Bodyshaming: cos’è, quando si verifica e cosa si rischia

Bodyshaming: cos'è, quando si verifica e cosa si rischia

Cosa si intende quando si parla di body shaming e quali sono le sanzioni a cui si va incontro.

Prendere in giro una persona per il suo aspetto fisico è un modo di fare antico come il mondo. Quante volte è capitato di sentire commenti sgradevoli rivolti ad altri o essere oggetto di stupide denigrazioni.

Bene, tutto questo ha un nome ben preciso e si chiama body shaming e può verificarsi ovunque: in famiglia, a scuola, sul posto di lavoro, con esempi riscontrabili sui media, in televisione, al cinema.

Con l’avvento dei social network, dove l’insulto è davvero a portata di commento o di post, il bodyshaming può sfociare in ipotesi di reato che se perseguite dalla persona offesa possono provocare importanti conseguenze per chi scaglia l’oltraggio.

Gli insulti possono diventare talmente martellanti ed ossessivi da generare delle vere e proprie persecuzioni. Molte persone prese di mira per il proprio aspetto fisico si sono suicidate o hanno compiuto gesti lesivi contro sé stessi.

Il body shaming è, quindi, un reato? Cosa si rischia se si deride una persona per il proprio aspetto fisico?

Body shaming: di cosa si tratta

Il body shaming è quando qualcuno a voce o sui social deride l’altro per via del suo aspetto fisico.

Che si tratti di magrezza, adiposità, alta o bassa statura, colore dei capelli, parti del corpo ecc., questi orrendi insulti hanno lo scopo di colpire tutti coloro i quali non sono aderenti ai canoni estetici della cultura in cui la vittima vive, e non ha importanza che sia anormale o dannoso per la salute, né che la vittima abbia la possibilità di modificarlo o no.

In buona sostanza si tratta di una forma di bullismo; infatti, “body” significa “corpo” e “shaming” appunto “far vergognare o deridere qualcuno”.

Per chi fa body shaming, il canone estetico preso a modello è il metro di giudizio sotto la cui lente passa la vittima designata, sottoposta ad una vergognosa gogna, atta a ridurre l’autostima, portandola ad avere problemi di natura alimentare, ma anche ansia e depressione.

Nella credenza popolare, il body shaming si perpetrava contro chi aveva i capelli rossi o biondi o chi era troppo grasso. Il canone preso a modello varia da epoca ad epoca così come la discriminazione e l’isolamento.

Body shaming: quando si verifica

Capire quando si è in presenza di body shaming è facile. L’intento è quello di insultare e il giudizio espresso non si inserisce all’interno di una discussione ma è gratuito, non richiesto. Ed è proprio la gratuità che fa intuire il fine persecutorio di chi agisce.

Il body shaming colpisce indistintamente sia donne che uomini, che non sono in linea con il modello estetico imposto dalla società e dalla cultura di massa. Si è vittime di discriminazione ed insulti quando l’accusatore lancia commenti verbali o scritti contro qualcuno. Tuttavia, il body shaming può avere luogo in qualsiasi tipo di situazione con commenti e giudizi solo apparentemente innocui.

Il fenomeno del body shaming è aggravato dall’uso dei social network, vera e propria cassa di risonanza per i commenti più spregevoli, dove il bullismo e il cyberbullismo sono all’ordine del giorno. La categoria che è maggiormente presa di mira è quella degli adolescenti e delle donne in post-parto.

Body shaming: il vocabolario

Scrivere sotto un commento “Secondo me”, “A mio giudizio”, “Mi sembra che…” lascia trasparire un intento affatto diffamatorio ma rivolto ad esprimere un giudizio personale, soggettivo e, quindi, legato unicamente al modo di vedere dell’autore.

L’uso invece di espressioni assolute e forti come “Fai schifo”, “Sei un mostro”, “Sei un pachiderma”, “Io al posto tuo mi chiuderei in casa e mi ucciderei” hanno, invece, un intento di natura completamente diversa.

Body shaming: cosa fare

La vittima di body shaming può rivolgersi alla Polizia o ai Carabinieri per querelare l’autore dell’offesa. Nel caso in cui le indagini dovessero portare alla condanna del colpevole, sarà poi il giudice a valutare se le espressioni usate dall’imputato hanno davvero un intento diffamatorio o meno.

In caso positivo, la vittima potrà “costituirsi parte civile” nel processo penale per chiedere il risarcimento del danno.

Body shaming: cosa si rischia

Nella migliore delle ipotesi, il body shaming può essere classificato come una diffamazione aggravata, (aggravata perché avviene tramite internet).

Però l’insulto o il commento inappropriato può anche sfociare nel bullismo, al fine di emarginare la vittima, o addirittura nel reato di stalking quando diventa talmente ripetitivo da modificare le abitudini di vita della vittima o le crea una situazione di stress o ansia.

L’articolo 595 del Codice penale ha chiarito quando si verifica la diffamazione: “quando comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione”. La Cassazione si è pronunciata molto spesso circa i messaggi diffamatori distinguendo sostanzialmente le e-mail dai social.

In particolare, ha ritenuto che l’e-mail sia una comunicazione diretta a un destinatario predefinito ed esclusivo, anche in caso di invii plurimi.

Nel caso in cui l’offesa venga fatta circolare mediante l’utilizzo dei social, la sua diffusione indiscriminata può invece intendersi “in re ipsa”, cioè in virtù della natura del mezzo usato, venendo considerata diffamazione aggravata in quanto può avere un destinatario indistinto.

In questo caso, la pena potrebbe raggiungere la reclusione da sei mesi a tre anni, e la multa non inferiore a 516,00 euro.

Se il body shaming sfocia in commenti ossessivi e reiterati, costringendo la vittima a modificare le proprie abitudini di vita, si parla di stalking. In ogni caso, questi reati vengono perseguiti a querela della parte offesa, con conseguente possibilità, una volta aperto il giudizio, di costituirsi parte civile anche per richiedere il risarcimento dei danni.

Se non costituisce un reato più grave, la condotta in questi casi è punita con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi (art. 612bis c.p.).

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