Fabio Manganaro: chi è il carabiniere accusato per il bendaggio di Hjorth

Fabio Manganaro: chi è il carabiniere accusato per il bendaggio di Hjorth

Il processo a carico del carabiniere Fabio Manganaro si arricchisce di risvolti sconvolgenti emersi dalle chat tra i militari.

Le chat intercorse tra alcuni carabinieri, ora depositate agli atti del processo a carico di Fabio Manganaro lasciano emergere risvolti inquietanti, facendoci scoprire cosa accadde subito dopo l’arresto dei due ragazzi americani, Gabriele Natale Hjoth e Finnegan Lee Elder, accusati dell’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, morto tra il 25 e il 26 luglio del 2009 a 49 anni.

I due americani sono stati condannati all’ergastolo in primo grado. Il processo d’appello inizierà il 10 febbraio.

Chi è Fabio Manganaro

In seguito all’arresto dei due presunti assassini del carabiniere Mario Cerciello Rega, era circolata una foto, insieme a un video, che ha fatto subito il giro del web, che ritraeva Hjorth bendato e immobilizzato in caserma.

A rendersi protagonista di tale atto fu proprio Manganaro, a processo dinnanzi al giudice monocratico (giudice che decide da solo, senza la collaborazione di altri colleghi) con l’accusa di reato di misura di rigore non prevista dalla legge, in riferimento proprio alla benda sugli occhi messa al ragazzo durante l’interrogatorio.

Un altro carabiniere, Silvio Pellegrini, accusato di aver diffuso in tre gruppi di WhatsApp la fotografia di Gabriele Natale Hjorth mentre era bendato, è stato rinviato a giudizio per violazione del segreto investigativo e abuso d’ufficio.

Cosa emerge dalle chat

Dalle chat intercorse tra i militari nelle ore successive al fermo dei due ragazzi americani - analizzate dall’ingegnere Sergio Civino, per conto del PM Maria Sabina Calabretta - si leggono parole sprezzanti.

Li abbiamo presi stiamo venendo al reparto” scrive un militare nella chat comune, i colleghi commentano con un “ammazzateli di botte”, seguito da “speriamo che gli fanno fare la fine di Cucchi”, in riferimento al giovane geometra romano morto nel 2009, dopo essere stato picchiato in caserma.

Oltre a queste affermazioni, un’altra frase ha destato l’attenzione del giudice incaricato di sovraintendere al processo, infatti un militare scrive:

“Non mi venite a dire arrestiamoli e basta. Devono prendere le mazzate. Bisogna chiuderli in una stanza e ammazzarli davvero.”

E altri ancora aggiungono: “Bisogna squagliarli nell’acido”.

Altri carabinieri, intuendo il risvolto pericoloso che sta prendendo la conversazione suggeriscono che sia meglio portare i ragazzi in un’altra stazione.

La risposta dell’Arma dei Carabinieri

In una nota l’Arma dei Carabinieri ha definito i contenuti delle chat “offensivi ed esecrabili”, aggiungendo che non appena gli atti con i nominativi dei militari coinvolti saranno disponibili l’Arma avvierà dei procedimenti disciplinari per l’adozione di provvedimenti di assoluto rigore.

Cosa accadde la notte dell’omicidio di Cerciello Rega

Secondo le ricostruzioni della Procura e dei Carabinieri la sera dell’omicidio i due ragazzi americani, in vacanza a Roma, si spostarono dal loro albergo in piazza Cavour fino a Trastevere, in cerca di cocaina.

Giunti in piazza Trilussa chiesero la droga a Sergio Brugiatelli che accompagnò i ragazzi da uno spacciatore, Italo Pompei, che diede loro un involucro contenente della tachipirina.

Una volta finito lo scambio sopraggiunsero due carabinieri a bordo di uno scooter che bloccarono lo spacciatore, mentre Brugiatelli e uno dei due ragazzi si allontanarono. L’altro ragazzo, invece, fuggì portando con sé lo zaino di Brugiatelli che conteneva il cellulare.

Brugiatelli chiamò quindi il suo telefono e uno dei due ragazzi gli rispose che, se avesse rivoluto il suo zaino, avrebbe dovuto presentarsi con 100 euro e la cocaina promessa.

Brugiatelli avvertì i Carabinieri. Il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega venne contattato dalla centrale operativa del Comando Gruppo di Roma e raggiunse il collega Andrea Varriale. Brugiatelli diede appuntamento ai due ragazzi americani in via Pietro Cossa. Alle 2:13 del mattino, secondo il racconto di Varriale, i due carabinieri avvicinarono Elder e Natale Hjorth identificandosi. I due ragazzi provarono a scappare: Varriale tentò di bloccare Hjorth, che però fuggì, mentre Cerciello Rega afferrò Elder: quest’ultimo impugnò un coltello che aveva con sé e colpì 11 volte il carabiniere, uccidendolo.

In seguito alle indagini emerse che Cerciello Rega e Varriale erano effettivamente in servizio, ma entrambi senza pistola di ordinanza; infatti, Varriale è indagato dalla procura militare per violata consegna.

La versione di Hjorth

I due giovani vennero individuati ed arrestati il mattino seguente nel loro albergo.
In sede d’interrogatorio, Hjorth ha raccontato la sua versione dei fatti, a partire dalla cattura all’interno dell’hotel Le Meridien fino a quanto accaduto tra le mura della caserma.

Il giovane ha detto di essere rimasto bendato per circa mezz’ora, quasi un’ora e che quattro o cinque carabinieri gli sono saliti sopra per ammanettarlo. Pellegrini, il carabiniere che ha fotografato e diffuso l’immagine di Natale bendato, ai giudici del tribunale di Roma ha spiegato che bendarlo “era l’unico modo per calmarlo”.

I due americani sono stati condannati all’ergastolo in primo grado.

Sebbene Hjorth non sferrò il colpo mortale che uccise il vicebrigadiere, condivideva appieno il progetto criminale ed entrambi non hanno mai dimostrato pentimento.

Toccherà attendere il processo d’appello che si terrà il 10 febbraio per sapere se la pena pronunciata in primo grado verrà ribaltata o meno.