Luca Restivo - 6 settembre 2022
Ufficiale dei Carabinieri vittima di mobbing: ecco la sentenza del Consiglio di Stato
L’Ufficiale vessato dai suoi superiori verrà risarcito con 5.000 euro.
La sentenza del Consiglio di Stato getta una nuova luce sul fenomeno del mobbing all’interno delle Forze armate.
Stiamo parlando del caso di un Maggiore dell’Arma dei Carabinieri che ha proposto il ricorso in primo grado dinnanzi al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) per l’accertamento di comportamenti riconducibili al mobbing sul posto di lavoro, accompagnati anche ad atteggiamenti vessatori, chiedendo al Ministero della Difesa il risarcimento per i danni subiti.
Il TAR ha accolto il ricorso del carabiniere e ha condannato l’Amministrazione al pagamento, in favore dell’ufficiale, delle spese di lite, liquidate in 2.500 euro, oltre agli accessori di legge.
Il Consiglio di Stato, con una recente sentenza, ha confermato le disposizioni del TAR, segnando un punto importante dal punto di vista della giurisprudenza.
Mobbing Arma dei Carabinieri: cosa è successo
Un Maggiore dei Carabinieri, di comprovata esperienza e professionalità, con incarichi anche in contesti internazionali, viene incaricato su delega del Procuratore Capo della Repubblica, di svolgere degli accertamenti su un suo superiore, un colonnello e Comandante provinciale dei Carabinieri che, in seguito, è stato in parte prosciolto per estinzione dei reati di cui era accusato per il sopraggiungere della prescrizione.
In seguito a questo episodio, come riporta Infodifesa.it, il Maggiore è vittima di “ una lunga serie di pretestuose vessazioni ” da parte dei suoi superiori, in particolar modo di un Generale. La serie di sgarbi professionali è terminata quando il Maggiore è stato trasferito presso la Direzione centrale di Polizia criminale del Ministero dell’Interno.
Da qui, la decisione di avere giustizia per i torti subiti e la richiesta di ricorso al Tar che lo ha accolto, precisando che il mobbing consiste “in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti del gruppo di lavoro in cui è inserito o da parte del suo capo, caratterizzati da un intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato all’obiettivo primario di escludere la vittima dal gruppo” (cfr. sentenza n. 359/2003 della Corte Costituzionale).
Il Tar ha evidenziato che l’Amministrazione si è limitata a constatare l’effettiva sussistenza di un intento persecutorio con riguardo alla vicenda dei trasferimenti d’ufficio; ma non ha contestato la sussistenza delle numerose condotte poste in essere dai superiori contro il Maggiore.
Il Tar ha condannato l’Amministrazione al risarcimento del danno in favore dell’Ufficiale per la cifra di 2.500 euro. Ma il Consiglio di Stato ha fatto di più.
Mobbing Arma dei Carabinieri: la sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato non solo ha confermato la sentenza emessa dal Tar, ma ha inasprito il giudizio nei confronti di chi ha esercitato mobbing nei confronti del Maggiore dei Carabinieri, precisando che nel mobbing rientrano anche “comportamenti intenzionalmente ostili, reiterati e sistematici, esorbitanti ed incongrui rispetto all’ordinaria gestione del rapporto” e che conducono a dare vita ad un “ effetto lesivo della sua salute psicofisica e con l’ulteriore conseguenza ”.
Ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, va accertata la presenza di una pluralità di questi elementi:
- Disegno vessatorio ai danni del dipendente;
- Evento lesivo della salute psicofisica del dipendente;
- Nesso eziologico tra la condotta del datore o superiore gerarchico e la lesione dell’integrità psicofisica del lavoratore;
- Intento persecutorio.
Nella sentenza, il Consiglio di Stato ha detto che nel caso di specie, il fenomeno del mobbing “è emerso in modo sostanziale ed inconfutabile, sia sul piano fattuale sia su quelle teleologico”, poiché le condotte vessatorie sono state condotte con “un elevatissimo grado di probabilità logica e razionale” perseguendo una “ finalità ritorsiva, espulsiva e umiliante ”.
Mobbing Arma dei Carabinieri: a quanto ammonta il risarcimento
Alla luce di quanto evidenziato nei paragrafi precedenti, il Consiglio di Stato ha appurato che la ritorsione nei confronti dell’Ufficiale dei Carabinieri è stata effettuata dai suoi diretti superiori ed ha dichiarato la responsabilità dell’Amministrazione per la violazione dell’art. 2087 del Codice civile e condannando il Ministero della Difesa al risarcimento dei danni verso il Maggiore per la cifra di 5.000 euro.
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