Malattia, durata massima: cos’è il periodo di comporto

Malattia, durata massima: cos'è il periodo di comporto

Ecco una guida sul periodo di comporto: cos’è, quanto dura, come viene conteggiato e quali sono i diritti del dipendente.

La durata della malattia può inficiare la conservazione del rapporto di lavoro. Esiste, in tal senso, un limite chiamato periodo di comporto, durante il quale viene garantito il mantenimento del posto di lavoro al dipendente.

Oltrepassato il periodo di comporto, l’azienda può procedere con il licenziamento appellandosi anche solo al fatto che l’assenza si è protratta per un lasso di tempo troppo lungo al punto da far venir meno l’interesse verso le prestazioni lavorative del dipendente.

Il licenziamento è obbligatorio dopo il periodo di comporto?

Il periodo di comporto è quel tempo massimo concesso al dipendente per la malattia affinché non sia licenziato. Si tratta invero del numero massimo di giorni di assenza accettati dal luogo di lavoro prima che si possa passare al licenziamento del dipendente.

Il licenziamento, tuttavia, non è un obbligo di legge. Il datore di lavoro può scegliere anche di passare oltre, soprassedere e continuare a mantenere il dipendente. Si tratta solo di una possibilità con la quale viene giustificato un eventuale licenziamento. L’azienda è cioè legittimata - superati i giorni di assenza massima - a licenziare, qualora lo ritenga opportuno.

Quanto dura il periodo di comporto

Secondo l’art. 21 del CCNL Comparto Ministeri 16/05/1995 che disciplina l’assenza per malattia riguardo ai periodi massimi fruibili, il periodo di comporto del dipendente con conservazione del posto di lavoro può durare per un periodo massimo di 18 mesi, con:

  • retribuzione intera per i primi 9 mesi;
  • 90% della retribuzione per i 3 mesi successivi;
  • 50% della retribuzione per i 6 mesi successivi.

Quali tipologie di assenze rientrano nel periodo di comporto

Il periodo di comporto consiste nella somma di tutte le assenze per malattia di cui si è usufruito nei tre anni precedenti alla data di inizio dell’episodio di malattia in corso, comprese le assenze dovute a:

  • infermità dipendente da causa di servizio (con retribuzione intera come da art. 22, comma2 del CNNL);
  • ricoveri ospedalieri in day hospital o day surgery;
  • visite, terapie, esami diagnostici e altre prestazioni specialistiche.

Quali tipologie di assenze non rientrano nel periodo di comporto

Non vengono conteggiate nel periodo di comporto quelle tipologie di assenza individuate dalle norme contrattuali e dovute a:

  • terapie salvavita, compresi i giorni di ricovero ospedaliero finalizzati a tali terapie (art. 21, comma 7-bis del CCNL);
  • cure termali per mutilati, invalidi di guerra o invalidi per servizio (art. 21, comma 7-ter del CCNL);
  • progetti di recupero o terapeutici psico-fisici (art. 12 del CCNL 16/05/2001);
  • congedo per cure agli invalidi (art. 7, d.lgs. n. 119/2011);
  • infortunio sul lavoro certificato dall’INAIL (art. 22, comma 1 del CCNL 16/05/1995).

Criteri e modalità di computo delle assenze

Si considera un unico evento di malattia quello che si genera da prognosi attestate da uno o più medici certificati. L’assenza deve protrarsi però senza soluzione di continuità. I giorni del week end, qualora il dipendente sia malato di venerdì e presenti un nuovo certificato per il lunedì, sono conteggiati.

Se il dipendente presenta un certificato di malattia, avviene la verifica in merito a se questi giorni rientrano nel limite dei 18 mesi e se sussiste o meno la decurtazione economica al superamento dei primi 9 mesi.