Cosa rischia chi insulta le Forze Armate e di Polizia su Facebook o Instagram?

Cosa rischia chi insulta le Forze Armate e di Polizia su Facebook o Instagram?

Ecco cosa rischia chi insulta su Facebook e Instagram le Forze Armate e di Polizia, quando commette un reato e perché.

Insultare qualcuno pubblicamente può integrare il reato di diffamazione, anche quando avviene a mezzo di social network, indipendentemente dal soggetto a cui sono rivolti gli oltraggi. Insultare un Carabiniere o un poliziotto, per esempio, può quindi integrare questo reato, ma non solo.

Le Forze Armate e le Forze di Polizia rappresentano lo Stato italiano ed esercitano le proprie funzioni per conto dell’istituzione pubblica, motivo per cui denigrarli pubblicamente può comportare un affronto diretto alla Repubblica Italiana. Nello specifico, i reati di vilipendio e di oltraggio a pubblico ufficiale puniscono chi insulta le Forze Armate e di Polizia, in determinate condizioni di gravità, in modo molto severo.

Questo non perché ci sia un trattamento preferenziale, ma perché - come già detto - rappresentano delle cariche istituzionali. Al di fuori di quest’ambito, infatti, gli agenti sono equiparabili a tutti i cittadini anche riguardo alla punibilità delle offese. Vediamo quindi cosa rischia chi insulta le Forze Armate e di Polizia su Facebook o Instagram.

Cosa rischia chi insulta le Forze Armate e di Polizia su Facebook o Instagram

L’insulto in sé e per sé non è un reato nel nostro ordinamento, da quando l’ingiuria è stata depenalizzata. Può però diventarlo se l’offesa avviene in modo pubblico, senza che il diretto interessato possa difendersi. Questo è il caso della diffamazione, che può facilmente accadere sui social network e anzi spesso risulta aggravata dall’utilizzo di Facebook e Instagram.

Quando gli insulti non sono rivolti al singolo individuo ma all’intera carica rappresentata, allora si incorre nel reato di vilipendio, che come la diffamazione presuppone la pubblicità dell’offesa. Infine, si ha l’oltraggio a pubblico ufficiale, un reato specifico che sanziona la condotta di chi insulta e affronta l’agente nell’esercizio delle funzioni che gli competono.

Tutti e tre questi reati possono concretizzarsi in offese e insulti su Facebook, Instagram o altri social network e hanno sanzioni molto differenti tra loro. Si precisa, però, che la condotta non è un reato quando, seppur rivolta contro un appartenente alle Forze Armate o di Polizia, avviene al di fuori dall’esercizio delle sue funzioni e in presenza del diretto interessato che può replicare. Per esempio, un messaggio privato.

In questo caso la condotta non è penalmente rilevante, ma si cade nell’illecito dell’ingiuria. La persona offesa può quindi chiedere un risarcimento del danno e l’applicazione di una sanzione pecuniaria (da 100 a 800 per l’ingiuria semplice, da 200 a 12.000 euro per l’ingiuria aggravata).

Oltraggio a pubblico ufficiale

L’oltraggio a pubblico ufficiale è un reato disciplinato dall’articolo 314 bis del Codice penale e punisce chi offende l’onore e il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d’ufficio dinanzi a più persone, a condizione di trovarsi in un luogo pubblico o aperto al pubblico e che l’offesa sia correlata all’esercizio delle pubbliche funzioni.

Tra i reati menzionati, l’oltraggio è quello più difficilmente probabile con l’utilizzo di Instagram e Facebook, che senza dubbio permettono la pubblicità dell’offesa ma difficilmente la contestualità. La giurisprudenza può però applicare la norma tenendo conto dell’evoluzione tecnologica, ad esempio nel caso di una trasmissione in diretta sui social oppure di una ripresa video del pubblico ufficiale con allegate offese e così via.

Chi commette l’oltraggio a pubblico ufficiale rischia la reclusione da 3 mesi a 6 anni, con un aumento della pena se con l’offesa attribuisce un fatto determinato. Non rischia nulla, invece, l’autore del fatto che dimostra la veridicità delle sue affermazioni o colui che abbia risarcito il danno.

Il reato di vilipendio

Chi insulta le Forze Armate e di Polizia sui social network rischia di commettere il reato di vilipendio, a patto che non si rivolga esclusivamente al soggetto in questione ma all’intera istituzione rappresentata. Di fatto, possono rientrare in questa fattispecie tutti gli insulti che riguardano la professione di un appartenente alle Forze Armate o di Polizia e non la sua individualità.

Chi commette il reato di vilipendio della Repubblica - articolo 290 del Codice penale - rischia una multa da 1.000 a 5.000 euro, se l’offesa è pubblica.

La diffamazione

Quando l’offesa riguarda il singolo e prescinde dalle sue mansioni e dalla carica o organo rappresentato si può incorrere nel reato di diffamazione, quando ve ne sono i requisiti:

  • la persona offesa non è presente (ad esempio, non è nel gruppo social oppure non è online);
  • gli insulti vengono a conoscenza di più persone, anche tramite passaparola;
  • è offesa la reputazione altrui.

Il reato di diffamazione, ai sensi dell’articolo 595 del Codice penale, è punito con la reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 1.032 euro. Le pene salgono in ipotesi di diffamazione aggravata per l’attribuzione di un fatto determinato (reclusione fino a 2 anni e multa fino a 2.065 euro) o per mezzo di pubblicità, quali possono essere Instagram e Facebook, con reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa minima di 516 euro.

Le sanzioni sono sempre aumentate se le offese, che non costituiscono altro reato, si rivolgono a un corpo politico, amministrativo o giudiziario.