così.

Non bastano gli attestati di stima

Subito dopo l’attacco sventato, il Ministro degli Esteri Tajani ha sottolineato il ruolo strategico delle forze navali italiani nel proteggere gli interessi nel Mar Rosso, esprimendo solidarietà ai marinai del Caio Duilio e congratulandosi per la pronta risposta.

Tuttavia, all’attestato di stima - che sicuramente è apprezzato - dovrebbero seguire azioni mirate a valorizzare, anche economicamente, il lavoro svolto da chi ogni giorno rischia la propria vita per gli interessi internazionali.

Bene la richiesta di una risposta coordinata e vigorosa da parte della comunità internazionale al fine di assicurare una maggiore sicurezza nell’area, ma il Governo deve innanzitutto agire direttamente in favore dei propri militari. Pagarli allo stesso modo di quanto percepito da chi opera a pochi chilometri di distanza dalle nostre coste non rappresenta di certo un bel messaggio.

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