Abrogazione dell’abuso d’ufficio, perché e cosa cambierà

Abrogazione dell'abuso d'ufficio, perché e cosa cambierà

Si avanza verso l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, ecco perchè e cosa cambierà per i cittadini e i pubblici ufficiali.

La riforma della Giustizia è stata recentemente approvata dal Senato, che ha confermato anche l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, e passa quindi alla Camera per la seconda lettura. Il tema è più che mai controverso, non solo politicamente ma anche tra i giuristi e gli esperti del settore.

Come spesso accade, ci sono indiscutibili vantaggi nell’abrogazione, ma anche alcuni rischi non indifferenti. Entrambi interessano da vicino tutti i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio, che potrebbero trovare sollievo dalla stretta di questa fattispecie penale, ma anche dover assistere a condotte dubbie diventate impunibili. Ecco cosa cambierà.

Cos’è l’abuso d’ufficio

L’abuso d’ufficio viene disciplinato dall’articolo 323 del Codice penale come reato proprio, perché può essere commesso soltanto da alcuni soggetti, in particolare i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio, tra cui gli appartenenti alle Forze Armate e alle Forze di Polizia, ma anche notai, sindaci e insegnanti statali.

Questo reato ha la funzione di tutelare il buon andamento delle Pubbliche Amministrazioni, impedendo che le regole imposte con criteri obiettivi vengano soppiantate dagli interessi personali, rimarcando al contempo principi di equità e trasparenza. L’abuso d’ufficio è infatti definito come il procurarsi di un vantaggio patrimoniale o il procurare ad altri soggetti un danno ingiusto, violando le regole di condotta nell’esercizio delle proprie funzioni. La pena prevista è della reclusione da 1 a 4 anni, con aumento nei casi di particolare gravità.

Si evince facilmente uno dei motivi di contestazione di questa normativa, che lascia ampio margine per definire i comportamenti integranti il reato. Gli unici requisiti sono infatti:

  • L’autore è un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio;
  • la condotta avviene durante lo svolgimento delle funzioni pubbliche;
  • vengono violate regole di condotta oppure l’obbligo di astensione (per conflitto di interessi) previsti dalla legge;
  • l’autore si procura un vantaggio o causa un danno ingiusto ad altri.

Perché l’abuso d’ufficio viene abrogato

Come anticipato, la spinta all’abrogazione del reato di abuso d’ufficio si poggia soprattutto sulla mancanza di confini netti per questa fattispecie. Ovviamente, la condanna è sempre subordinata all’esito di un equo processo, a sua volta preceduto dalle indagini, ma nonostante ciò molti pubblici ufficiali hanno subito effetti pregiudizievoli fin dall’avvio delle inchieste.

Si fa riferimento soprattutto ai sindaci e agli amministratori locali, tenendo conto del fatto che la maggior parte delle inchieste è terminata con proscioglimenti o assoluzioni, peraltro dopo le consuete tempistiche che paralizzano i tribunali italiani. La volontà di abrogare il reato, infatti, va letta anche in un tentativo di preservare il principio di presunzione d’innocenza, un obiettivo che permea nel ddl Nordio.

Il governo ha così optato per la completa abrogazione dell’articolo 323 del Codice penale, abolendo il reato di abuso d’ufficio, nel tentativo di evitare le discriminazioni fondate su indagini o accuse non accertate, ma anche di velocizzare la burocrazia. Usando le parole della premier Meloni, infatti, l’abuso d’ufficio ha generato “la paura della firma”, rimpalli di responsabilità e precauzioni eccessive che hanno rallentato l’andamento degli uffici pubblici.

Cosa cambia se l’abuso d’ufficio viene abolito

L’abrogazione dell’abuso d’ufficio, insieme agli altri punti della riforma della giustizia, è stata approvata dal Senato solo a febbraio 2024 e deve ancora completare l’iter in Camera dei deputati. Di fatto non è ancora legge, ma è altamente probabile che il successo riscosso finora nella maggioranza si ripercuota anche nella seconda lettura.

Con questa completa abrogazione ci si attendono gli effetti positivi auspicati dal ministro Nordio, ma si teme anche l’impunità di alcune condotte. L’abuso d’ufficio fa della raccomandazione da parte di pubblici ufficiali (o incaricati di pubblico servizio) un reato, fornendo un forte deterrente e spingendo al rispetto dei requisiti di equità e trasparenza, nonché negli interessi delle stesse Pa.

Con l’abolizione dell’abuso d’ufficio questa condotta non avrà più rilevanza penale, ma sarà comunque vietata dalla normativa sulle funzioni della Pubblica Amministrazione e dagli specifici codici di condotta. Indubbiamente la funziona dissuasiva è molto minore (sono previste sanzioni amministrative e disciplinari, senza rilevanza penale), ma non si può comunque parlare di impunità.

Non dimentichiamo poi che resta in vigore il reato di corruzione, che si differenzia per il presupposto dell’ottenimento di denaro o “altra utilità" accettato dal pubblico ufficiale per lo svolgimento delle sue funzioni, indipendentemente dai danni e vantaggi conseguenti. Si tratta di un reato molto più grave, infatti l’articolo 318 del Codice penale lo punisce con la reclusione da 3 a 8 anni, che ha però confini più limitati. Anche in questo caso, il bene giuridico tutelato è il buon andamento della Pubblica Amministrazione.

Ecco che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio non sarà così decisiva come si potrebbe pensare, di fatto anche le contestazioni - prima fra tutte quella dell’Unione europea - sono fondate sul rischio di mancato accertamento del reato di corruzione, spesso concesso proprio partendo dalle indagini avviate per abuso d’ufficio.

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