Militari italiani a Kiev, parte la missione: svelati gli obiettivi

Militari italiani a Kiev, parte la missione: svelati gli obiettivi

Il nostro contingente sarà impegnato in attività di protezione e sicurezza dell’ambasciata italiana e indagherà sui crimini di guerra russi.

Il conflitto russo-ucraino prosegue ormai da oltre tre mesi con prospettive di risoluzione per le vie diplomatiche quasi nulle. Ed è per garantire la sicurezza, in questo momento di forte instabilità, che i militari italiani si trovano oggi a Kiev per difendere l’Ambasciata italiana.

In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il generale di brigata Nicola Conforti, vice capo del II Reparto del Comando generale della proiezione estera dei Carabinieri, ha spiegato l’impegno dei nostri militari, sia in Ucraina che nei vari teatri internazionali.

Perciò, viene da domandarsi: quali sono i Reparti coinvolti e in cosa consistono gli obiettivi della missione italiana?

Militari italiani a Kiev: quali sono i Reparti coinvolti

Nel corso dell’intervista rilasciata al giornalista Rinaldo Frignani del Corriere della Sera, il generale di brigata Nicola Conforti ha spiegato che a Kiev opera il personale della 2^ Brigata Mobile dei Carabinieri, che comprende, oltre al 7° e al 13° Reggimento, anche il Reggimento paracadutisti “Tuscania” e il Gruppo di intervento speciale (Gis).

I militari proteggono l’ambasciata italiana a Kiev e prenderanno parte con gli specialisti dei Ris alla task force europea presso la Corte penale internazionale dell’Aja che indaga sui crimini di guerra russi.

Un incarico importante e molto prestigioso che mette in evidenza quanto sia fondamentale il ruolo giocato dal nostro contingente.

La sicurezza delle ambasciate italiane è uno dei principali compiti assegnati all’Arma in via esclusiva. Un impegno non privo di pericoli, come testimonia purtroppo l’uccisione l’anno scorso del carabiniere Iacovacci” ha spiegato Conforti, ricordando il militare ucciso nel 2021 nell’agguato in Congo nel quale perse la vita anche l’ambasciatore italiano Luca Attanasio.

Il generale riporta alla memoria l’impegno costante dei militari nei contesti internazionali: “Come già Baghdad e Tripoli, ora anche nella capitale ucraina”.

A 167 anni dal primo impiego del nostro contingente in Crimea, la storia si ripete. Una nuova sfida alla quale i reparti in missione sapranno rispondere con la professionalità e il senso del dovere che li caratterizza.

Militari italiani: quanti sono i Carabinieri all’estero

Il generale di brigata Conforti ha evidenziato che il periodo di permanenza presso le ambasciate è di circa 3-4 anni, a differenza dei “contingenti di rinforzo che vengono avvicendati ogni circa sei mesi”.

I carabinieri in missione all’estero, spiega Conforti, sono

“circa un migliaio. Anche in Niger, Gibuti, Somalia, Palestina. Puntiamo sulla qualità più che sulla quantità degli operatori che, anche con i corsi di aggiornamento linguistico, riescono a integrarsi con la comunità locale”.

Il 6 maggio scorso, ha evidenziato Conforti, è stata firmata un’intesa tecnica di cooperazione in campo addestrativo con la Guardia nazionale messicana, forza di polizia con natura militare istituita nel 2019 sul modello dell’Arma e dove è stato distaccato, per oltre un anno, un nostro ufficiale come advisor.

Abbiamo acquisito nel tempo competenze a sostegno dello sviluppo delle forze di sicurezza di Paesi di preminente interesse strategico nazionale sulla base di protocolli e accordi tecnici internazionali siglati dal Comandante generale, su delega del Capo di Stato Maggiore della Difesa”.

In Ruanda, dal 2017, è impegnato un ufficiale superiore con funzioni di advisor dell’Ispettore generale della Polizia nazionale. Lo stesso impegno che i carabinieri hanno avuto in Moldavia dove, per tre anni, un colonnello dell’Arma ha fornito consulenza e assistenza per la riorganizzazione dei loro Carabinieri.

Militari italiani: gli obiettivi delle missioni

A Kiev, lo scopo principale è garantire la sicurezza e proteggere l’ambasciata italiana.

Più generalmente, l’obiettivo delle missioni all’estero, in contesti in cui le istituzioni sono insufficienti o collassate causa di situazioni di crisi, è quello di consentire una “ sicura e ordinata convivenza , addestrando e sostenendo le forze di polizia locali. Senza dubbio la polizia di stabilità è la capacità che contraddistingue il valore aggiunto dell’Arma, rendendola un unicum nel panorama internazionale”.

A questo si aggiunge lo scopo di essere “un solido riferimento per la comunità internazionale, promuovendo l’originale concetto di stability policing di cui l’Arma è stata precursore”.

L’Arma dei Carabinieri investe molto sulle missioni all’estero. Infatti, a Vicenza vi è l’hub internazionale che ospita dal 2005 il Centro di eccellenza per la stabilily police unit. Sempre a Vicenza vi sono il quartier generale della Gendarmeria europea e il Centro di eccellenza Nato per la polizia di stabilità.

L’obiettivo primario resta sempre e comunque la pace:“Abbiamo formato 12mila peacekeeper di 115 Paesi e 17 organizzazioni internazionali, ma portiamo il nostro know how anche a domicilio. La sicurezza si evolve, dobbiamo essere sempre pronti” ha rimarcato il generale Conforti.