Monza, trovata morta un’agente della Polizia Penitenziaria

Monza, trovata morta un'agente della Polizia Penitenziaria

Trovata morta un’agente della Polizia Penitenziaria, una donna di 41 anni, all’interno della sua auto nella zona industriale di Brugherio, vicino Monza. Il colpo mortale proviene dalla sua pistola d’ordinanza.

Un colpo di pistola, sparato dalla sua stessa pistola d’ordinanza; è quello che ha ucciso una donna agente della polizia penitenziaria a Monza, la sera del 19 dicembre. L’agente, ma prima ancora una donna di 41 anni, mamma di due bambini piccoli è stata trovata morta a bordo della sua auto; aveva finito il suo turno serale al carcere di Monza, ma nella sua abitazione non ha mai fatto ritorno.

Il cadavere della donna è stato rinvenuto da una collega in Via Giorgio Le Pira, nella zona industriale di Brugherio.Inutili i soccorsi, all’arrivo del 118 la donna era già morta. Sono intervenuti sul posto agenti della Polizia di Stato, carabinieri e numerosi poliziotti penitenziari, increduli colleghi della donna.

Gli inquirenti, per il momento non escludono alcuna ipotesi, sebbene dalle prime indagini emerga con forza la tesi per cui la donna si sarebbe tolta volontariamente la vita.

L’episodio

La donna secondo quanto si apprende dalle dichiarazioni dei suoi colleghi era benvoluta e sempre disponibile. La sera del 19 dicembre aveva terminato il suo turno di servizio alle 20.00. Il marito non vedendola tornare a casa si era recato al penitenziario, dal quale però la donna risultava essersi già allontanata per recarsi nella zona industriale dove è stata ritrovata cadavere.

Dalle indagini è emerso che il colpo di pistola, mortale per la donna, è stato sparato con la stessa pistola d’ordinanza conferitale in dotazione dalla polizia penitenziaria. La donna era un’ ispettrice capo, originaria della stessa città in cui prestava servizio.

L’episodio si inserisce in un lungo filone, negli ultimi quindici anni i suicidi tra i soli poliziotti penitenziari ammontano a 128. Da tempo si sollecita le istituzioni perché vi siano controlli psicologici sui poliziotti penitenziari, i quali prestano il loro servizio all’interno di una situazione ostile per definizione: il carcere.

Non si può semplicemente addossare il gesto estremo a problemi personali dei poliziotti penitenziari, i quali sono sottoposti a turni di lavoro incessanti all’interno di carceri sovraffollate, il che può come minimo essere un aggravante delle condizioni psichiche.

Una realtà che non può più essere sottaciuta

I numeri relativi ai morti suicidi tra le forze armate sono troppo spesso sottaciuti e sottovalutati. È necessario comprendere quali siano le ragioni che spingono sempre più uomini e donne in divisa a dire basta, a togliersi la vita.

Occorrerebbe istituire sportelli d’aiuto, occorrerebbe fornire un aiuto effettivo psicologico capace di cogliere i campanelli d’allarme molto prima che si verifichino episodi estremi dai quali non si può tornare indietro.

La riforma dell’ordinamento delle carceri deve essere necessariamente l’occasione per un intervento risolutivo. Il numero dei suicidi tra le Forze Armate e soprattutto tra i poliziotti carcerari è un dato preoccupante e indicativo di un sistema fallimentare, incapace di garantire la dignità non solo dei detenuti ma anche di tutti gli operatori carcerari.

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