Basentini indagato: “non ha tutelato Cesare Battisti”

Basentini indagato: “non ha tutelato Cesare Battisti”

Francesco Basentini indagato per non aver tutelato Cesare Battisti al suo rientro in Italia non garantendo il rispetto delle regole che disciplinano il trattamento nei confronti dei detenuti.

Anche il direttore del DAP - Francesco Basentini - risulta indagato in concorso con Matteo Salvini (Ministro dell’Interno) e Alfonso Bonafede (Ministro della Giustizia) per la vicenda del rientro di Cesare Battisti in Italia: secondo l’accusa - anche se molto probabilmente si andrà verso l’archiviazione del caso - Basentini non ha ostacolato la violazione delle regole che disciplinano il trattamento nei confronti dei detenuti.

La vicenda comunque dovrebbe chiudersi con un nulla di fatto: sia per Basentini che per Salvini e Bonafede, infatti, la Procura di Roma dopo aver ricevuto le accuse nei confronti dei Ministri e del direttore del DAP ha deciso di chiedere l’archiviazione del caso rimandando la decisione in merito a Salvini e Bonafede al Tribunale dei Ministri, il quale dopo aver valutato il dossier dovrà prendere una decisione in merito ai due.

Le accuse

Ricordiamo la natura delle accuse: nel dettaglio, ai PM di Piazzale Clodio sono stati consegnati due esposti in merito ad una possibile violazione della dignità della persona arrestata avvenuta al momento del rientro in Italia dell’ex terrorista Cesare Battisti. Violazione che secondo le accuse sarebbe avvenuta:

  • nel primo caso - segnalato da un avvocato di Catanzaro - durante la procedura seguita per la traduzione di Battisti, dal momento del suo arrivo a Ciampino e fino al suo trasferimento ad Oristano. In particolare, questo ha puntato il dito contro le accuse che il Ministro dell’Interno ha mosso nei confronti di Battisti, augurandogli di “marcire in carcere”;
  • nel secondo fascicolo - aperto in seguito ad una denuncia presentata dal Presidente della Camera penale di Roma, Cesare Placanica e firmato da tutto il direttivo - sotto accusa sono finiti due passaggi mostrati dal video pubblicato da Salvini e Bonafede nel quale si vedono le procedure di fotosegnalamento e del rilevamento e delle impronte digitali effettuate negli uffici della Questura.

In particolare, in quest’ultimo caso si rileva una possibile violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (“divieto di trattamenti disumani e degradanti”), così come dell’articolo 114 del Codice di procedura penale secondo cui è vietata “pubblicazione dell’immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all’uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica”. Altro articolo violato sarebbe il 42 bis dell’ordinamento penitenziario, secondo il quale durante le traduzioni devono essere adottate le opportune cautele per la protezione di quei soggetti - come nel caso specifico di Cesare Battisti - che concentrano su di loro la curiosità del pubblico. La protezione, nel dettaglio, deve essere da “ogni forma di pubblicità”.

Ad essere indagati, quindi, non sono solamente - come si credeva in un primo momento - Bonafede e Salvini, ma anche lo stesso direttore del DAP che visto il suo ruolo aveva il dovere di far rispettare le regole per il rispetto dei detenuti.

Ricordiamo comunque che in ogni caso secondo i PM non ci sono gli estremi per il reato. Il motivo è semplice: mancanza del dolo, quindi nessun illecito contestabile a Salvini, Bonafede e Basentini.