Esercito schierato contro la peste suina, Mattarella firma il provvedimento

Esercito schierato contro la peste suina, Mattarella firma il provvedimento

Il decreto agricoltura mette in campo l’Esercito per il contenimento della peste suina africana, ma non

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il decreto legge n. 63 del 15 maggio 2024, che schiera in campo le Forze Armate per il contenimento della peste suina africana. In particolare, l’articolo 6 del decreto agricoltura individua le “misure urgenti per contrastare la diffusione della peste suina africana”, tra cui l’assegnazione di 177 militari ai compiti di pubblica sicurezza, al fine di prevenire comportamenti potenzialmente rischiosi e assicurare che i soggetti coinvolti adottino le misure necessarie alla limitazione della malattia.

L’aumento di animali infettati dalla peste suina africana in Italia, come in Europa, è di certo un problema notevole che richiede misure straordinarie. Anche se la malattia non si trasmette all’uomo, ha infatti conseguenze devastanti sull’economia dei paesi e un ritardo nella risoluzione non fa altro che richiedere interventi ancora più pesanti, con la morte di migliaia di animali.

Da tempo gli allevatori chiedono l’aiuto del governo per il controllo della fauna selvatica e per proteggere più efficacemente gli allevamenti, perciò la messa in campo dell’Esercito non può che essere rassicurante. L’impegno dei militari può infatti contribuire in modo sensibile a risolvere più rapidamente questo problema, diminuendo l’impatto a carico degli allevatori (e quindi anche dei consumatori) ed evitando le sofferenze degli animali. Allo stesso tempo, il continuo ricorrere all’Esercito per questo genere di problemi non è un segnale così positivo.

Il governo mette in campo l’Esercito contro la peste suina

Il decreto agricoltura fa esplicitamente riferimento al comma terzo dell’articolo 89 del Codice dell’ordinamento militare, secondo il quale:

Le Forze armate concorrono alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgono compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza.

La legge ammette effettivamente che l’Esercito collabori insieme alle altre Forze per le esigenze pubbliche, ma soltanto in casi eccezionali e tenendo comunque conto che “Compito prioritario delle Forze Armate è la Difesa dello Stato” (dal comma primo dello stesso articolo). Un compito in cui non sono sostituibili, quando invece per le altre funzioni ci sono organi appositi, come il Corpo forestale dello Stato. Questo certamente non vuol dire che l’Esercito Italiano non si applicherà con la consueta dedizione anche a questo compito e, anzi, questa rassicurazione potrebbe essere parte del problema.

Lo sottolinea l’Associazione sindacale professionisti militari - con un comunicato stampa che trovate allegato qui sotto - decisamente contrariata dall’atteggiamento mostrato dalle istituzioni. Apprendiamo che il problema principale non è nemmeno l’ennesima delegazione all’Esercito di un compito che non gli compete in modo specifico, per quanto rientri nelle mansioni di aiuto nelle emergenze, bensì nel mancato riconoscimento di tale straordinarietà quando tocca ai diritti dei militari.

Non è così strano che uno Stato si affidi al suo Esercito per i problemi di maggiore rilevanza collettiva, ma ci si aspetterebbe che pari considerazione venga riservata anche ai diritti degli stessi militari, che invece sono ancora costretti a lavorare in condizioni deplorevoli, tra alloggi fatiscenti, divise inadeguate, carenza di personale e, più in generale, tutti i problemi che possono derivare dall’inadeguato stanziamento di risorse specifiche.

Naturalmente, come sottolineato dai diretti interessati, i militari non possono che obbedire e adeguarsi al decreto firmato dal presidente Mattarella, in qualità di Capo Supremo delle Forze Armate, ma forse continuare a fare affidamento sul senso del dovere e sulla prontezza del personale non è più sufficiente. Anche perché in un momento come quello attuale c’è un forte bisogno che i militari possano dedicarsi alla preparazione e all’addestramento, alla luce del panorama internazionale instabile e delle nuove sfide che rischiano di coglierci impreparati.