Blue line Libano: cosa fanno i militari italiani al confine con Israele

Blue line Libano: cosa fanno i militari italiani al confine con Israele

Nella linea di confine “facciamo arrivare farmaci, alimenti e doniamo il sangue” ha detto il Generale Vergori.

La Brigata Folgore dell’Esercito italiano è impegnata nella missione in Libano, nel difficile compito di mantenere la stabilità in un territorio martoriato da guerre intestine e non solo.

I caschi blu italiani pattugliano il lembo di terra della Blue line, quel fazzoletto che rappresenta un cuscinetto che attutisce lo scontro tra Israele e Libano.

La situazione è sempre delicata, costantemente incerta e non solo per effetto delle storiche tensioni tra Israele e Libano o perché il Libano fa i conti con una gravissima crisi economica” ha spiegato Roberto Vergori, che in Italia è il comandante della Brigata paracadutisti Folgore e in Libano è il numero uno del Sector West, come riporta Il Messaggero.

Cos’è la Blue line in Libano

La Blue line non è un confine politico, ma una linea di demarcazione che rappresenta il completo ritiro delle Forze armate israeliane (IDF) dal Libano del Sud il 23 maggio 2000.

Si tratta di una lunga striscia di terra di circa 118 chilometri ed è formata da 470 punti di cui 212 nel settore a guida italiana, identificati parzialmente sul terreno da border pillars di colore blu.

Il processo di definizione dei punti della blue line (blue line marking) è il main effort della missione UNIFIL, come indica reportdifesa.it.

Il 7 giugno del 2000, l’Onu ha reso pubblica la Blue line ed entro il settembre 2018, Israele ha completato 11 chilometri di una barriera di cemento, lungo il confine con il Libano, che serve a proteggere le comunità israeliane dalle infiltrazioni di Hezbollah.

I due Stati, Libano e Israele si impegnano a non oltrepassare la linea. Come indica Il Messaggero, una sessantina di chilometri rientrano nella fascia di competenza del Sector West.

Cosa fa l’Esercito italiano in Libano

La competenza del Sector West è stata data all’Italia direttamente dalle Nazioni Unite. Insieme ai militari paracadutisti della Folgore operano 17 Nazioni, supportati da uomini e mezzi di molti altri reparti, tra cui i blindati Lince.

I soldati italiani sono circa 1.300 e si occupano del pattugliamento, alle volte anche congiunto con i soldati della Lebanese armed forces, e raccolgono le informazioni che arrivano dalle pattuglie schierate sul confine.

Con loro svolgiamo il 13 per cento delle nostre attività e a loro giriamo tutte le informazioni raccolte nel corso dei pattugliamenti - racconta il tenente colonnello Francesco Errico, il capo ufficio operazioni del Sector West al Messaggero -. Anche lo scambio continuo di ogni tipo di notizie ci consente di fare in modo che la situazione in questo momento sia molto stabile ”.

Il compito che è stato affidato all’Italia dalle Nazioni Unite, la cui base più avanzata è nel punto denominato “1-31”, è quello più complesso: presidiare il confine più a sud del Libano e monitorare costantemente quello che accade nella zona in cui le tensioni si fanno ogni giorno sempre maggiori.

Non solo attività controllo, ma anche aiuti umanitari. Il Generale Vergori ha spiegato che i nostri militari sono attenti “a raccogliere le richieste della parte più fragile della popolazione, a iniziare da quella delle donne, dialoghiamo continuamente con i sindaci, quando necessario facciamo arrivare farmaci e alimenti, doniamo il sangue per rifornire ospedali e associazioni di volontariato. Per questo i libanesi ricambiano con fiducia e affetto”.

L’importanza di Italbatt nelle zone di confine

Il grande muro voluto da Israele non basta a sedare provocazioni e tensioni al confine con il Libano. Proprio per via dell’alta pericolosità della situazione ogni pattugliamento è sempre un rischio.

Tra Al Mansouri, Shama e Naqoura, le basi italiane rientrano sotto il comando di Italbatt, che si compone di:

  • 700 uomini tra parà, reggimenti di fanteria e cavalleria, guastatori, battaglioni di manovra e di logistica;
  • Lince e blindo-centauro schierati nel piazzale della caserma 1-26.

La cooperazione militare e civile si devono unire, fondere. E nei villaggi ci sono sempre grandi manifestazioni di gioia e apprezzamento quando passano gli italiani. È un segno della bontà del nostro lavoro” sottolinea il colonnello Dario Paduano, il comandante di Italbatt.

A dimostrazione di come il lavoro dei militari italiani non sia solo tattico.

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