A chi viene tolto il reddito di cittadinanza nel 2023

A chi viene tolto il reddito di cittadinanza nel 2023

Cambia il Reddito di cittadinanza. Dal 2023 gli occupabili rischiano di perderlo. Ecco chi sono.

Stretta al Reddito di cittadinanza. Nel 2023 sarà erogato per soli 8 mesi anziché 12 e a molti verrà tolto. L’intento è quello di eliminare il sussidio a chi sta “seduto sul divano”, per usare le parole del governo Meloni, ma all’interno del testo della legge di Bilancio 2023 più che essere punito chi sta sul divano, sarà penalizzato chi ricerca un lavoro e chi studia per questo. Infatti il concetto di “occupabili”, al centro della polemica in questi giorni, è piuttosto ambiguo.

Chi sono gli occupabili? È il grande interrogativo da porsi, perché il decreto del 2019, poi convertito in legge, descrive come occupabili tutti coloro che hanno età compresa tra i 18 e i 64 anni e che non rientrano in una delle condizioni di esclusione dagli obblighi del Reddito di cittadinanza. Secondo il governo sarebbero circa 900.000 detentori attuali del Reddito di cittadinanza, mentre per l’Inps sono a malapena 300.000. Questo perché l’Inps prende in considerazione molti altri fattori di esonero dall’esclusione rispetto ai dati del governo.

A partire dal 2023 i percettori del Reddito di cittadinanza considerati “occupabili” avranno soltanto a disposizione 8 mesi di sussidio, nel quale cercare lavoro, prima di perderlo. Si tratta di un vero e proprio “sussidio a tempo”, come lo definisce Il Sole 24 Ore, una sorta di soluzione ponte per la ricerca di un lavoro. Inoltre il RdC sarà interrotto alla prima proposta di lavoro rifiutata.

Il destino del reddito di cittadinanza nel 2023: cosa cambia e chi rischia di perderlo

Il 1° gennaio 2023 entrerà in vigore la legge di Bilancio e le decisioni al suo interno, tra cui le modifiche importanti a Reddito di cittadinanza. Lo strumento diventerà un sussidio momentaneo al sostegno alla povertà, finalizzato molto di più all’entrata nel mondo del lavoro. Infatti c’è grande attenzione sul termine “occupabili” e su chi perderà il reddito e chi invece lo conserverà.

Secondo quanto si vince dal testo della legge di Bilancio 2023 la riduzione del sussidio da 12 a 8 mesi sarà applicata a tutti, tranne ai nuclei famigliari con all’interno persone disabili, minori o persone con almeno sessant’anni di età.

Nel testo quindi non è inserito il termine “occupabili” e si rischia così di peggiorare la situazione economica di chi già cercava lavoro o stava lavorando ma con un reddito più basso. Infatti il nucleo familiare con minori, over 60 o persone disabili non implica necessariamente persone non occupabili.

Il precedente testo esonerava una platea più ampia, ma anche più dettagliata di persone con determinate condizioni. Oltre al componente disabile, ai minori o alle persone over 60, erano esonerate dall’esclusione anche persone che frequentavano un corso di formazione, le persone in gravidanza e chi pur lavorando non superava un reddito familiare di 8000 euro all’anno.

Chi sono gli occupabili e perché il testo non è veramente contro i “furbetti”

Il testo della legge di Bilancio 2023 prevede come “occupabili” tutti coloro tra i 18 e 64 anni di età, anche chi sta seguendo un corso di formazione, un tirocinio professionale o sta seguendo un percorso universitario. Rientrando nel concetto di “occupabili”, a partire dal 2023 avranno un massimo di 8 mensilità prima di perdere il sussidio economico. La decadenza del sussidio del Reddito di cittadinanza potrebbe comportare un rallentamento nel percorso di studi o l’incapacità di proseguire.

Al contrario, il nucleo familiare composto da genitori entrambi disoccupati e un figlio minore, anche in caso di mancata ricerca del lavoro da parte dei soggetti occupabili (per via della presenza di un minore) non perderà il sussidio per tutto il 2023. La disparità di trattamento è piuttosto evidente e la scrittura superficiale del testo anche, per questo c’è chi parla di gravi errori e di una narrazione sul concetto di occupabilità del tutto ideologica. Infatti nel secondo caso la lotta ai “furbetti” non sarebbe portata avanti, per via della presenza di un minore; mentre i soggetti più giovani impegnati nella formazione, non rientranti nel concetto di furbetto o di giovani sul divano declamato durante la campagna elettorale, perderebbe il sussidio e magari la possibile di proseguire gli studi e affermarsi.

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