Eugenio Fasano: perché sono state riaperte le indagini sul carabiniere morto dopo una partita di calcetto

Eugenio Fasano: perché sono state riaperte le indagini sul carabiniere morto dopo una partita di calcetto

A due anni di distanza si torna a parlare del caso di Eugenio Fasano, il carabiniere morto dopo un partita di calcetto tra colleghi. Le storiche perplessità della famiglia hanno ora portato alla scoperta di nuove informazioni che potrebbero mettere in discussione i motivi del decesso dichiarati al tempo.

Si riaprono le indagini sulla morte del carabiniere Eugenio Fasano, il 43enne deceduto in circostanze poco chiare il 24 gennaio 2019 a due giorni di distanza da una partita di calcetto con alcuni colleghi probabilmente disputata al circolo Antico Tiro a Volo di Via Eugenio Vajna, Roma.

La famiglia dell’uomo, sporgendo denuncia, ha ottenuto la riapertura di due diversi fascicoli: uno si trova sul tavolo della Procura della Repubblica, l’altro su quello della Procura militare di Roma.

Le gravi lesioni riportate dai medici sulla sua cartella clinica non sembrano compatibili con un maldestro primo soccorso quanto piuttosto con una possibile aggressione violenta di cui però non si è mai parlato finora.

Caso Enrico Fasano: cosa non torna

É il 22 gennaio del 2019 quando la famiglia di Enrico Fasano perde i contatti con il giovane carabiniere, padre di due bambine.

Dalle ore 14 di lui non si hanno più notizie. Quando verrà chiamata l’ambulanza si farà riferimento a un match disputato negli spazi del Circolo Antico e a un improvviso malore che avrebbe colto l’uomo una volta entrato negli spogliatoi per cambiarsi alla fine dell’amichevole.

Chi ha disputato quell’ultima partita con Enrico però i suoi familiari ancora non lo sanno e soprattutto, appare strano che, come dichiarato dalla cognata:

"Nonostante la numerosa presenza di ufficiali e generali dell’Arma, che sono arrivati con l’ambulanza e molti di loro erano presenti anche sul campo da calcio e nello spogliatoio, nessuno è stato in grado di dare le generalità di Enrico".

Le carte inizialmente riportano "ignoto 2019014801" al posto del nome del maresciallo. Sono gli stessi medici del 118 intervenuti sul luogo a distanza di più di un’ora dal fatto a farlo notare alla donna e a sottolineare come, all’arrivo delle due ambulanze, quel giorno nello spogliatoio del circolo sportivo c’era già un medico, colonnello dell’Arma, e aveva con sé un defibrillatore.

Una pista alternativa

Sono questi i dettagli che hanno portato i parenti di Fasano a chiedersi perché i soccorsi non siano stati chiamati prima e soprattutto cosa sia avvenuto nell’arco di tempo che è intercorso fra il presunto malore di Enrico e il suo trasferimento in ambulanza. Il pronto soccorso lo condurrà infatti all’ospedale Umberto I di Roma dove, 48 ore dopo, il carabiniere si è spento.

La diagnosi effettuata già all’epoca scosse molto la famiglia: arresto cardio-circolatorio in infarto miocardio acuto. Solo dando uno sguardo alle altre informazioni riportate sul conto del maresciallo però si può capire perché l’ipotesi di un infarto fatale e imprevedibile oggi vacilla.

Le 11 costole fratturate, l’arteria rotta e il polmone e lo sterno perforati sono maggiormente compatibili con un’aggressione violenta che con qualche intervento medico poco corretto da parte di chi è intervenuto sul campo quel 22 gennaio.

Il caso si riapre, si cercano risposte

A dirlo poi è stata una fonte ufficiale, la sostituta procuratrice Roberta Capponi che dichiara ragionevole la pista che condurrebbe all’omicidio colposo.

L’appello dei suoi cari risuona perciò forte e chiaro: "Chi sa, parli".

Nella speranza di ricostruire finalmente delle dinamiche da sempre nebbiose ma soprattutto fornire delle concrete risposte ad una famiglia spezzata e colta alla sprovvista dalla questa perdita, si aspetta adesso il prosieguo delle indagini.